Cefalonia e il massacro della Divisione Acqui: sapevano di non tornare a casa

La resa dei 5000 soldati italiani morti e messi nelle fosse comuni avvenne il 21 settembre 1943. Sono passati 81 anni da allora.

Roma – All’indomani dell’armistizio dell’8 settembre 1943, la divisione Acqui di stanza nell’isola di Cefalonia nel mar Ionio, rifiuta di cedere le armi ai tedeschi. E’ l’inizio di una disperata battaglia dall’esito già segnato: la resa sarà il 21 settembre. Le truppe tedesche, grazie ai rinforzi giunti dall’entroterra e soprattutto grazie all’appoggio aereo, hanno la meglio sui soldati italiani dopo circa una settimana di combattimenti. Per ordine diretto di Hitler, i tedeschi non fanno prigionieri. Vengono massacrati e nelle fosse comuni circa 5.000 uomini. I pochi superstiti sono portati nei campi di prigionia in Germania. Sono passati 81 anni da quell’eccidio. Un eccidio tragicamente consapevole.

Dopo gli avvenimenti dei giorni precedenti nessuno di quei soldati si faceva illusioni che la resa significasse ritorno a casa. Di questo miraggio i soldati della Divisione Acqui si erano illusi troppe volte da quando due settimane prima, l’8 settembre, avevano captato un messaggio radio della Bbc che annunciava la resa italiana. Quando la Acqui si arrende definitivamente al colonnello Barge e al comandante del XXII Corpo d’armata tedesco Hubert Lanz, molti soldati e ufficiali sanno benissimo che le probabilità di uscire vivi dall’isola sono quasi pari allo zero. Su quest’isola gli 11.500 soldati e ufficiali della Divisione Acqui erano arrivati nell’aprile 1941, dopo avere perso un quarto dei propri effettivi nella disastrosa offensiva contro la Grecia lanciata da Mussolini nell’autunno 1940.

I soldati italiani a Cefalonia

L’eccidio di Cefalonia fu un crimine di guerra compiuto da reparti dell’esercito tedesco a danno dei soldati italiani presenti su quelle isole alla data dell’8 settembre 1943, giorno in cui fu annunciato l’armistizio di Cassibile che sanciva la cessazione delle ostilità tra l’Italia e gli anglo-americani. La guarnigione italiana di stanza nell’isola greca si oppose al tentativo tedesco di disarmo, combattendo sul campo per vari giorni con pesanti perdite, fino alla resa incondizionata, alla quale fecero seguito massacri e rappresaglie nonostante la cessazione di ogni resistenza. I superstiti furono quasi tutti deportati verso il continente su navi che finirono su mine subacquee o furono silurate, con gravissime perdite umane.

In questi 81 anni trascorsi da quel doloroso evento si è scritto e si è detto moltissimo, tanti i libri e gli studi sull’argomento. Anche un romanzo, scritto “con rigore storico”, come afferma l’autore Marcello Venturi, Bandiera bianca a Cefalonia”, che vide la luce nel 1963, ed un Film, “Il mandolino del capitano Corelli” di recente programmazione, hanno celebrato le gesta della furia tedesca nell’isola dello Jonio. Vennero celebrati numerosi processi a carico dei responsabili, o presunti tali, sia di parte tedesca sia di parte italiana, a cominciare da Norimberga, poi davanti alle corti militari alleate, in Germania ed in Italia che si conclusero con lievi condanne o con proscioglimenti ed assoluzioni: un risultato veramente modesto a fronte di un massacro tanto grande. La ricostruzione di quei fatti l’ha fatta Carlo Baccellieri.

Nicolas Cage interpreta il capitano Corelli

Non fu fatta giustizia per i morti a causa della ragion di Stato che imponeva, finita la guerra e divenuta la Germania alleata delle democrazie occidentali, mettere una pietra sopra il passato, divenuto ormai scomodo. Ma, cosa ancora più grave, non fu detta tutta la verità perché si volle utilizzare quell’evento di immani proporzioni come il primo atto della Resistenza contro il nazismo. A Cefalonia era stanziata la Divisione Acqui su tre reggimenti 17°, 18° e 117° di fanteria ed il 33° reggimento artiglieria da campagna con obici da 75/13 e da 100/17, alcune batterie costiere, una compagnia genio e vari reparti logistici e di sanità. Il 18° reggimento era dislocato a Corfù. Vi erano poi una compagnia carabinieri e una compagnia di finanzieri alcune batterie e reparti di marina al comando del capitano di fregata Mastrangelo. In totale 11.500 soldati e 525 ufficiali.

Si trattava di una divisione non particolarmente addestrata, un reggimento era costituito da ex avieri richiamati, ed armata secondo lo standard italiano, cioè male. Alcuni soldati avevano una modesta esperienza di guerra fatta sul fronte greco, ma i più ne erano privi. Era una divisione qualsiasi con tutte le carenze di armamento ed equipaggiamento dell’esercito italiano, composta da soldati provenienti da tutte le regioni d‘Italia. L’8 settembre 1943 la divisione aveva munizionamento per 10 giorni. I Tedeschi avevano nell’isola un contingente costituito da 996° reggimento su due battaglioni di granatieri da fortezza (in parte ex delinquenti comuni) rinforzato dalla 202a batteria semoventi con 9 cingolati del tenente. Fauth. In tutto 1800 uomini comandati dal maggiore Barge.

E ancora oggi ci si chiede perché a Cefalonia la strage di militari italiani fu più feroce che altrove? Indubbiamente influirono le circostanze relative alle estenuanti trattative. E i soldati sapevano che le ore erano ormai contate.

Facebook
Twitter
LinkedIn
WhatsApp
Email
Stampa