Mentre il mondo affronta inflazione, crisi sociali e disuguaglianze crescenti, l’Europa punta sulla difesa per rilanciare la propria economia. Ma davvero costruire armi è la via per il benessere?
Non ci si meraviglia più di tanto visto il corso della storia fatto di guerre, soprusi, domini, armi sempre più sofisticate. Ed ogni volta, dopo le macerie, morti e distruzioni, i vincitori passano all’incasso sulla pelle dei poveri cristi. La narrazione corrente esalta la scelta dell’Unione Europea di praticare il riarmo. Una sorta di ritorno ai… bei tempi della “guerra fredda”, quando la deterrenza bellica era utilizzata come strumento geopolitico, a cui venivano associati piani di nuovi sviluppi economici.
D’altronde un antico motto contadino recita, più o meno, “dopo le calamità c’è chi muore e chi si arricchisce”. Ovvero, mentre alcuni vengono diseredati, altri se ne avvantaggiano con millanterie e illeciti. La visione del riarmo come reindustrializzazione è ben rappresentata da “Affariesteri.it”, una piattaforma online e un servizio di consulenza che si occupa di supportare le imprese, in particolare le piccole e medie, nell’internazionalizzazione e nello sviluppo di business internazionale. Secondo le sue “teste d’uovo” più che riarmarsi, sarebbe opportuno chiedersi se valga la pena difendersi.

Ma il problema cruciale è la reindustrializzazione, in quanto il vecchio continente non produce più nulla, tant’è che si sta avviando nelle poderose fauci del “Paese del Dragone”, la Cina, protagonista del settore manifatturiero. A questo processo va segnalata la politica dei dazi degli USA, con cui Trump sta tentando di isolarla. Per l’Italia gli esperti di Affari.it le prospettive sembrano interessanti per una serie di motivi, tra cui: le buone relazioni Meloni-Trump, la Germania che ha perso la potenza di qualche decennio fa, la Francia che arranca. Il Belpaese potrebbe approfittare del contesto internazionale per proporsi come la nuova locomotiva d’Europa. Senza voler mettere in dubbio le analisi di tante argute menti, vista la situazione generale precaria (inflazione, stipendi bassi, sanità e scuola allo sfacelo) che vivono i comuni cittadini, la maggioranza della popolazione, più che locomotiva potremmo trasformarci in “carretta” d’Europa!

Inoltre, prevedono la riduzione del costo del lavoro e la sburocratizzazione del sistema industriale. Beh, per quanto riguarda il primo punto verrebbe da ridere, se non si trattasse di un problema serio, visti i già bassi salari e stipendi. Per il secondo punto si è tutti d’accordo, perché anche il cittadino comune è vittima della burocrazia italiana, non solo le imprese. Inoltre, il “parterre de roi” ha proposto la riduzione dei costi energetici e il reclutamento della forza lavoro, per cui esiste un dislivello tra domanda e offerta e molte aziende si trovano nella condizione di non riuscire a trovare i profili professionali idonei. Il piano è palese: le nostre due grandi industrie della difesa sono Leonardo e Fincantieri.
La prima è una società italiana a controllo pubblico attiva nei settori della difesa, dell’aerospazio e della sicurezza. Il suo maggiore azionista è il Ministero dell’economia e delle finanze italiano, che possiede circa il 30% delle azioni. La seconda opera nella cantieristica navale ed è controllata da Cassa Depositi e Prestiti, facente parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze. Sono le due aziende pubbliche su cui si riverseranno le risorse finanziarie dei fondi europei, una volta attuato il piano di riarmo, a cui è legato tutto l’indotto composto da medie e piccole imprese. Vale a dire, per produrre benessere bisogna partire dalle… armi. Una prospettiva che rimpinguerà le tasche di pochi mercanti di morte a danno dei tanti, siano essi i dipendenti che la popolazione intera!