Il rapporto Censis-Consiglio nazionale dei giovani evidenzia come quasi il 50% delle persone tra 18 e 25 anni ha sofferto di questi disturbi.
Roma – La GenZ ha problemi di salute mentale. Povera GenZ, i nati tra i medio-tardi anni ’90 del XX secolo e i primi anni 2010, la prima completamente cresciuta nel mondo digitale, manifestano problemi di salute mentale. Sofferenti da studenti e insoddisfatti quando varcano la soglia del mondo del lavoro! Se durante gli studi una minima attenzione verso di loro esiste, quando diventano lavoratori viene a mancare. Il recente rapporto “Generazione Post Pandemia: bisogni e aspettative dei giovani italiani nel post Covid 19”, elaborato in collaborazione con Censis e Consiglio nazionale dei giovani. Quasi il 50% delle persone tra i 18 e 25 anni hanno dichiarato di aver sofferto di depressione ed ansia durante la pandemia. Dati confermati dal “rapporto Unicef” secondo cui 1 adolescente su 7 soffre di un disturbo mentale diagnosticato. Questa situazione si ripercuote sulla scuola. In questa direzione sono stati raccolti elementi importanti dal progetto “Mi vedete?”, curato da Lundbeck Italia, multinazionale farmaceutica specializzata nella cura delle malattie del cervello.
E’ stato un modo per confrontarsi tra genitori, ragazzi e docenti sulla salute mentale. I giovani hanno manifestato un desiderio di relazione, il 52%, per essere ascoltati e compresi sia in famiglia che a scuola, condizioni che possono aiutare affinché il disagio giovanile diventi disturbo. Importante è prevenire le condizioni di malessere che gli studenti hanno dichiarato di aver sperimentato per il 71%. Si tratta di uso di sostanze, disturbo del comportamento alimentare, bullismo e disturbi del sonno. Ora quali sono gli effetti nel mondo del lavoro? La GenZ costituirà il 27% della forza lavoro nei paesi OCSE nel 2025. Ebbene, secondo uno studio curato dall’Osservatorio BVA-Doxa Mindwork, questa generazione soffrirà, in misura maggiore, ansia e stress. Inoltre, a queste condizioni si somma l’insoddisfazione per la professione che si svolge. Il 41% ha dichiarato di essere soddisfatto, mentre il 54% ha manifestato malumore.
I motivi di tale disagio sono: stipendi bassi, mancanza di crescita professionale, basso riconoscimento, assenza di valorizzazione. Un aspetto confermato anche da altre ricerche sociali è che per i lavoratori della GenZ è più importante immedesimarsi col proprio lavoro e di svolgerne uno coerente con gli studi effettuati. Spesso la GenZ ha manifestato un forte desiderio di cambiare lavoro, proprio perché quello che svolgono non corrisponde alle proprie esigenze. Quasi 1 persona su 4 della GenZ, pari al 23% sta pensando di prendere questa decisione, mentre il 55% lo ha fatto. Da ciò che è emerso risulta che la GenZ sia particolarmente sfigata. Nel senso che esiste un continuum disagevole, dall’età dello studio a quella del lavoro. E’ chiaro che le cause sono diverse perché si cambia ambiente, ma quello che resta è il malessere di fondo.
Dagli studi effettuati, un’altra caratteristica emersa è il differente giudizio che l’opinione pubblica ha. Si pensa, senza saperne il motivo di fondo, che la GenZ sia un po’ melodrammatica, molto fragile e non in grado di affrontare le avversità della vita, perché troppo viziata. Quest’ultimo attribuito è stato utilizzato verso ogni giovane generazione, in qualsiasi epoca storica. Il rischio che si corre è di ridimensionare il fenomeno, senza dare le giuste soluzioni alle sofferenze che, comunque, questa generazione vive sulla propria pelle. Infine, basta garantire a tutti servizi per la salute mentale. Ma le condizioni in cui versa il Servizio Sanitario Nazionale (SSN), lasciano poche speranze!