I fidanzatini di Policoro: la farsa degli inediti

Mai come in questo caso la verità giudiziaria ha fatto a cazzotti con quella reale. Tra conferme, ritrattazioni e depistaggi l’inchiesta sarebbe da riaprire ma…

Policoro – Il caso dei due giovani studenti universitari ritrovati cadaveri il 23 marzo 1988 in una villetta isolata di via Puglia ritorna a fare cassa nei giornali e in tv dopo anni di silenzio. In molti, senza conoscere i fatti e, soprattutto, senza aver letto un atto giudiziario, sparano fesserie a tutto spiano vendendo per inedite notizie vecchie e presunte verità senza alcun riscontro concreto. Negli ultimi tre anni ci siamo occupati della morte di Luca Orioli e Marirosa Andreotta con un altro collega di Pop, ascoltando le testimonianze di numerose persone che bene conoscevano la tragica vicenda e i suoi risvolti.

C’è da dire che, in questa terribile storiaccia di provincia, non c’è nulla che non sia stato messo agli atti e vagliato, bene o male, dai diversi magistrati inquirenti che si sono succeduti negli anni. Da alcune settimane sono balzati alla ribalta delle cronache “nuovi” particolari che, da soli, dovrebbero fornire altrettanti spunti investigativi utili alla riapertura delle indagini sul duplice decesso. Mi riferisco alla lettera, senza data, che la povera Marirosa avrebbe scritto a Luca “prima della morte di entrambi” e di una trasmissione su Tele Norba, risalente al 5 Aprile 2023 (Pomeriggio Norba) durante la quale, si legge in atti, il professor Francesco Introna, all’epoca dei fatti CTU, “avrebbe smentito quanto concluso nella consulenza effettuata in seno al presente procedimento circa l’intossicazione da monossido di carbonio“.

La prima “prova” ovvero la richiamata missiva sarebbe stata scritta da Marirosa a Luca nel 1986 e successivamente sarebbe stata messa agli atti e già vagliata dal Pm Rosanna De Fraia in occasione della riapertura delle indagini, richiesta dai genitori della studentessa, in data 14 Luglio 2010. Cosi come evidenziato nel comunicato stampa diramato nell’Ottobre scorso dalla famiglia della vittima: “…alla stregua delle numerose e reiterate notizie apparse sulla stampa in quel periodo, che ricollegavano il fatto alla presunta partecipazione di Marirosa a festini a base di sesso e droga. La frase di Marirosa “spero che resterai accanto a me anche quando ti confesserò una piccola parte di me che voglio cancellare per sempre; vedi, potrei benissimo nasconderti tutto, ma ho piena fiducia in te e voglio che tu di me sappia tutto” e riportata integralmente anche nel provvedimento di archiviazione, era stata ben valutata da PM e GIP. I requirenti, all’epoca, non ritennero di trovare nello scritto particolari tali che giustificassero un movente per uccidere i due ragazzi. 

Luca Orioli

Uno stralcio della medesima lettera veniva trascritto in atti anche nell’ultima richiesta di riapertura delle indagini formulata alla Procura di Matera nello scorso 15 Novembre 2024: “I carabinieri, quindi, con a capo il Cap. Paternò, cominciarono a leggere queste informazioni in uno con la lettera che la povera Marirosa aveva inviato a Luca e che accennava a dei segreti che gli avrebbe svelato, e di tale gravità che si preoccupava che la conoscenza degli stessi avrebbe potuto allontanare il ragazzo, testualmente: Amore mio, spero che resterai accanto a me, anche quando ti confesserò una piccola parte di me che voglio cancellare per sempre“.

Ma c’è di più. L’allora capitano dei carabinieri Salvino Paternò, da noi intervistato nel corso di una diretta live risalente al Dicembre del 2022, raccontava di essere a conoscenza della “famosa” lettera poichè già agli atti della sua inchiesta sulla morte dei due giovani sin dal 1990. Un altro particolare è degno di nota e lo leggiamo nel comunicato stampa redatto dai genitori di Marirosa: “Ed a proposito di ricostruzioni menzognere: tutte le lettere di Marirosa sono state consegnate in copia alla nostra famiglia dal giornalista – omissis – che le aveva ovviamente avute dagli inquirenti o dalla famiglia Orioli – il luogo dove dovevano per forza essere conservate. Tutte le lettere avevano la busta (con timbro indicante la data – in quanto Marirosa non metteva la data sul foglio), tranne una. Guarda caso la prima lettera di Marirosa, scritta oltre due anni prima della morte; in tale lettera Luca non viene apostrofato “amore mio” e la stessa non è stata dunque consegnata a Luca poche ore prima della tragedia…“.

Dunque quelle due parole “Amore mio” c’erano o no nell’originale della lettera scritta da Marirosa a Luca? A parte questo il testo non necessariamente doveva nascondere chissà quale terribile mistero. Piuttosto si potrebbe pensare anche a qualche mancanza veniale di lei nei confronti di lui. Punto. In atti vecchi e nuovi si parla anche di un diario o, meglio, di un’agenda contenente appunti di Marirosa e che un amico di Luca avrebbe chiesto insistentemente alla famiglia Andreotta. Di seguito un altro stralcio del comunicato stampa inviato ai giornali dalla famiglia della vittima:

“…Preciso ancora che dopo la morte di mia figlia e di Luca lo stesso W. veniva spesso a casa mia per cercare di consolarci, essendo anche amico dell’altra mia figlia Francesca. Durante le sue visite a casa mia, W. mi chiedeva sempre di restituire delle foto di mia figlia e Luca per ottenere in cambio un’agenda di Marirosa che era in possesso della famiglia Orioli. Continuando con questo suo comportamento, W. cominciò ad innervosirmi in quanto aveva assunto un ruolo di intermediario che, ho scoperto successivamente, nessuno e quindi nemmeno la famiglia Orioli gli aveva dato. Ciò lo scoprii rivolgendomi a don M.C., amico dell’attuale provveditore XX , entrambi amici della famiglia Orioli, la quale mi mandò a dire tramite i predetti di non aver mai chiesto quelle fotografie. Avendo scoperto ciò cercavo sempre più di allontanare W. da casa mia…“.

Olimpia Fuina, mamma di Luca Orioli

Anche Olimpia Fuina, mamma del povero Luca, nella trasmissione “Storie di sera” in onda su Rai 1 il 3 Novembre scorso, mentre parlava il suo avvocato, accennava ad un diario ma poi nel corso della puntata non se n’è più parlato. Il particolare dell’agenda potrebbe essere estremamente importante purchè, ovviamente, contenga annotazioni degne di attenzione investigativa. Ma che fine ha fatto il taccuino?

Per quanto riguarda invece la seconda “prova” ovvero le presunte dichiarazioni rese dal professor Francesco Introna durante una trasmissione televisiva, che smentirebbero la prima perizia redatta dal professionista nel 1994 relativa alla morte dei due giovani per inalazione di monossido di carbonio, il magistrato inquirente della Procura di Matera, nel provvedimento di rigetto, datato 11 Gennaio 2024, della penultima istanza di riapertura del caso del 1 Dicembre 2023, bene mette in evidenza alcune parti dell’intervista trascritte dalla polizia giudiziaria:

Al minuto 0:42 il Conduttore rivolgendosi al Prof. Introna pone la domanda.: “…cito lei mi corregga….se ne è trovato molto poco (si intende di monossido di carbonio, ndr)…”.

Prof. Introna: “…esatto…”

Conduttore: “…e soprattutto pochissimo nella ragazza rispetto al ragazzo….”.

Al minuto 00:00:49 interviene un ulteriore ospite della trasmissione presente:

“…sono compatibili con una intossicazione che possa portare alla morte ?…”–“…e quindi la domanda spontanea è ….questi quantitativi cosi bassi…“.

Prof. Introna: “…la risposta è nessuno lo sa...nel senso nessuno aveva mai fatto prima della nostra indagine il dosaggio… della… o meglio…era stato fatto il dosaggio del monossido di carbonio…(si sente voce femminile di sottofondo pronunciare:… sul sangue)….dall’esame muscolare fresco, ma non è mai stata fatta una casistica tale da poter sapere una soglia... di monossido di carbonio letale….di una intossicazione letale su un cadavere fresco, noi l’abbiamo fatta su un cadavere riesumato a ventidue anni dalla morte se non vado errato… ed che era già stato sottoposto ad una prima esumazione…quindi noi… abbiamo pensato in quel momento che l’unica possibilità… suggerita dal Prof. Strada, Medico Legale nell’Istituto di Medicina Legale, che non fece l’autopsia ma suggerì che c’era la possibilità di una intossicazione da monossido di carbonio… per la quale fu fatta la prima riesumazione ma il Prof. Umani Ronchi che fece una riesumazione corretta cercò il monossido di carbonio legato ancora al sangueil sangue putrefatto lo aveva perso il monossido di carbonio… noi abbiamo cercato…abbiamo…siamo arrivati in terza battuta e quindi abbiamo detto…. sangue non nе troveremo più..e non lo abbiamo più trovato…I’unica possibilità è cercare di vedere se per caso c’è ancora la molecola del monossido di carbonio libera nelle strutture muscolari profonde a cui poteva essere legata per la presenza delle globine muscolari...”.

