Francesca Michelon è figlia di Stefano D’Orazio, l’eredità del musicista va divisa

La donna è stata riconosciuta ufficialmente come figlia biologica dell’ex batterista dei Pooh, deceduto nel 2020 per complicanze da Covid.

Roma – Dopo anni di battaglie legali, il Tribunale di Roma ha messo la parola fine a una vicenda giudiziaria controversa legata a Stefano D’Orazio, storico batterista dei Pooh, scomparso nel 2020 per complicanze da Covid-19. Come scrive il Corriere della Sera, Francesca Michelon, 40 anni, è stata riconosciuta ufficialmente come sua figlia biologica, grazie a una perizia sul DNA disposta dalla prima sezione civile del Tribunale capitolino. La sentenza di primo grado, emessa ieri 9 aprile e immediatamente esecutiva, non solo certifica la paternità, ma annulla il testamento del 2016, spalancando le porte a una divisione dell’eredità tra Francesca e la vedova Tiziana Giardoni.

I giudici Massimo Ienzi, Anna Albano e Laura Caprara non hanno avuto dubbi. Durante il processo, una perizia medico-legale su reperti biologici conservati negli ospedali dove D’Orazio era stato ricoverato ha fornito risultati “inequivocabili”: Francesca è sua figlia. Nata da una relazione extraconiugale tra il musicista e Oriana Bolletta – all’epoca sposata con Diego Michelon, che l’aveva riconosciuta – la donna non era mai stata riconosciuta in vita dal padre biologico. Ora, potrà aggiungere il cognome D’Orazio al proprio, sigillando un legame a lungo negato.

La sentenza travolge anche il testamento pubblico redatto da D’Orazio nel 2016, che destinava l’intero patrimonio alla moglie Tiziana Giardoni, sposata nel 2017. I giudici hanno stabilito che l’eredità – inclusi i futuri diritti d’autore – vada divisa al 50% tra Francesca e la vedova. Inoltre, Giardoni è stata condannata a risarcire Francesca con 60mila euro per “danni esistenziali” causati dalla condotta di D’Orazio, che in vita aveva scelto di non riconoscere la figlia, lasciandola in una condizione di incertezza e sofferenza.

Il processo ha portato alla luce rivelazioni decisive. Lena Biolcati, ex compagna di D’Orazio, ha testimoniato: “Stefano mi disse che Diego Michelon gli aveva confidato di sapere che Francesca non era sua figlia biologica, ma di Stefano.” Una consapevolezza che, secondo Biolcati, circolava da anni. Red Canzian, altro ex Pooh, ha rincarato: “Nel 1998, ai concerti, vedevo Diego far visita a Stefano per chiedergli aiuti economici per il mantenimento di Francesca. Si sapeva che era nata dalla relazione con Oriana Bolletta. Stefano me lo confermò, alterato, dicendo che era stato fatto scientemente.”

Canzian ha aggiunto che il dubbio emerse subito dopo la nascita di Francesca, nel 1984, e che Oriana lo ammise alla sua ex moglie. Le parole dei testimoni dipingono un quadro di una verità taciuta, ma nota nell’entourage di D’Orazio, che però il musicista non volle mai affrontare ufficialmente.

Con la sentenza esecutiva, i legali di Francesca – Francesca Ursoleo, Francesco Stefanelli e Luca Pozzolini – hanno avviato le pratiche per quantificare l’eredità. Si parla di un patrimonio significativo: D’Orazio, autore di successi come Pensiero e Tanta voglia di lei, ha lasciato beni immobili, conti e diritti d’autore che, secondo stime preliminari, potrebbero valere milioni di euro. La divisione al 50% con Tiziana Giardoni, che non ha commentato la sentenza, sarà definita nei prossimi mesi, ma i diritti d’autore futuri – legati al catalogo dei Pooh – rappresentano una posta rilevante per la figlia.

Francesca, attualmente in vacanza all’estero, ha appreso la notizia per telefono. “È una vittoria che aspettavo da anni,” avrebbe detto ai suoi avvocati, secondo fonti vicine. La madre Oriana Bolletta, che ha cresciuto Francesca con Diego Michelon (morto nel 2010), non ha rilasciato dichiarazioni. La vicenda di Francesca Michelon è stata un’odissea giudiziaria durata decenni, tra cause civili e ricorsi. Nata nel 1984, cresciuta come figlia di Michelon, ha sempre saputo della possibile paternità di D’Orazio, ma solo dopo la sua morte ha potuto far valere i suoi diritti, grazie ai progressi delle analisi genetiche e a una tenacia che l’ha portata fino al Tribunale di Roma.

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