Sembra che l'ipotesi di adottare il modello di fiscalità teutonica si stia facendo spazio a colpi di consensi. Eppure tale sistema non solo è farraginoso ma anche difficile e complesso. Se vogliamo davvero riformare l'Irpef, rendiamola più semplice. Ma teniamoci la nostra.
Roma – Nella girandola delle ipotesi di riforma fiscale sembra trovare uno spazio crescente il modello tedesco della progressività continua. Si apre, così, il cantiere per la trasformazione Irpef, annunciata per il 2021 dal ministro del’Economia Roberto Gualtieri. Con una preferenza per il sistema tedesco non condivisa, però, da Italia Viva. “È troppo complicato” dice Luigi Marattin, esponente del partito di Renzi, mentre i commercialisti segnalano che il nodo è quello del ceto medio, non delle fasce più deboli.
Un sistema di tassazione in cui l’aliquota cresce, man mano che sale il reddito, così quel che c’è da pagare viene calcolato in base ad una funzione matematica, in sostanza attraverso un algoritmo, sottoposto ad aggiornamento annuale. E’ ciò che prevede il “modello alla tedesca” il sistema fiscale che, secondo quanto dichiarato dal ministro Gualtieri, rappresenta un possibile traguardo, nell’ambito della futura riforma dell’Irpef. Il modello tedesco, tanto per capire di cosa stiamo parlando, è basato sulla progressività di aliquote crescenti che vanno dal 14 al 42 per cento, con un’ulteriore aliquota del 45 per cento. Mentre il sistema fiscale italiano si basa su 5 scaglioni. Nella sostanza, però, i due sistemi non sono poi così diversi, argomenta l’economista Carlo Cottarelli, però quest’ultima affermazione non convince Italia Viva. Infatti Marattin propone, alternativamente all’ipotesi presentata dal ministro, un taglio radicale di tutte le detrazioni e deduzioni, tranne però le spese sanitarie, prima casa e contributi.
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Il meccanismo alla tedesca, per scendere ulteriormente nel particolare, prevede quattro scaglioni di tassazione: il primo, per chi è esente dai versamenti, fino a 9.000 euro; il secondo va dal 14% al 42% per redditi da 9.001 a 54.949 euro; il terzo con l’aliquota del 42%, da 24.950 a 260.532 euro; infine l’imposizione che va al 45% per chi dichiara più di 260.532 euro. Nel contempo, il sistema tedesco comprende numerose esenzioni e deduzioni, nonché 6 modelli di applicazione delle ritenute da parte del datore di lavoro. Un complesso sistema, così complicato che non conviene neanche scendere nei dettagli, perché troppo tecnico.
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Il 2021 dovrebbe essere l’anno giusto per mettere mano alle aliquote Irpef con una riduzione consistente della tassazione, parola di ministro dell’Economia. Così Roberto Gualtieri ha anticipato che il governo sta lavorando ad una riforma fiscale per ridurre l’imposta sulle persone fisiche. Una riforma che andrà finanziata in parte con le detrazioni e i sussidi ambientali dannosi, nonché con l’immancabile lotta all’evasione. L’intento, aggiunge Gualtieri, è realizzare la riduzione dell’Irpef in maniera graduale al fine di garantire l’equilibrio della finanza pubblica. Ma Carlo Cottarelli, ex commissario alla Spending Review, paventa il rischio di usare le risorse temporanee in arrivo dall’Europa con il Recovery Fund per finanziare interventi permanenti. Asserendo, peraltro, come tante volte abbiamo detto in queste colonne, che la più grande riforma dell’Irpef è la sua semplificazione.
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Proprio ciò che non si ottiene con le attuali proposte. Il problema non è il numero delle aliquote ma la complessità del calcolo della base imponibile per effetto di una pletora di deduzioni e detrazioni. La vera questione è che per tanti anni i governi che si sono succeduti, per mostrarsi generosi, hanno colto ogni occasione per premiare questo o quel settore, questa o quella attività con la concessione di detrazioni. In effetti anche il governo attuale, con l’implementazione della politica dei bonus e dei crediti di imposta, ha ulteriormente complicato il sistema fiscale. L’ideale da raggiungere sarebbe che ogni contribuente possa da solo, con estrema facilità, compilare la propria dichiarazione dei redditi. Oggi come oggi è impossibile. Certamente la proposta del modello tedesco divide la maggioranza. Infatti Luigi Marattin, l’esponente di spicco di Italia Viva, conferma che nulla è ancora deciso e, rincarando la dose, ricorda come il modello tedesco è basato su una formula matematica molto complessa che non consente facilmente al contribuente di comprendere le modalità operative di calcolo. Ecco perché ritenuto un sistema troppo difficile ed opaco.
In pratica il nuovo modello cancellerebbe le detrazioni per tipologia di reddito. Così le curve Irpef sarebbero solo tre, differenziate per dipendenti, pensionati e autonomi. Tutto questo per tener conto delle diverse spese di produzione del reddito (lorde per i dipendenti, determinate in via analitica per gli autonomi e assenti per i pensionati) che oggi sono gestite con le detrazioni. Insomma attendiamo migliori proposte, quelle attuali sembrano fatte solo per confondere ed ingarbugliare ulteriormente la già difficile situazione. La futura Irpef se non sarà più semplice non porterà ad una maggiore trasparenza. C’è da giurarci.
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