Minuto 00:02:25 interviene il Conduttore della trasmissione televisiva: “Professor Introna da…quello che ci dice…io credo…mi sembra di capire che il monossido di carbonio non sia…non possiamo essere sicuri che sia la causa di morte per Luca e sicuramente non è stata la causa di morte per Marirosa?..”.

Olimpia Fuina durante la conferenza stampa presso il Comune di Assago

Prof. Introna: “…è ovvio che dobbiamo andare ad esclusioni dopo ventidue anni una riesumazione dove non troviamo più gli organi interni non abbiamo più i vestiti non abbiamo piů nulla … si va per esclusione…allora se sulle due…corpi privi di organi …io non trovo nessuna lesione esternа traumatica…nessuno muore per traumatismi senza avere una lesione...trovo un fungo schiumoso…un quadro fotografico che è compatibile con un annegamento terminale e trovo anche un monossido di carbonio ridotto nell’ambito della ragazza… allora devo uni….mettere insieme i tasselli cercando di ricostruire un mosaico che possa essere quanto meno comprensibile…“.

Il Pm evidenzia anche che “ritenuto che già nella consulenza redatta a seguito della riesumazione dei corpi il 17.12.2010, il prof. Introna e la dottoressa Corrado avevano dato atto della difficoltà di fare delle valutazioni certe, atteso il decorso del tempo dalla morte e il quadro fattuale in cui intervenivano, ma in ogni caso ritenevano più attendibile la morte derivante dalla inalazione di CO…“.

In buona sostanza non sembra che il prof. Introna abbia fatto marcia indietro rispetto a quanto da egli stesso redatto nelle due perizie dunque la presunta “ritrattazione” non ci sarebbe stata. Qualcuno ha avanzato l’ipotesi che parte della registrazione della trasmissione tv sia andata perduta, ovvero quella in cui il perito avrebbe smentito sè stesso. La mamma di Luca, per altro, avrebbe richiesto, per le vie brevi e per iscritto, una copia della puntata ad un giornalista dell’emittente poichè quella in suo possesso non sarebbe altro che un link privo di una parte dell’intervista, sempre che esista, in cui il medico legale sconfesserebbe la sua relazione. Il Pm, nel suo provvedimento di archiviazione, non fa alcun accenno a questa eventuale possibilità dunque la copia fornita al magistrato dal penultimo avvocato di fiducia di Olimpia Fuina non può essere altro che identica all’originale.

Luca Orioli, studente universitario a Milano

Di contro però il professor Francesco Introna verrà smentito dai consulenti della famiglia Orioli, nelle persone del “…professor Cosimo Lorè, docente universitario e il dottor Domenico Mastrangelo, medico chirurgo, i quali, grazie all’ausilio di nuovi accertamenti, dimostravano che quanto dichiarato dal professor Introna non poteva in alcun modo essere pertinente con gli esami eseguiti sui tessuti e, per esempio, con gli accertamenti compiuti dal professor Umani Ronchi (perizia del 1994, ndr) che, scientificamente, aveva provato la morte violenta dei due giovani per l’agire di terzi…“.

Per il resto il caso giudiziario presenta diversi aspetti controversi e non tutti i magistrati che se ne sono occupati sposarono la causa della morte ipotizzata da Introna ed altri. Basti pensare al giudice istruttore Michele Salvatore che rigettava una richiesta di archiviazione formulata dal Pm, rimettendo gli atti in data 23 Gennaio 1989 per la prosecuzione dell’inchiesta non convinto della morte per folgorazione, come data per certa dagli inquirenti nell’immediatezza dei fatti:”…considerato che appare quantomeno strano che un elettrodomestico progettato e concepito proprio per fornire prestazioni in ambiente pregno di umidità possa originare fenomeni di tal fatta e rilevato che sull’arnese in sequestro non risultano visibili segni dell’improvvisa folgorazione, ritenuta la necessità di più approfonditi accertamenti…respinge la richiesta di archiviazione e dispone procedersi oltre…”.

