La nostra società è, senza alcun dubbio, complessa dunque variegata ed eterogenea, tanto da esprimere fenomeni che rappresentano il tutto e il suo contrario. Ad esempio negli USA ha sede uno dei più influenti centri di tecnologia, il Georgia Institute of Technology.
Roma – Tra le sue molteplici attività allestisce una vera e propria “kermesse” per inventori di strumenti musicali, il “Guthman Musical Instrument Competition”, dal nome del suo ideatore e con un premio per il vincitore di 10 mila dollari. Quest’anno ha vinto l’inventore di un “flauto zen”: una sorta di sintetizzatore di musica elettronica padroneggiato coi movimenti della bocca. Gli strumenti esposti vengano molto apprezzati dal pubblico, ma solo una piccola parte riesce ad essere commercializzata.
Ma la difficolta riguarda i nuovi strumenti in generale. Non si riesce più a produrne come nel XX secolo, in cui sono diventati popolari e immessi sul mercati prodotti come i sintetizzatori, le chitarre elettriche e le “drume machine”, strumenti musicali elettronici progettati per eseguire ritmi imitando il suono delle percussioni. Indubbiamente l’avvento di Internet ha cambiato il modo di produrre e ascoltare musica. Agli strumenti a corda e a fiato, infatti si sono aggiunti quelli digitali. Una ricerca condotta nel 2017 dalla “Queen Mary University di Londra ha, tuttavia, confermato le difficoltà di affermazione sul mercato di nuovi strumenti, che, alla fine, vengono suonati solo dai loro ideatori.
Secondo gli analisti pur non riuscendo ad imporsi, rappresentano, comunque, una fonte di ispirazione per successive invenzioni. L’aspetto controverso è che nemmeno gli strumenti tradizionali riescono a reggere il passo del mercato. Perché è cambiato il modo di produrre suoni. L’affermazione degli audio digitali ha generato una flessione di strumenti musicali analogici. Oggi per comporre musica vengono digitate righe di codice o creati suoni su un computer che permette la registrazione e il montaggio. Gli esperti ritengono che si tende a non valutare come veri strumenti musicali quelli digitali, solo perché non ci si può soffiare all’interno o non possono essere colpiti. Inoltre, la possibilità di produrre musica con costi molto bassi, ha reso più semplice l’utilizzo degli audio digitali, tralasciando i vecchi strumenti. Infine il fatto che la produzione di un certo suono è, di fatto, illimitata, grazie alla diffusione delle capacità tecnologiche, consente ai musicisti di utilizzare queste opzioni per arrivare ad un pubblico sempre più vasto.
Alcuni nuovi strumenti musicali sono dotati di peculiarità allettanti, ma sono pochi coloro che hanno voglia di imparare a suonarli. Naturalmente qualche mosca bianca la si incontra ancora. E’ passato allo storia uno specifico strumento, l’harpejji, un mix tra una chitarra elettrica e un pianoforte, che destò molto interesse nel 2012 al musicista Stevie Wonder, che ne provò uno durante una fiera. Da allora lo ha utilizzato in molti concerti e spettacoli, imitato da altri musicisti, suscitando un successo di pubblico fuori dal comune. L’azienda che lo produce pensa di arrivare oltre un milione di dollari di vendite quest’anno.
E’ chiaro che l’irruzione della tecnologia in ogni manifestazione umana è un dato di fatto, quindi irrimediabilmente irreversibile. Non possiamo fare granché contro la sua ferocia e tracotanza e bisogna rassegnarsi, cercando di limitare i danni. Offrirà pure la possibilità di sviluppare qualsiasi tipo di suono digitale, però ascoltare, ad esempio, un violino dal vivo o un altro strumento del passato è una sensazione unica e ineguagliabile, che penetra con intensità nella parte più intima dell’uomo. Chissà se la tecnologia potrà replicare quest’unicità.