In alcune regioni, come la Sicilia, dove il fenomeno è atavico, è stato chiesto lo stato di calamità naturale. Rischi per la pianura padana.
Roma – La siccità nel Belpaese è una questione sottovalutata. La tanto attesa pioggia è arrivata negli ultimi tempi. Subito è scattato l’allarme delle istituzioni territoriali, dovuto al dissesto idrogeologico del nostro territorio a causa dell’incuria, a cui pare non si pone mai rimedio. Ma al contrario di quanto possa pensare il problema principale è la scarsezza di risorse idriche, provocata anche dalla scarsa neve su Alpi e Appennini. Sembra un paradosso, visti i danni causati da alluvioni, grandini e frane. In alcune regioni, come la Sicilia, dove il fenomeno è atavico, è stato chiesto lo stato di calamità naturale. Soprattutto in vista dell’estate in arrivo, con tutti i possibili danni per l’economia del territorio e per i servizi ai cittadini.
In Catalogna, Spagna, ad esempio, per far fronte al grave problema sono state preparate navi cisterne. La situazione italiana è a dir poco barcollante. Coldiretti, la più grande associazione di rappresentanza e assistenza degli agricoltori, ha diffuso dei dati secondo cui il livello del fiume Po si è talmente dimezzato che si parla di una prossima siccità che colpirà la Pianura Padana. Una volta il Po non era conosciuto per questi cattivi presagi, bensì per essere giunto agli onori della letteratura col romanzo di Riccardo Bacchelli “Il mulino del Po” nel 1957.
Inoltre, molti decenni dopo (dal 1996 al 2015) il fiume passò, suo malgrado, agli oneri della cronaca per la cosiddetta “festa dei popoli padani” organizzata dalla Lega Nord, in cui il suo leader, Umberto Bossi, riproponeva ogni anno il rito dell’ampolla con la raccolta dell’acqua dalla sorgente del Po. Una sorta di neopaganesimo con la venerazione del dio Po, ma qui siamo più nel campo del folklore che della politica. Ora, il più grande fiume italiano ha problemi ben più seri a cui pensare. Il fenomeno si sta manifestando anche in Piemonte, dove la mancanza di pioggia e di neve, che gioca a nascondino, stanno producendo danni alle semine, ai pascoli, all’ortofrutta e ai vigneti. Comprensibili i lamenti che giungono da quelle zone, essendo a rischio l’economia della zona.
Anche perché il settore agricolo è il più vulnerabile agli effetti del cambiamento climatico. Occorrerebbe una seria pianificazione delle gestioni idriche e progetti nel lungo periodo che non si fermino all’emergenza. Come, ad esempio, la costruzione di invasi per la raccolta dell’acqua piovana. Il Piemonte è, inoltre, vittima della scarsità di neve. A questo proposito, la Fondazione Cima (Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale) ha effettuato un’analisi sui rischio idrometereologico del nostro Paese, in cui è emerso che la carenza di acqua contenuta dalla neve ha raggiunto il 64%.
Le immagini delle montagne dal colore verde e marrone in un periodo in cui dovrebbero essere coperte dal bianco della neve, hanno confermato che i numeri non mentono. Da sottolineare l’importanza della neve alpina per l’approvvigionamento idrico italiano, in quanto alimenta il bacino del Po. Anche i suoi affluenti hanno un livello più che dimezzato, per cui se la primavera si mostrerà avara di acqua e con gli anticicloni africani sempre in agguato, l’estate e l’autunno prossimi non potranno che essere siccitosi, più degli anni scorsi. Non ci resta che sperare nell’intervento di qualche Entità soprannaturale, perché se confidiamo in quello delle istituzioni politiche hanno già dato e hanno fatto solo danni!