Le indagini sulla morte di Luca e Marirosa, al contrario di chi afferma che “non furono fatte”, erano state invece espletate ma in maniera caotica e superficiale e con numerosi punti oscuri. Specie subito dopo il rinvenimento dei due cadaveri, occasione in cui la “scena del crimine” e i comportamenti dei numerosi presenti (istituzioni, parenti e amici delle vittime) avevano inficiato le prime fasi dell’inchiesta. Ad avallare questa affermazione il provvedimento del Gip di Matera in data 12 Gennaio 1998:

…Omissis…La comprensione per la tragedia che ha colpito le famiglie dei ragazzi non può esentare questo Ufficio dal rilevare che proprio i familiari dei ragazzi hanno concorso, con altre e più gravi inadempienze istituzionali, a causare le ombre che avvolgono i fatti con una serie di comportamenti e cioè: 1) non avvisando tempestivamente l’autorità di Poliziai C.C. furono avvisati dal parroco a distanza di oltre mezzora, e giunsero presso l’abitazione degli Andreotta quando ormai la casa era piena di parenti e amici – 2) consentendo così a chiunque di entrare sul luogo del fatto e modificarne lo stato; 3) non insistendo affinchè venisse svolta l’autopsia nell’immediatezza del fatto; 4) tacendo i fatti a loro conoscenza per alcuni anni...“.

Ma è andata propri cosi? Si, secondo gli atti che poi portarono a stabilire che i due giovani erano deceduti per morte accidentale ma alcuni accadimenti successivi, almeno in parte, raccontano una diversa versione dei fatti. Il rinvenimento delle due salme veniva denunciato ai carabinieri di Policoro che sarebbero giunti in via Puglia (ordine di servizio n. 95, acquisito agli atti nel 1995, ndr) dopo la segnalazione della centrale operativa dell’Arma:

“…Alle ore 01,00 circa la centrale operativa ci riferiva di portarci nell’abitato di Policoro, precisamente in via Puglia n. 75, presso la famiglia Andreotta Enzo, ove nella propria abitazione vi erano due cadaveri. Giunti nell’abitato di Policoro transitavamo davanti la Caserma per chiedere maggiori chiarimenti in merito, subito dopo unitamente al M.llo… Omissis… cі siamo portati presso la suindicata famiglia, ove effettivamente notavamo nel bagno dell’abitazione i corpi di due giovani cadaveri uno di sesso maschile e l’altro di sesso femminile. A dire della signora Andreotta la ragazza era la propria figlia e il ragazzo era il proprio fidanzato, identificati a nome …Omissis – entrambi studenti. Dalle ore 01.30 alle ore 04.30 impegnati servizio di piantonamento nell’abitazione sita in via Puglia n. 75. Dalle ore 04.30 fino alle ore 07.00 piantonamento dei cadaveri presso l’obitorio comunale. Detto servizio di piantonamento veniva ordinato dal Comandante della locale Stazione СС.“.

Secondo un’altra versione, pure documentata in atti, a seguito delle dichiarazioni di uno dei due fotografi che ripresero in maniera “diversa” la scena del crimine, i carabinieri sarebbero invece arrivati alle ore 11.00 e cioè addirittura prima di una conoscente della famiglia Andreotta che scoprì i corpi senza vita dei due poveri ragazzi. Scrive il Pm nel recente rigetto:”…Ma non essendoci agli atti documentazione attestante un intervento dei carabinieri di Policoro in orario antecedente rispetto alla scoperta ufficiale dei corpi senza vita dei due ragazzi deve concludersi nel senso che l’intervento dei carabinieri in via Puglia 75 risalga alle ore 1.00 del 24 Marzo 1988...“.

Ed a proposito di fotografi è doverosa una riflessione: che cosa è accaduto davvero con le immagini della scena del crimine? Perchè due fotografi? C’è stato o no uno scambio oppure una “sostituzione” delle foto ufficiali che vennero scattate nel bagno di casa Andreotta? Errore o depistaggio?

In quella terribile quanto interminabile nottata diversi particolari del bagno, dove giacevano le vittime, vennero documentati in atti dal punto di vista fotografico ma con due ricostruzioni diverse. Infatti le foto allegate al fascicolo di indagini sarebbero state disconosciute da uno dei due fotografi intervenuti sul luogo a seguito dei carabinieri. In buona sostanza ci si sarebbe trovati davanti a due serie di immagini che riprendevano la scena del crimine da angolazioni diverse e con una differente posizione delle salme e di altri oggetti. Qualcuno aveva spostato i cadaveri? Perchè? In questa direzione varrebbe la pena ri-approfondire i fatti atteso che solo i fotografi Cerabona e Orlando, fra conferme e smentite, sanno esattamente come sono andate le cose.

