L'informazione ha il compito di seguire i processi di mafia e raccontare gli sviluppi giudiziari che seguono le operazioni di polizia. Specie in questi ultimi tempi che vedono la criminalità organizzata rialzare la cresta.
Roma – Oggi si celebra la “Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime delle mafie”, riconosciuta ufficialmente dallo Stato con la legge n.20 dell’8 marzo 2017, approvata all’unanimità alla Camera dei deputati.
Un semplice ma importante momento di riflessione che come l’anno scorso verrà ricordato virtualmente senza possibilità di scendere in piazza. Il significato della giornata, comunque, non può prescindere dalle difficoltà che stiamo vivendo a causa della pandemia. Tuttavia anche quest’anno la voglia di esserci, la capacità di rendersi attivi e prossimi ai familiari delle vittime prevarranno nonostante la circostanza contingente.
Oggi abbiamo deciso di mettere da parte gli argomenti politici per dedicare la copertina a tutte le vittime della criminalità organizzata affinché il loro sacrificio rimanga vivo e inalterato nel tempo e serva da esempio e come valore ideale per le nuove generazioni. Numerose le manifestazioni e le iniziative per questa Giornata da cui trarre spunto per una vera ripartenza del Paese:
“…Il 21 marzo – spiegano gli organizzatori della nota manifestazione organizzata da Libera di don Luigi Ciotti – è un momento di riflessione, approfondimento e di incontro, di relazioni vive e di testimonianze attorno ai familiari delle vittime innocenti delle mafie, persone che hanno subito una grande lacerazione che noi tutti possiamo contribuire a ricucire, costruendo insieme una memoria comune a partire dalle storie di quelle vittime. È una giornata di arrivo e ripartenza per il nostro agire, al fine di porre al centro della riflessione collettiva la vittima come persona e il diritto fondamentale e primario alla verità, diritto che appartiene alla persona vittima, ai familiari della stessa, ma anche a noi tutti…”.
Il crimine organizzato è ancora in forze, gode di ottima salute e la sua capacità di penetrazione nel tessuto sano della nazione ha avuto, proprio in questi ultimi mesi, una pericolosa, massiccia recrudescenza. Lo Stato non deve abbassare la guardia, anzi ha l’obbligo di reagire con leggi sempre più stringenti e con la certezza della pena se non si vuole vanificare il sacrificio di centinaia di uomini e donne che hanno dimostrato di non avere paura pur di affermare i sani principi della legalità e della democrazia:
“…Oggi è il momento più difficile nella lotta contro la mafia da 30 anni a questa parte – ha aggiunto Salvatore Calleri, presidente della fondazione Antonino Caponnetto – ciò che temevamo, noi ed altri che combattiamo il fenomeno mafioso, è puntualmente avvenuto: la fine del cosiddetto doppio binario.
Per i non addetti ai lavori il doppio binario e quell’insieme di norme antimafia speciali nate con il sangue delle vittime. La criminalità organizzata veniva punita con norme più severe rispetto al crimine comune. L’ergastolo per un mafioso era un autentico fine pena mai. Anche il 41bis era vero e senza alcuna possibilità di comunicazione verso l’esterno e non solo.
Oggi in nome di una sorta di buonismo, indotto oppure involontario, consapevole od inconsapevole, il risultato non cambia, abbiamo di fatto eliminato quel magnifico deterrente……Eppure oggi la mafia è forte. Tremendamente forte. L’allarme lanciato più volte dall’Europol, dalla Dnaa (Direzione nazionale Antimafia e Antiterrorismo), dalla Dia e da tutte le forze dell’ordine sul fiume di denaro che arriverà con il Recovery Fund rappresenta un pratico esempio di antimafia del giorno prima ma temo rimarrà un avvertimento lanciato nel vuoto.
La sensazione è che in maniera silente si sia scelto di continuare a convivere con la mafia. In Italia si stanno sgretolando le leggi antimafia che mezzo mondo ci invidia. Le norme sulle interdittive e white list vengono messe in discussione. Le norme sullo scioglimento dei comuni seguono la stessa triste sorte. Siamo arrivati al punto che non è più sufficiente che il Consiglio di Stato stabilisca che determinati comuni vadano sciolti per infiltrazioni mafiose, piuttosto si preferisce prendere tempo cosi da demolire i provvedimenti di legge che permettono questa possibilità.
Per chi combatte la mafia questa che stiamo attraversando è l’ora più buia.
Le uniche note positive sono i numerosi procedimenti in corso contro la mafia ed il primo ergastolo al boss Nino Madonia per il duplice omicidio del poliziotto Nino Agostino e della moglie incinta Ida Castelluccio, uccisi il 5 agosto 1989. Dopo ben 32 anni le due vittime hanno ottenuto giustizia.Ma quanti sono gli uomini e donne uccisi dai mafiosi che non l’hanno ancora ottenuta? La lotta alla mafia deve ritornare ad essere tema fondante nella vita democratica del Paese…”.
Se il Paese intende tornare alla vita normale non solo dal punto di vista sanitario, occorre prepararci ad affrontare una nuova battaglia per la legalità. Questo per evitare che le mafie mettano le mani sul nostro futuro precludendoci progresso e sviluppo economico:
“…Le mafie – ha detto più volte Nicola Gratteri, procuratore capo di Catanzaro – così come comprano ristoranti e locali, possono comprare anche pezzi dell’informazione. Sono tante le cose da fare, ma serve una maggiore responsabilità politica. Arriveranno sussidi ma non vanno dispersi in mille rivoli. Bisognerà tenere alta la guardia perché i finanziamenti dovranno essere investiti per creare sviluppo, evitando che le solite cricche politico-imprenditoriali possano mettere le mani sui fondi della ricostruzione. L’etica deve tornare al centro del sentire comune e più che insegnata va praticata, testimoniata e trasmessa. L’esempio lo si può trarre dai contadini che non smettono di seminare la terra anche se il maltempo distrugge il loro raccolto...”.
Stringersi attorno ai familiari delle vittime innocenti delle mafie diventa ancora più importante, poiché contribuisce a ricucire e ricostruire, insieme, una memoria comune a partire dalle storie di quelle vittime. Importante, peraltro, per le nuove generazioni che avranno il compito di perpetuarne il ricordo, non solo per affetto e solidarietà, piuttosto per mantenere la libertà di cittadinanza scevra da ogni violenza e sopraffazione.
Scandendo i loro nomi renderemo onore al loro sacrificio: Giorgio Ambrosoli, Alfredo Agosta, Antonino Agostino, Beppe Alfano, Sebastiano Alongi, Emanuele Basile, Luigi Bodenza, Rita Atria, Paolo Borsellino, Antonino Cassarà, Serafino Famà, Giuseppe Fava, Rocco Chinnici, Carlo Alberto Dalla Chiesa, Giovanni Falcone, Francesco Fortugno, Boris Giuliano, Libero Grassi, Giuseppe Impastato, Giuseppe Insalaco, Pio La Torre, Rosario Livatino, Piersanti Mattarella, Gian Giacomo Ciaccio Montalto, Beppe Montana, Don Giuseppe Puglisi, Antonino Scopelliti, Cesare Terranova e numerosissimi altri a cui il buon Dio riservi perenne benedizione.
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