Le famiglie delle vittime sono rimaste basite. Fra pochi anni l'assassino che sentiva "le voci" potrebbe tornare in libertà.
Milano – La Suprema Corte di Cassazione ha chiesto di ricalcolare la pena definitiva, per difetto, inflitta ad Adam Kabobo, il cittadino ghanese di 38 anni, che l’11 maggio del 2013 aveva ucciso tre persone, ferendone altre due, a colpi di piccone in zona Niguarda.
L’assassino era stato condannato a 28 anni di reclusione con il rito abbreviato con l’attenuante del vizio di mente parziale. Sta di fatto che gli Ermellini romani hanno annullato con rinvio l’ordinanza del giudice per le indagini preliminari di Milano del 27 novembre 2019 che aveva riconosciuto la continuazione del reato, ovvero gli omicidi ed i tentati omicidi, tanto che Kabobo era stato condannato a 42 anni di reclusione poi ridotti a 28 grazie al beneficio del rito abbreviato che prevede la riduzione di un terzo della pena.
Gli avvocati difensori hanno ottenuto il provvedimento dai magistrati supremi motivando che l’ordinanza del giudice milanese poi impugnata si era limitata a indicare gli aumenti di pena senza argomentazioni condivise. Insomma un mero calcolo di anni di detenzione privo di spiegazioni. Ma chi era il ghanese sbarcato in Italia al seguito di migliaia di suoi connazionali?
Kabobo, all’epoca dei fatti, pare fosse un immigrato irregolare già raggiunto da un provvedimento di espulsione non esecutivo a causa di un ricorso. L’uomo avrebbe subìto un arresto nel 2011 a Bari per furto aggravato, resistenza, interruzione di pubblico servizio, mentre nel carcere di Lecce si sarebbe beccato un’altra denuncia per danneggiamento aggravato.
Il ghanese si era poi trasferito a Milano nonostante fosse stato scarcerato nel febbraio 2012 con obbligo di dimora a Foggia presso un centro di accoglienza. Quella maledetta mattina non è ancora l’alba quando Kabobo usciva dal suo alloggio in un fabbricato abbandonato. Sotto un marciapiede nota una spranga e la impugna. In via Ornato, alle 4.30, colpisce la prima vittima, Andrea Carfora, che riesce a fuggire ferito ad un braccio ma salvo.
Alle 5 nei pressi dei giardini Galeotti Bianchi Kabobo colpisce Giuseppe Quatela che passeggia con il cane che inizia ad abbaiare. Il ghanese molla la preda perché si spaventa, il cane si avventa su di lui e il padrone lo insulta. L’uomo getta la spranga e fugge via. Entra poi in un cantiere e trova un piccone, lo afferra e continua il suo giro stavolta pronto a uccidere. In zona nota Francesco Niro a cui sferra il primo colpo di piccone.
Niro è ferito alla testa ma riesce a fuggire. Gronda sangue ma è ancora vivo. Kabobo accelera il passo in via Monte Grivola dove incontra Antonio Morisco che, alle 6 del mattino, rientra in casa. L’uomo vede Kabobo mentre gli sferra un colpo ma lui è più svelto e sbatte il portone in faccia al ghanese che deve arrendersi. L’ha scampata bella. In via Adriatico Adam vede Ermanno Masini, 64 anni, pensionato.
Lo colpisce alla testa, sul collo e sulla schiena e non si ferma sino a quando non lo vede stramazzare sull’asfalto in un lago di sangue. L’uomo morirà in ospedale dopo alcuni giorni di agonia. Alle 6.25 è la volta di Alessandro Carolè, 40 anni, che sorseggia un caffè davanti al bar Delrosso di piazza Belloveso. Kabobo lo colpisce alle spalle, come fanno i vigliacchi, e non la smetterà di colpirlo sino a quando la vittima non si accascerà sotto il tavolino ormai in fin di vita.
L’assassino ruberà il cellulare dell’uomo e proseguirà indisturbato la sua missione di morte. Alle 6.30 tocca a Daniele Carella, 21 anni, che distribuisce giornali con suo padre in via Monte Rotondo. Il mostro aggredirà il giovane con una violenza disumana e smetterà di colpirlo col piccone dopo aver infierito sul cadavere.
Passate le 6.45 i carabinieri intercetteranno il killer in via Racconigi dove lo bloccano. Kabobo è sporco di sangue e chiede cibo. Riferirà agli inquirenti che era in preda a certe voci che gli dicevano di uccidere. A conti fatti potrebbe uscire dal carcere di Opera fra pochi anni. Altro che Paese del bengodi.
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