Dürer e gli altri: al Buonconsiglio il Rinascimento trentino tra amore per l’Italia e suggestioni tedesche

La mostra ripercorre, fino al 13 ottobre, l’eccezionale stagione artistica resa possibile dal mecenatismo dei principi-vescovi.

Trento – Liaison “nordiche” e dove trovarle. È un esemplare trattato di storia dell’arte quello che si può “leggere” in questi mesi nelle sale del Castello del Buonconsiglio di Trento, dove la grande mostra dedicata ad Albrecht Dürer (1471-1528) in corso fino al 13 ottobre non si limita soltanto a celebrare (peraltro più che degnamente!) il centenario dello splendido museo – nato nel 1924 -, ma rappresenta un percorso di eccezionale impegno e grande suggestione alla (ri)scoperta di quei legami artistici, storici e culturali che la città lambita dall’Adige seppe stringere con l’Europa settentrionale, facendosene vanto. Una permeabilità che le permise di imporsi, grazie alla sua centralità nell’asse di comunicazione tra Mitteleuropa e Mediterraneo, come insostituibile “cerniera” tra due mondi artistici e iconografici, allora in costante comunicazione. E che le consentì di declinare il Rinascimento in una declinazione assolutamente unica e originale, contribuendo a plasmarne l’immaginario.

Albrecht Dürer, Due cavalieri, disegno a penna, Monaco di Baviera, Staatliche Graphische Sammlungen

Nativo di Norimberga e da sempre affascinato dall’Italia e dalla sua arte, che studiò profondamente, Dürer scoprì Trento e il Trentino negli anni 1494-95, restando ammaliato dai paesaggi e dalle atmosfere e catturandone l’essenza in una celebre serie di acquerelli. Del resto, la città allora era un centro culturale e artistico – per non dire politico – di prim’ordine, un Principato ricco e colto dove grazie al mecenatismo del principi-vescovi e delle élite economiche il Rinascimento veniva declinato in modo del tutto originale da artisti sia locali trentini che provenienti da fuori, specialmente dall’area “tedesca”.

“Dürer e gli altri. Rinascimenti in riva all’Adige”, curata da Bernard Aikema, Laura Dal Prà, Giovanni Maria Fara, Claudio Salsi, rivive quel “magico” viaggio foriero di un momento creativo così magmatico e per certi versi irripetibile.

Nell’esposizione, la presenza di Dürer in Trentino è ricordata da disegni e acquerelli – in primis la magnifica veduta proprio del Castello del Buonconsiglio proveniente dal British Museum – così come da incisioni e dipinti: l’arte del grande tedesco non passò inosservata ma stimolò gli artisti qui attivi a ripensare la loro arte. Partendo dallo spettacolare “caso Dürer”, il percorso espositivo si estende infatti ad indagare le origini di quel Rinascimento originale, sui generis, che si sviluppa in Trentino tra 1470 e 1530/40. A prendere forma è uno stile nuovo, o meglio, l’insieme di tanti nuovi linguaggi, influenzati da artisti, opere, mode e modi che risalgono dall’Italia alla Germania, alle Fiandre e viceversa.

Albrecht Dürer, Nemesi con veduta di Chiusa, Trento, Castello del Buonconsiglio

Il Trentino e il Tirolo meridionale vantavano alcune sedi episcopali (Bressanone, Trento) e commerciali (Bolzano) che costituivano poli attrattivi di prim’ordine. Piccola enclave autonoma nel mezzo delle potenze dell’epoca, qui si attivò un laboratorio di innovative soluzioni artistiche, in un’epoca – i decenni attorno al 1500 – di intensa trasformazione artistica e culturale di tutta l’Europa.

Ma la mostra non si ferma certo a Dürer, per quanto eccelsa ed esaltante sia stata la sua parabola artistica. Nelle sale del castello la sua opera è messa a confronto con quella di altri artisti tedeschi presenti in città, a cominciare dall’impressionante “Crocifissione” di Sisto Frey nel Duomo cittadino.

