Burocrazia e assurdità: storia di ordinaria follia di un cittadino alle prese con il Pubblico

Un operatore sanitario del Bolognese è rimasto vittima di un errore burocratico surreale. Tra privacy fraintesa e lungaggini inutili, la vicenda rivela il caos della Pubblica Amministrazione.

Avere rapporti con la Pubblica Amministrazione provoca l’orticaria a qualsiasi comune cittadino. Quasi quotidianamente, ahinoi, la cronaca ci racconta casi di malasanità, malagiustizia e inefficienze varie della burocrazia che si riversano sulle spalle dei poveri e ignari cittadini. Questa è la storia di uno di noi nato per caso e per necessità, ma soprattutto per sfiga, in questo malandato e disastrato Paese. Questa storia è sicuramente solita e banale, ma qualche riga su un giornale la merita perché sintomatica di un certo background culturale.

Il protagonista dell’avvenimento è un operatore sanitario di un ospedale di Bologna. E’ quasi prossimo alla pensione che sarà sicuramente misera, dato che ha sempre svolti lavori di basso profilo. Ad una certa età è quasi normale avere problemi di salute e per uno di questi manifestatosi qualche giorno prima di Natale, si era preoccupato come qualunque comune mortale, soprattutto visto il suo caso clinico precario. Aveva avuto, qualche anno prima, seri problemi apparentemente risolti. Ed invece, come si dice in gergo, “il diavolo ci ha messo la coda” ed è scattato l’allarme.

Il medico di base gli ha prescritto una serie di esami, tra cui un’ecografia, che è riuscito a prenotare all’ospedale di Vergato, nell’Appenino bolognese, distante una cinquantina di chilometri dal capoluogo. La procedura dell’esame è scivolata via, liscia come l’olio, senza alcun intoppo. Ma ancora una volta, come recita un antico motto romagnolo “la coda è la più lunga da scorticare”, a significare che l’ultima parte di un atto da portare a termine è sempre la più difficile. Il protagonista, infatti, non poteva, certo, prevedere l’irruzione del Caso nella vicenda.

Alla fine ha chiesto la certificazione di presenza, come giustifica da inviare all’ufficio personale dell’azienda dove lavora. Gli viene consegnata e, senza controllarla, la ripone in una carpetta. Il giorno dopo, attraverso il sito aziendale la allega all’ufficio del personale senza badarci. Solo qualche giorno dopo ancora, scartabellando tra una serie di documenti, si accorge che il nominativo segnato sulla giustifica non era il suo, ma di un’altra persona. Ed ecco iniziare un percorso simile ad un girone infernale.

Il sito dell’ospedale non fornisce indirizzi mail delle varie unità operative, per trovare i numeri di telefono bisogna fare una ricerca spasmodica. Una volta trovati, l’arcano sembrerebbe risolto. E invece no. Al telefono risponde un tipo che dopo aver verificato le buone ragioni del malcapitato protagonista, comunica di non poter spedire il documento via mail per una questione di privacy personale, anche utilizzando quella aziendale. A questa risposta il nostro è trasalito restando basito. Ma come, si tratta di documento legittimo di cui ha diritto ricevere, senza se e senza ma, a cui oppongono un problema di privacy che non c’entra nulla. Anzi, essa è stata violata dall’ospedale stesso, trascrivendo erroneamente nome, cognome e data di nascita di un’altra persona. Solo nel tardo pomeriggio si è risolto l’arcano e hanno spedito l’email, quando il responsabile dell’ufficio ha riconosciuto l’errore.

L’aspetto sconcertante è che nel mondo della comunicazione globale e satellitare e non si sa più cosa, ci si imbatte in minuzie scomode, assurde, irritanti che ostacolo il semplice iter burocratico, rendendo complicata la vita dei cittadini, già oberati dalle incombenze quotidiane. Questa surreale manfrina è durata circa tre ore, provocando imprecazioni e irritazioni varie, di cui il protagonista ne avrebbe fatto volentieri a meno, mentre la soluzione era a portata di bambino. Non c’è speranza, fino a quando l’idiozia continuerà ad essere la Signora Assoluta delle vicende umane!

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