Femminicidio a Udine, polemiche sul braccialetto elettronico “con permesso”

Nelle due ore concesse per “esigenze personali”, Mohamed Naceur Saadi si è spostato da Monfalcone a Udine e ha ucciso l’ex moglie Samia Bent Rejab Kedim.

Udine – Il 17 aprile 2025, Samia Bent Rejab Kedim, 46enne tunisina residente a Udine, è stata brutalmente uccisa nella sua abitazione in via Joppi dall’ex marito, Mohamed Naceur Saadi, 59 anni. L’uomo, già condannato per maltrattamenti e violenza sessuale aggravata nei confronti della donna, era agli arresti domiciliari a Monfalcone con l’obbligo di indossare un braccialetto elettronico. Tuttavia, un permesso di due ore concesso per esigenze personali ha permesso a Saadi di raggiungere Udine, accoltellare Samia e, successivamente, morire in un incidente stradale, probabilmente un suicidio. Il caso, il 21esimo femminicidio in Italia nel 2025, ha sollevato polemiche sull’efficacia del braccialetto elettronico e sulla gestione delle misure cautelari.

Samia Bent Rejab Kedim, madre di tre figli, viveva in un appartamento Ater al secondo piano di via Joppi, a Udine, con il figlio minorenne di 15 anni. Il 17 aprile, tra le 11 e le 11.30, Saadi, sfruttando un permesso di due ore concesso dagli arresti domiciliari (dalle 9 alle 11), ha preso un treno da Monfalcone a Udine. Entrato nell’appartamento con le chiavi fornite dal figlio adolescente – su indicazione della madre per discutere questioni legate alla separazione – ha aggredito Samia con un’arma da taglio, colpendola ripetutamente a volto, capo e braccia. I segni sulle braccia della donna indicano un disperato tentativo di difesa.

Il figlio, rientrando a casa, ha visto il padre fuggire con i vestiti insanguinati e ha chiamato il 112, dando l’allarme. Quando polizia e soccorritori sono arrivati Samia era già morta. Saadi, dopo aver rubato l’auto dell’ex moglie, è fuggito verso Basiliano, dove si è schiantato contro un camion cisterna sulla statale 13. L’assenza di segni di frenata e la dinamica dell’incidente – un improvviso scarto verso sinistra – rafforzano l’ipotesi di un suicidio, come ipotizzato dagli inquirenti.

Saadi era sottoposto a un braccialetto elettronico per monitorare la sua permanenza agli arresti domiciliari, ma il dispositivo, come spiegato dal procuratore Massimo Lia, non tracciava gli spostamenti durante i permessi autorizzati. L’allarme è scattato solo alle 11.04, quando Saadi non è rientrato a Monfalcone, ma a quel punto il femminicidio era già stato compiuto. A differenza dei braccialetti con doppio segnalatore usati nei casi di stalking, che monitorano in tempo reale la distanza tra autore e vittima, questo modello si limitava a verificare la presenza in casa, risultando inefficace durante le due ore di permesso.

La condanna di Saadi, emessa con rito abbreviato dal GUP di Udine, rifletteva la gravità dei reati commessi. Tuttavia, la decisione di concedere i domiciliari e i permessi di uscita, approvata dal tribunale con parere favorevole della Procura, è ora al centro di critiche. Lia ha difeso l’operato delle autorità, sottolineando “la massima attenzione e severità” nella valutazione della pericolosità di Saadi, ma ha ammesso: “Col senno di poi, è facile dire che era meglio non concedere il permesso.”

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa