I numeri sono enormi ed i bambini le prime vittime. Schiavizzati per produrre di più col minimo profitto. Tutte le nazioni del mondo che importano merci realizzate con il sangue dei minori sono complici. Italia compresa.
E’ durante il sabato pomeriggio in un centro commerciale che le dinamiche economiche e sociali della globalizzazione raggiungono la vetta. Non è il titolo dell’album di canzoni del noto cantautore romano Claudio Baglioni, pubblicato nel lontano 1975. E’, purtroppo, il giorno deputato dalla maggior parte delle famiglie a pascolare (perché la sensazione è di stare in un gregge!) nella grande fiera delle marche scintillanti di prodotti di qualsiasi tipo. Abbacinati, sedotti, rincitrulliti da luci e musica assurda, si compra di tutto e di più a prezzi convenienti. Peccato, però, che quel cellulare, quel paio di scarpe alla moda, quel giocattolo sofisticato siano il risultato dello sfruttamento del lavoro di uomini, donne e bambini del 3° mondo al servizio delle ricche e potenti multinazionali.
Ed è in questa cruenta, spietata e tragica contrapposizione tra lo scintillio delle società avanzate ed il resto del mondo, costretto a vivere (?!) in condizioni disumane, che vanno analizzati i disagi e i disastri della nostra civiltà (!?). Altro che democrazia, libertà e rispetto dei diritti umani… Parole vuote, false, ipocrite, che hanno smarrito il loro significato originario in bocca ai politici ed ai maitre à penser della cultura e dell’economie delle società del benessere!
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I fatti nudi e crudi: ogni anno muoiono 100 mila persone, di cui ¼ sono bambini, 12 milioni di bambini sotto i 14 anni lavorano nell’industria dell’esportazioni, in condizioni di lavoro disumane. Producono beni di consumo che bandiscono le nostre tavole, con guadagni miliardari delle grandi marche. Milioni di uomini muoiono in guerre provocate anche dalle grandi lobby militari e industriali. La globalizzazione imposta dal Grande Capitale e dalla Finanza ha arricchito pochi e reso ancora più poveri la gran parte della popolazione mondiale.
Anche nell’occidente democratico si subiscono gli effetti con perdita di posti di lavoro (la cronaca è ricca, purtroppo) a vantaggio di imprese che migrano in paesi, dove i costi di produzione e del lavoro sono bassissimi e con sfruttamento della manodopera, senza assistenza sanitaria e sociale. I sistemi previdenziali sono sovraccarichi ed in rosso, perché i ricchi quasi non pagano le tasse. Chi fugge dalla miseria e dalla fame viene respinto ai confini e/o lasciato affogare in mare (anche qui la cronaca docet) Chi riesce a raggiungere l’agognata meta, la società opulenta viene spinto ai margini e spesso nell’illegalità ad ingrossare le file delle mafie e dei vari gruppi criminali. La recente pandemia ha esacerbato una situazione che era, di per sé, già esplosiva.
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Ma la povertà, la guerra, il razzismo, la distruzione dell’ambiente, lo smantellamento dello stato sociale, le discriminazioni di ogni tipo, non sono frutto del caso o del destino cinico e baro. Ma, sono il risultato di precise scelte politiche ed economiche, condizionate dai grandi gruppi multinazionali, che controllano la politica, la grande stampa ed ogni sorta di mass media, orientando l’opinione pubblica.