Dopo la straordinaria fase dell’Umanesimo, del quale fu campione il vescovo Johannes Hinderbach, un particolare focus la mostra lo riserva alla figura del grande principe vescovo Bernardo Cles (noto anche alla latina come Bernardo Clesio, 1485-1539), personaggio di spicco dell’epoca – fu consigliere dell’imperatore Massimiliano I e poi membro della dieta imperiale di Carlo V, oltre che suo gran cancelliere -, ma anche mecenate e promotore della costruzione (e relativa decorazione) del Magno Palazzo al Castello. Per edificare e ornare il suo “gioiello” Bernardo Clesio impiegò non soltanto artisti italiani, ma chiamò dall’area tedesca pittori come Bartholomäus Bruyn e medaglisti come Hans Schwarz, che lasciarono di lui diversi ritratti, oltre a maestri come Bartolomeo Dill Riemenschneider, Dosso, Fogolino e il grande Girolamo Romanino.

E a proposito di Massimiliano I, per il quale Dürer prestò servizio, la mostra dedica alla figura dell’imperatore un focus speciale. Massimiliano si fece proclamare Re dei Romani proprio il 4 febbraio 1508 a Trento con una sfarzosa cerimonia. Per la città fu un evento di assoluto rilievo e di scala europea, degno di essere immortalato dal vescovo Neydeck nelle portelle dell’organo di Santa Maria Maggiore, dipinte da Falconetto.

Bernard Strigel, Massimiliano I d’Asburgo con le insegne imperiali, post 1508, Innsbruck, Museum Ferdinandeum

La mostra, davvero imperdibile, riunisce quasi un centinaio fra opere tra dipinti, sculture e incisioni non solo di Dürer ma anche di Alvise Vivarini, Dill Riemenschneider, Jorg Artzt, Max Reichlich, Michael Pacher e Romanino, con prestiti provenienti da importanti musei d’Italia e d’Europa. Un ruolo particolare è rivestito anche dalle stampe, non solo quelle di Dürer, che proprio in quegli anni facevano il loro esordio come mezzo di diffusione non solo di testi letterari e di cultura scritta, ma anche di forme, temi e idee artistiche.

Michael Pacher, Santa Caterina (portella di predella da altare maggiore di Sebato), 1465 ca., Innsbruck, Ferdinandeum

La sezione conclusiva è riservata alle opere diffuse nel territorio trentino, evidenti testimonianze del miscuglio di stili che in quel fecondo periodo si palesò con esiti così esaltanti e felici.

L’impostazione scientifica dell’esposizione e le opere che si possono ammirare lungo il percorso, costruito in maniera coinvolgente e inappuntabile, permettono davvero di cogliere in maniera ottimale, declinate secondo le diverse inflessioni personali, tutti i temi che erano all’ordine del giorno in quei febbrili decenni a cavallo tra Quattrocento e Cinquecento: l’emergere di una nuova sensibilità religiosa, l’interesse per l’individuo, la riflessione sul paesaggio – in primis il quasi “inedito” e “sorprendente” scenario alpino -, e più nello specifico la straordinaria permeabilità artistica di un territorio, quello trentino, che collegava come una cerniera mondo tedesco e mondo italiano, favorendo come non mai il fruttuoso dialogo e l’osmosi fra i due.

Fiore all’occhiello della mostra, promossa dal museo del Castello del Buonconsiglio in collaborazione con l’Università di Trento e la Soprintendenza per i beni culturali, è il poderoso catalogo edito da Skira, che rimarrà negli annali come una pietra miliare negli studi dedicati non solo a Dürer, ma a tutti il Rinascimento “tedesco” e alpino. Anche questo, un gioiello da non perdere.


“Dürer e gli altri. Rinascimenti in riva all’Adige”
Trento, Castello del Buonconsiglio,
dal 6 luglio al 13 ottobre 2024
Informazioni: www.buonconsiglio.it , info@buonconsiglio.it. Tel. 046 1233770

Immagine in apertura: Albrecht Dürer , Veduta del Castello del Buonconsiglio, acquerello su carta 1495, Londra, British Museum

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