La tragedia del povero Giuseppe Di Matteo è stata raccontata in tre film diversi accomunati da un unico intento: raccontare i contorni di un dramma vissuto da un adolescente torturato e umiliato da mostri senza pietà.
Palermo – Venticinque anni fa, l’11 gennaio 1996, Giuseppe Di Matteo veniva strangolato e poi disciolto nell’acido in un casolare di San Giuseppe Jato, nel palermitano. Il ragazzo era stato rapito il 29 novembre 1993, quando aveva quasi 13 anni, in un maneggio di Piana degli Albanesi da un gruppo mafioso che agiva su ordine di Giovanni Brusca. Lo scopo di quest’ultimo era convincere il padre del sequestrato, pentito e prossimo collaboratore di giustizia, a non rivelare quanto sapeva sulla strage di Capaci e sull’uccisione dell’esattore Ignazio Salvo.
La madre e il nonno del ragazzo ricevettero subito una serie di lettere che intimavano di non farne parola. Il 14 dicembre 1993 veniva comunque denunciata la scomparsa del povero ragazzino, costretto per mesi a vivere alla catena fra inimmaginabili sofferenze. Da quel momento iniziava il calvario della famiglia nonché il lavoro certosino del magistrato Alfonso Sabella finalizzato a stanare i componenti della banda di criminali. Nei due anni che seguirono non fu mai possibile stabilire per tempo l’ubicazione del nascondiglio di Giuseppe e dei suoi rapitori che lo tenevano prigioniero. Brusca, latitante a capo del braccio armato di Cosa Nostra, verrà arrestato solo il 26 maggio 1996.
Questo agghiacciante delitto non solo sbugiardava la narrazione secondo la quale la mafia non uccide donne e bambini ma diede il via a una delle più diffuse operazioni antimafia della storia della Sicilia. Infatti all’omicidio del piccolo Di Matteo seguirono diversi processi che portarono a numerose condanne di malavitosi implicati nel sequestro e nel successivo delitto: ergastolo per Leoluca Bagarella, Matteo Messina Denaro, Giuseppe Graviano, Salvatore Benigno, Francesco Giuliano, Luigi Giacolone, Giovanni ed Enzo Brusca; 20 anni di carcere per Vincenzo Chiodo e Giuseppe Monticciolo e 12 anni inflitti a Gaspare Spatuzza.
Almeno tre opere cinematografiche hanno successivamente raccontato la drammatica e sanguinosa vicenda. Già nel 1998 la seconda parte del film “Tu ridi” di Paolo e Vittorio Taviani mostrava la storia di un rapimento con molti elementi simili al dramma di Giuseppe Di Matteo. Più recente, del 2015, è “Lo scambio” di Salvo Cuccia, che si concentra sulla persistenza spettrale della colpa e non a caso era stato scritto in collaborazione con il giudice inquirente Alfonso Sabella. Nel 2017 usciva nelle sale dei cinema italiani “Sicilian Ghost Story” di Fabio Grassadonia e Antonio Piazza, impegnato, attraverso un suggestivo intreccio di ricostruzione e fantasia, a denunciare l’omertà con cui i locali gestirono il terribile caso di omicidio e distruzione di cadavere.
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