Klaus Werner-Lobo, ricercatore dell’Istituto di ecologia di Vienna, giornalista e autore di numerosi saggi sui temi legati allo sfruttamento iniquo delle risorse terrestri, alla globalizzazione e ai diritti umani, nei suoi studi ha messo in evidenza quanto segue:
*le risorse della terra sono detenute e controllate da un ristretto gruppo di persone;
*1/3 della popolazione mondiale utilizza e sfrutta il resto delle risorse, provocando distruzione e depauperamento ecologico;
*la struttura agricola e naturale di molti paesi dell’Africa è molto più ricca di quella della gran parte dei paesi occidentali. Le loro popolazioni vivono in condizioni di indigenza perché queste ricchezze sono espropriate dalle multinazionali al soldo delle nazioni democratiche, in compartecipazione con i governi locali, spesso tiranni e autoritari. I grandi gruppi impongono monocolture agricole per il fabbisogno occidentale che provocano l’erosione del suolo. Ricorrono finanche al finanziamento di conflitti bellici per rinegoziare ad un prezzo conveniente le loro materie prime;
*per i componenti elettronici di cellulari e computer è necessario il tantalio, un metallo pregiato, estratto in anonimo rispetto al passato in condizioni disumane nella Repubblica Democratica (!?) del Congo, la cui vendita è stata, spesso, la causa di numerosi conflitti bellici;
*internet ha reso il traffico internazionale più segreto, più veloce. Da questo punto di vista, la globalizzazione imposta dalle multinazionali, rappresenta una nuova forma di colonizzazione accelerata e meno palese dei paesi poveri;
*i grandi gruppi, in seguito alle proteste sempre più frequenti dei consumatori, sono ricorsi alla responsabilità sociale di impresa, la c.d. corporate social responsabilty (CSR), per dimostrare che si fanno carico della propria responsabilità sociale ed ambientale. E’ stata solo una mera operazione pubblicitaria e d’immagine: di fatto lo sfruttamento continua immutato;
*l’industria alimentare è controllata, con forme che sfociano nel dominio assoluto, da poche e grandi aziende agrarie, chimiche e genetiche, che traggono profitto da condizioni di sfruttamento delle risorse agricole e schiavitù umana. In questo modo, centinaia di milioni di piccoli agricoltori sono spinti verso il baratro della miseria;
*le donne sono discriminate economicamente e socialmente quasi dappertutto nel mondo, subendo abusi e oppressioni molto più frequentemente degli uomini. Mentre la gran parte delle persone investite di cariche di governo e dei dirigenti d’azienda sono uomini, la povertà colpisce in misura maggiore il sesso femminile.
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E’un quadro agghiacciante: cosa si può fare di fronte al disastro e allo scempio della nostra civiltà? Il pessimismo della ragione ci suggerisce ben poco, ormai è come se viaggiassimo su un convoglio che non può che andare a deragliare! L’ottimismo della volontà ci invita a non restare inermi e inerti, di liberarci dell’apatia e pigrizia sociale, che continuano imperiture a dominare le nostre coscienze.
Si potrebbe iniziare da piccoli passi, gesti apparentemente banali, insignificanti, ma che messi insieme e nel lungo periodo possono risultare efficaci. Innanzitutto, far emergere comportamenti sobri per un consumo consapevole e non fine a sé stesso. Acquistare ciò di cui si ha veramente bisogno e non restare vittime della compulsione all’acquisto. Usufruire di prodotti locali: è più ecologico e garantisce posti di lavoro più o meno conformi a determinati standard di equilibrio sociale. Utilizzare forme energetiche alternative come le rinnovabili senza nucleare, carbone e petrolio. Diminuire il consumo di carne, che è dannoso per il clima, a causa dei processi di produzione di foraggio, ma anche per le emissioni di metano degli animali.
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Sono solo alcuni esempi, forse modesti, che servono, però, a tracciare il solco di un cammino lungo, impervio e faticoso. E’ l’unico modo, la conditio sine qua non, per evitare di perire del tutto e acquisire di nuovo un minimo di dignità umana. La consapevolezza di ogni cittadino, deve, però, essere accompagnata dal coinvolgimento di tutte le parti sociali, nessuno escluso, verso un radicale progetto di trasformazione dello status quo, prima culturale, poi politico/sociale. Ne saremo capaci? Ai posteri l’ardua sentenza.
ROMA – CONTINUANO A MORIRE DI URANIO IMPOVERITO: SONO I MILITARI INVISIBILI.