Poi ci sono le perizie, davvero numerose, parte delle quali ammettono l’incidente mentre altre smentiscono. Una per tutte quella dell’ingegner Sante Valecce, nominato perito dall’autorità giudiziaria a seguito delle istanze della famiglia Orioli che non aveva mai creduto all’ipotesi del guasto del caldo-bagno De Longhi (azienda leader del settore che si era difesa con successo dimostrando l’ottimo funzionamento del proprio prodotto, ndr). Il consulente, infatti, accertava che “il caldo bagno funzionava correttamente e che non avrebbe potuto provocare alcuna elettrocuzione… La manopola oraria del caldo bagno ne segnava l’accensione alle ore 23.30, quando i ragazzi erano già morti e dunque in nessun modo il caldo bagno avrebbe potuto essere la causa del decesso“.

Valecce però giungeva ad una conclusione che avrebbe fatto scalpore:”…La causa della morte dei due giovani sarebbe stata riconducibile ad un interruttore disattivato, che avrebbe determinato una scossa elettrica…“. Tale affermazione veniva contestata con forza dalla famiglia Orioli e nel 1996 il perito veniva indagato per falso in perizia ma il procedimento penale si era poi estinto per prescrizione essendo trascorsi ben 8 anni dalla tragedia e 7 dal deposito della documentazione peritale.

Il comandante dei carabinieri Salvino Paternò

L’accertamento dell’ingegner Valecce però sarebbe servito comunque. L’allora capitano Salvino Paternò, infatti, a seguito delle sue indagini e proprio per quella perizia considerata “farlocca” riuscì ad ottenere la prima riapertura dell’inchiesta, cosi come si legge in atti:

Paternò si accorgeva anche dell’anomalia nella sequenza di alcune foto scattate alla presa elettrica che privilegiava la tesi della folgorazione e richiedeva, pertanto, i negativi delle foto allegate al fascicolo e fu proprio in quell’occasione che l’ufficiale dell’Arma notava che i negativi consegnati presentavano un bordino non presente sulle altre foto...L’ufficiale si rendeva conto che le foto allegate al fascicolo di indagine non corrispondevano con quelle effettivamente scattate da Cerabona sui luoghi del duplice decesso…“.

Dopo alcuni mesi però il capitano Paternò veniva promosso e trasferito altrove e il caso, dopo qualche tempo, sarebbe tornato in archivio. Prima di andare via però il comandante dei carabinieri aveva individuato un’altra pista che portava alla mafia locale in occasione di un interrogatorio di un collaboratore di giustizia il quale riferiva che “nel periodo di detenzione aveva affidato la compagna al clan per proteggerla e che solo una volta scontata la propria condanna e rimesso in libertà, aveva scoperto che la donna era stata ripetutamente abusata proprio dagli uomini del sodalizio, che l’avevano costretta, in cambio di cocaina, a partecipare a orge e coca-party. Festini questi organizzati, dichiarò il collaborante, all’interno di un villaggio turistico proprio a Policoro, ai quali avrebbero preso parte, a suo dire, professionisti, avvocati, magistrati e imprenditori. Infine, chiarirà il collaboratore che gli uomini del clan non partecipavano direttamente alle feste, ma organizzavano le stesse e le videoregistravano“.

I carabinieri, fra gli altri particolari importanti, avrebbero messo in relazione questi fatti con la citata lettera di Marirosa deducendone che forse la ragazza sapeva qualcosa di quelle riunioni ma questa ipotesi non aveva portato a nulla. Di contro il villaggio dove si sarebbero svolti i festini era stato individuato dai militari e alcuni testimoni confermavano il via vai di auto, con a bordo uomini e giovani donne, in determinati giorni della settimana. Con l’uscita di scena del capitano Paternò il caso tornava nel dimenticatoio, per poi rimanerci.

