Sono 3.344 le donne uccise in Italia tra il 2000 e 31 ottobre 2020, pari al 30% degli 11.133 omicidi volontari complessivamente censiti ed elaborati dall’Istituto di Ricerca Eures, anche grazie alla preziosa collaborazione del Servizio Analisi Criminale della Direzione Centrale della Polizia Criminale del Ministero dell’Interno.
Roveredo In Piano – Ancora un femminicidio, stavolta in provincia di Pordenone. L’ha uccisa a coltellate per gelosia denunciando poi una presunta rapina. A caldo ha ammesso in parte le proprie responsabilità ma davanti al Gip si è avvalso della facoltà di non rispondere. Negli ultimi mesi litigavano spesso Aurelia Laurenti, 32 anni, ex estetista, e Giuseppe Forciniti, 33 anni, infermiere professionale incensurato, anche davanti ai loro due figli di 3 e 8 anni.
Sembra che l’uomo fosse molto geloso e per questo motivo pare non mancasse occasione per litigare tanto che la donna aveva deciso, stante alle indiscrezioni di alcune amiche, di cambiare vita e di tornare al suo vecchio lavoro di visagista per rendersi utile e guadagnarsi uno stipendio.
L’infermiere però non sarebbe stato d’accordo con la decisione della compagna e proprio nelle ultime settimane alterchi e liti si sarebbero ripetuti sino alla notte del 25 novembre scorso quando i due, in camera da letto, avrebbero litigato arrivando alle mani.
All’improvviso l’uomo avrebbe colpito la donna al volto e al collo con un grosso e affilato coltello da cucina i cui fendenti non lasciavano scampo alla povera Aurelia che si accasciava sul pavimento vittima di una copiosa emorragia. Probabilmente accortosi che la compagna era già morta, Forciniti si spostava nella stanza dove dormivano i due figli per vestirli e poi trasferirli, con la sua auto, in casa degli zii.
I parenti, rimasti basiti anche per l’ora tarda, era passata da poco la mezzanotte, non hanno avuto il tempo di parlare con l’uomo che, una volta risalito a bordo della sua auto, si dirigeva verso la questura di Pordenone. L’infermiere si sarebbe fermato solo una volta durante il tragitto per disfarsi dell’arma del delitto poi ritrovata dai poliziotti in un cassonetto delle immondizie.
Davanti agli agenti della notturna Giuseppe Forciniti riferiva di essere stato vittima di una rapina: ”…Qualcuno è entrato in casa e ha aggredito me e mia moglie – avrebbe detto l’infermiere – io mi sono difeso alla meno peggio…”. Dopo un breve interrogatorio l’uomo, ancora sporco di sangue e con diversi tagli sulle braccia, ammetteva di aver colpito con una ventina di coltellate la compagna.
Successivamente l’infermiere professionale pur ammettendo di aver colpito la povera Aurelia precisava di averlo fatto per difendersi dall’aggressione della donna a cui avrebbe tolto dalle mani il coltello nel tentativo di difendersi: ”… Sono stato aggredito fisicamente da lei mentre eravamo in camera da letto – aggiunto il presunto assassino – é anche comparso un coltello, con cui ha cercato di colpirmi. Ne è nata una colluttazione, ho afferrato l’arma e l’ho colpita una sola volta, al collo. Lei è caduta a terra e io sono scappato in stato di choc… Sono particolarmente stressato per la mole di lavoro a seguito del Covid…”.
Durante l’udienza di convalida dell’arresto svoltasi davanti al Gip Giorgio Cozzarini, l’indagato si è avvalso della facoltà di non rispondere. L’esame autoptico, di contro, è stato assai difficile e complesso “…Numerosi fendenti – ha precisato il procuratore di Pordenone, Raffaele Tito – sono stati assestati con notevole forza: quasi tutti i colpi sono andati a segno al viso e al collo della vittima. L’esame ha evidenziato molta violenza da parte dell’aggressore...”.
Il Pm Federico Facchin ha contestato a Forciniti l‘omicidio volontario aggravato riservandosi di decidere se chiedere o meno la testimonianza del più grande dei bambini, già sentito in maniera protetta dai poliziotti con l’ausilio di una psicologa.
Gli inquirenti intendono capire se il più primogenito della coppia abbia o meno assistito all’omicidio della madre atteso che il ragazzino aveva più volte scritto al padre diversi messaggi nei quali chiedeva all’uomo di non arrabbiarsi con la mamma e di non litigare, nell’estremo quanto inutile tentativo di riconciliare i due genitori.
Forciniti, una volta scoppiata l’epidemia, era stato trasferito nel reparto Covid dove la pressione professionale aveva toccato i massimi livelli. Aurelia, che aveva conosciuto il compagno in casa dei parenti di lui in Calabria, si era decisa a troncare la relazione e l’estate scorsa aveva trasferito i due figli in casa dei nonni.
La donna non parlava dei suoi dissapori con il compagno per timore che le togliessero i figli dunque preferiva subire le scenate di gelosia del convivente pur di evitare problemi ai due bambini. L’avvocato Rosanna Rovere, chiamata dall’indagato quale legale di fiducia, ha rifiutato l’incarico.
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