La povera professoressa era stata prima stordita mentre dormiva con un colpo di mattarello in testa e poi accoltellata alla gola. Il marito era troppo geloso e depresso e per paura di finire in ospedale ha ucciso la povera donna nel sonno. Per le giudici si tratta di disturbo delirante.
Brescia – Il Pm aveva chiesto l’ergastolo per Antonio Gozzini, 80 anni, che nell’ottobre di due anni fa uccise sua moglie Cristina Maioli a coltellate. La donna, un’insegnante di scuola superiore, era stata prima stordita mentre dormiva con un colpo di mattarello in testa e poi accoltellata alla gola.
Il marito dopo averla assassinata l’aveva vegliata per ore. La difesa dell’uomo, che non era presente in aula, ne aveva chiesto l’assoluzione ritenendolo incapace di intendere e volere al momento dell’omicidio. La Corte di Assise di Brescia il 9 dicembre scorso ha accolto la tesi della difesa ed ha assolto l’imputato confermando che al momento del delitto era affetto da disturbo delirante.
L’anziano era convinto di essere stato tradito, particolare che non ha mai trovato conferma, un vero e proprio “delirio di gelosia” sfociato in “un irrefrenabile impulso omicida”. Per anni Gozzini aveva sofferto di depressione e negli ultimi tempi aveva manifestato un forte gelosia nei confronti della moglie. Per il Pm Claudia Passalacqua, che ha già annunciato ricorso in Appello, l’omicida avrebbe agito per vendetta perché la moglie intendeva farlo ricoverare in ospedale a causa della sua depressione.
Una sentenza inaspettata che sicuramente farà discutere a lungo quella pronunciata a Brescia ma non è la prima e non sarà l’ultima. Lo scorso anno una serie di sentenze shock avevano suscitato clamore. La Corte di Appello di Ancona ha assolto due giovani condannati in primo grado per violenza sessuale perché la vittima, una ragazza 22enne di origini peruviane, era “troppo mascolina e poco avvenente”.
Questo si legge nella sentenza delle tre donne magistrato giudicanti che avrebbero argomentato la loro sentenza su presupposti puramente estetici. Un ragionamento a dir poco sconvolgente che ha fatto indignare a tal punto che il procuratore generale della Corte di Cassazione ne ha evidenziato illogicità e vizi di legittimità. La suprema Corte ha poi annullato la sentenza di secondo grado e ha deciso un rinvio per un nuovo processo d’Appello mentre il Guardasigilli ha disposto opportune verifiche.
A Genova Javier Napolon Pareja Gamboa è stato condannato a soli 16 anni per l’omicidio della moglie Jenny Angela Coello Reyes. Il Pm aveva chiesto 30 anni. Nella parte motiva della sentenza si legge che venivano concesse le attenuanti generiche perché l’omicida era stato spinto da “un misto di rabbia e di disperazione, profonda delusione e risentimento”.
Solo una decina di giorni fa a Bologna il processo d’Appello bis ha confermato la sentenza di primo grado che aveva condannato a 30 anni Michele Castaldo per l’uccisione della compagna Olga Matei, una commessa di origine moldava. L’appello bis era stato disposto dopo l’annullamento della Cassazione della discussa sentenza in cui si leggeva “soverchiante tempesta emotiva” per concedere attenuanti generiche che avevano ridotto la pena da 30 a 16 anni.
Ma la sentenza più scioccante di tutti è stata emessa a Messina dove la Corte di Appello ha “assolto lo Stato”. Nel 2007 Saverio Nolfo aveva ucciso a coltellate la moglie Marianna Manduca. In primo grado i giudici avevano concesso ai tre figli della coppia un risarcimento perché nonostante le numerose denunce per le continue minacce del marito, le forze dell’ordine non avevano fatto nulla per impedire la tragedia.
La Corte d’Appello ha annullato la sentenza perché, a dire dei togati, lo Stato non poteva fare nulla per impedire l’omicidio della donna. Non c’è poi da meravigliarsi se vi è un sempre più diffuso senso di sfiducia nella giustizia. Specie in tempi di tregenda come questi.
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