Luigi De Magistris – Da Facebook

Per quanto riguarda le recenti dichiarazioni dell’ex Pm del tribunale di Catanzaro, Luigi De Magistris, rese alla stampa e pubblicate in un post su web in cui l’ex magistrato parla di duplice omicidio di Policoro, varrebbe la pena approfondire nel dettaglio. Ovviamente questo sarebbe possibile solo nel caso della riapertura delle indagini al momento negata sia dalla Procura di Matera, sia da quella generale di Potenza. Del resto quanto è emerso dall’inchiesta condotta da De Magistris e denominata “Toghe Lucane” apportava comunque indizi utili alla vicenda della morte dei due giovani universitari, come si legge in uno stralcio dell’avviso di conclusione indagini preliminari siglato dal medesimo magistrato inquirente in data 8 Agosto 2008:

“…Con riguardo all’attività di intimidazione messa in atto nei confronti di Don Marcello Cozzi impegnato concretamente a contribuire non solo ad un generico ed importante percorso di legalità, ma anche ad offrire un doveroso ausilio all’autorità giudiziaria ed alle forze dell’ordine con riferimento a fatti inquietanti che hanno visto anche il coinvolgimento di settori deviati delle Istituzioni quali la vicenda della scomparsa di Elisa Claps, nonché del duplice omicidio dei cosiddetti fidanzatini di Policoro, Marirosa Andreotta e Luca Orioli…“.

L’ex Pm ha dichiarato recentemente che già nella fase delle indagini preliminari la ricostruzione della tragedia dei “fidanzatini” che sarebbe apparsa più vicina alla realtà era quella del duplice omicidio, oltre “alle condotte di magistrati che avevano portato ad ostacolare l’accertamento della verità sin dalle fasi iniziali…In quella circostanza un lavoro egregio fu svolto dalla polizia giudiziaria e dalla Guardia di Finanza, con le quali stavo conducendo indagini delicate su condotte molto gravi commesse da magistrati in servizio a Potenza e Matera Abbiamo potuto dimostrare infatti pervasività della criminalità istituzionale. Un sistema formato da persone che occupavano ruoli di primo piano nella politica, nelle istituzioni, nel mondo dell’economia e della pubblica amministrazione non per perseguire il bene comune, bensì interessi privati, affaristici e, non di rado, criminali...“.

Elisa Claps

L’indagine sulle “Toghe lucane” però rimase incompleta mentre De Magistris, che forse aveva scoperto verità inquietanti, veniva “traferito per incompatibilità ambientale e funzionale“. Se l’inchiesta, però, venisse “riesumata”, l’ex sindaco di Napoli potrebbe essere escusso come persona informata sui fatti e riferire accadimenti di sua conoscenza che potrebbero essere anche determinanti, considerate le due esternazioni.

Una valutazione ancora più attenta e approfondita di quanto non sia stata agli inizi dell’inchiesta andrebbe fatta su tutti i protagonisti della vicenda ancora viventi. A distanza appunto di 37 anni gli equilibri cambiano, gli amici di ieri potrebbero essere i nemici di oggi e cosi via. Questo vale soprattutto per le persone indagate all’epoca dei fatti e poi prosciolte.

Dunque punto e a capo. Tornando alle diverse perizie (come quella redatta dal compianto professor Francesco Bruno e che chiaramente adduceva ad atti violenti di terzi il decesso dei due giovani, ndr) si dovrebbe, invece, tornare a fare chiarezza valutando con estrema attenzione le conclusioni di ciascuna relazione con le successive autopsie operate a seguito delle due riesumazioni dei cadaveri. In quanto alla richiesta dei tabulati telefonici di più utenze, dopo tanti anni, a detta degli inquirenti, “risulterebbe intempestiva” – dunque inutile – “poichè i dati relativi al traffico telefonico possono essere conservati dal fornitore per 24 mesi dalla data della comunicazione“.

Il compianto criminologo Francesco Bruno

Per il resto, come si è accennato più volte, dubbi e perplessità non mancano. Soprattutto per quanto attiene i frammenti di metallo che sarebbero stati ritrovati sulle due salme (coscia del ragazzo e nuca della ragazza) durante un esame radiologico effettuato una quindicina di anni fa. Nel caso di nuove analisi di laboratorio, anche con strumenti all’avanguardia, c’è da considerare il tempo trascorso, le due riesumazioni e la conservazione ad oggi dei due corpi.

Questo però non significa che con le nuove metodologie investigative, medico-legali e di indagine strumentale in uno con l’alta tecnologia messa a disposizione dalla Scienza forense, non si possa giungere a conclusioni diverse su quel triste destino che ha legato per sempre Luca e Marirosa. Sapevano qualcosa di compromettente e per questo sono stati eliminati? Oppure?..