Oltre 1200 carabinieri in campo per una maxi operazione coordinata dalla Dda: in manette boss e colonnelli dei diversi mandamenti. Summit dei capi in chat criptate e la “lezione di mafia” alle reclute.
Palermo – Una delle più imponenti operazioni antimafia degli ultimi anni ha scosso la Sicilia. Nella notte, i Carabinieri del Comando Provinciale di Palermo hanno eseguito un’ondata di arresti nei confronti di 163 persone, ritenute a vario titolo responsabili di gravi reati legati a Cosa Nostra. L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia, ha coinvolto anche 33 detenuti già in carcere per altre cause.
L’inchiesta, condotta tra il 2023 e il 2025, ha interessato diversi mandamenti mafiosi, tra cui quelli di Porta Nuova, Pagliarelli, Tommaso Natale-San Lorenzo e Bagheria. In parallelo, un’altra ordinanza ha colpito duramente il mandamento di Santa Maria del Gesù, portando all’arresto di 20 tra capi e gregari.
Le indagini hanno rivelato un’organizzazione criminale che, pur rimanendo fedele alle proprie radici e tradizioni, ha saputo evolversi sfruttando strumenti tecnologici avanzati per sfuggire ai controlli investigativi. Gli affiliati utilizzavano smartphone criptati per comunicazioni riservate, riducendo al minimo gli incontri fisici e limitando i rischi di intercettazione. È stato infatti documentato il sistematico utilizzo di smartphone criptati che consentono comunicazioni – anche di gruppo – sicure, limitando all’essenziale la necessità degli incontri e delle riunioni tradizionali.
I capi tendono a risolvere pacificamente le controversie che sorgono cercando di mantenere un profilo costantemente basso nel tentativo di non attirare le attenzioni delle Forze di Polizia. Servendosi di apparati tecnologicamente avanzati quali i telefoni criptati, hanno creato delle community ristrette nelle quali i personaggi più influenti possono discutere degli affari criminali senza i rischi che comportano gli incontri “in presenza”. Questo sistema di comunicazione ha reso possibile il dialogo, costante e riservato, non solo con i trafficanti di droga ma anche tra i vari mandamenti. Un latitante di Porta Nuova è riuscito a gestire le attività del suo mandamento per due anni senza mai esporsi direttamente, grazie all’uso di queste tecnologie. Anche all’interno delle carceri, la rete mafiosa continuava a operare indisturbata grazie all’introduzione di micro-telefoni e SIM card, che consentivano ai detenuti di mantenere contatti diretti con l’esterno e coordinare le attività illecite.
L’operazione ha visto impegnati ben 1.200 Carabinieri provenienti da tutta la Sicilia, supportati dalle unità speciali del ROS, dai baschi rossi dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Sicilia e dalle squadre operative di supporto del 12° Reggimento “Sicilia”. Il blitz è stato condotto con il supporto aereo di un elicottero del 9° Nucleo di Palermo e delle unità cinofile antidroga ed esplosivo.
Le investigazioni hanno confermato che il traffico di stupefacenti resta una delle principali fonti di guadagno per Cosa Nostra. I mandamenti palermitani, in collaborazione con esponenti della ‘ndrangheta calabrese e delle cosche agrigentine e catanesi, gestivano un vero e proprio cartello del narcotraffico. Nel corso delle indagini sono stati sequestrati 43 kg di cocaina, 8,5 kg di hashish e 335 grammi di crack.
Parallelamente, il gioco d’azzardo digitale è emerso come un’altra attività altamente redditizia. Le mafie imponevano ai gestori di sale scommesse l’utilizzo di piattaforme clandestine controllate dall’organizzazione, garantendo così enormi profitti destinati al mantenimento dei detenuti e al finanziamento delle attività criminali. L’estorsione rimane una pratica diffusa, con richieste di “pizzo” ai commercianti e imposizione di fornitori legati alla mafia. In un caso, un affiliato della famiglia mafiosa di Corso Calatafimi è stato intercettato mentre minacciava un imprenditore restio a pagare la tangente.
L’associazione gode anche di una fitta rete di informatori. Il 7 novembre 2023 è stato arrestato un commesso giudiziario della Procura di Palermo, per il delitto di favoreggiamento poiché, essendo addetto al materiale traporto dei fascicoli, era solito consultare, fotografare e poi diffondere il contenuto dei procedimenti coperti dal segreto, compresi i decreti di intercettazione ancora attivi. Dalle indagini è emerso che il commesso non era l’unica fonte informativa: lo stesso giorno del suo arresto, un indagato della compagine bagherese sarebbe stato informato che un esponente di Corso dei Mille aveva appreso di tre imminenti operazioni di polizia previste per “fine anno”. A seguito di tale notizia, gli affiliati si adoperavano per fare “sparire” alcune cose, mentre taluni sodali di Brancaccio (quelli più pesanti) si “buttavano latitanti”.
L’esistenza di altre fonti di informazione è emersa inoltre nel contesto della famiglia di Partanna Mondello, con riguardo a un avvocato il quale avrebbe “messo in guardia” un esponente dell’organizzazione mafiosa avvisandolo di essere indagato e di avere una microspia in macchina.
Nonostante i duri colpi inflitti negli anni alla struttura mafiosa, Cosa Nostra continua ad attrarre giovani leve, formandole attraverso un vero e proprio apprendistato criminale. Nel mandamento di Pagliarelli, un giovane è stato istruito tramite vere e proprie “lezioni di mafia”, con indicazioni precise su come gestire le estorsioni e rapportarsi ai vertici dell’organizzazione.
L’operazione di oggi dimostra che, nonostante decenni di arresti e sequestri, la mafia continua a essere radicata nel territorio e a esercitare un’influenza pervasiva sull’economia locale. Tuttavia, il maxi blitz rappresenta un duro colpo per Cosa Nostra, privandola di una rete organizzativa consolidata e costringendola nuovamente a riorganizzarsi sotto la costante pressione delle forze dell’ordine. Il segnale lanciato dalla magistratura e dai Carabinieri è chiaro: la lotta alla mafia non si ferma.