La Procura etnea ha chiesto il proscioglimento per il capo della Lega che avrebbe agito nella legalità e nell'interesse del Paese. Come hanno fatto e fanno gli altri ministri dei Paesi europei.
Ci siamo: la Procura di Catania ha chiesto il non luogo a procedere per Matteo Salvini in merito al caso Gregoretti.
L’ex ministro dell’Interno, accusato di sequestro di persona per aver trattenuto (nel luglio 2019) i migranti soccorsi in mare a bordo della nave della Guardia Costiera, non avrebbe compiuto alcun reato.
E, diciamocelo, Salvini può piacere o meno ma questo processo rischiava di diventare una farsa politica e nulla più.
“Sono contento perché oggi la pubblica accusa ha detto che non c’è reato – ha detto il capo del Carroccio – che non c’è sequestro, che ho rispettato le leggi nazionali ed internazionali, che abbiamo salvato vite e svegliato l’Europa. Sentire questo mi ripaga di mesi e mesi di amarezze. Torno tranquillo dai miei figli e spero che il 14 maggio si chiuda qua…”.
È proprio in questa data che verrà presa la decisione definitiva, quando il capo dei Gip di Catania, Nunzio Sarpietro, renderà pubblica la sua decisione riguardo l’udienza preliminare.
Sono le parti civili dunque a sollecitare il rinvio a giudizio, mentre difesa e accusa chiedono il non luogo a procedere.
“La sua condotta non costituisce reato”, ha concluso il pubblico ministero Andrea Bonomo.
Si segue la logica del procuratore di Catania Carmelo Zuccaro, che per ben due volte durante l’istruttoria aveva chiesto l’archiviazione del caso, considerando che l’operato di Salvini quale ministro dell’Interno rientrasse nelle sue prerogative politiche.
Il tribunale dei ministri di Catania decise poi diversamente, ottenendo dal Parlamento l’autorizzazione a procedere in quello che si è poi rivelato un teatrino da operetta (indimenticabile lo smemorato Danilo Toninelli che non ricordava i fatti).
Quello a Salvini, volendo essere onesti, rischia soltanto di diventare uno strumento atto a danneggiare un esponente politico. Con tutto il rispetto e con tutta l’umanità possibile, in un paese normale i clandestini vengono respinti, funziona così ovunque.
E benché piaccia tanto a certi media e a una certa politica il romantico termine “migranti” tale definizione sembrerebbe profondamente errata: migrante è colui che si sposta dal proprio Paese ad un altro con i documenti in regola, spesso anche con un lavoro sicuro.
Le persone che gli allegri scafisti delle ONG si precipitano a prendere praticamente sulle coste libiche sono privi di documenti, non identificabili dunque clandestini. Spesso non hanno neppure i requisiti per ottenere il permesso umanitario. Quando non sono delinquenti e terroristi sotto mentite spoglie.
Con buona pace dei buonisti. Giusto soccorrerli, rifocillarli ma accoglierli? Questo è un altro paio di maniche.
La Francia respinge senza troppi problemi, Malta spara sulle imbarcazioni senza preoccuparsi delle conseguenze, la Spagna chiude i confini. Gli altri chiudono le porte e alzano muri e barriere insormontabili. L’Italia, invece, accoglie a braccia aperte chiunque. La repubblica delle banane non si smentisce.
Il dovere di un ministro dell’Interno è anche quello di proteggere i confini nazionali da individui che cercano di violarli in clandestinità. Anche se sono sponsorizzati da una narrazione di stampo hollywoodiano, con tanto di capitani tedeschi che cercano di accoppare la Guardia di Finanza mentre entrano senza permesso nei nostri porti. L’avesse fatto chiunque altro sarebbero scattate le manette. D’ufficio.
Condannare Salvini significherebbe che tutti – ma proprio tutti – possono fare il bello e il cattivo tempo nel nostro Paese e tanti saluti alla legge. Ben venga dunque l’archiviazione di questa, passateci il termine, pagliacciata all’italiana. E riguardo l’immigrazione si svegli l’Europa.
L’Italia ha già dato.
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