Lo si subodorava da tempo. Strani rumori di fondo lo avevano annunciato. Dal 25 agosto, data che rimarrà negli annali, è entrato in vigore il Digital Services Act (DSA), ovvero il regolamento europeo dei servizi digitali, approvato lo scorso 5 luglio 2022. Quindi nessuna novità.
Roma – Prima o poi sarebbe successo. Eppure, a…missione compiuta è come vivere con forti brividi di paura, lame sottili che scorrono lungo la schiena. Si viene presi da uno stato d’ansia, di panico, con la sensazione di avere la gola e la bocca secche. Si avverte che la produzione di saliva cala e si fatica a deglutire, mentre la sudorazione e la tensione muscolare crescono. Ma cos’è successo di così grave da provocare simili reazioni emotive?
Innanzitutto il DSA sarà applicato prima alle grandi piattaforme online e poi, dal 17 febbraio, sarà operativo per tutte le altre. Col DSA scatta l’obbligo per le Big Tech di comunicare il numero di utenti. Inoltre, ogni sei mesi, le piattaforme online e i motori di ricerca dovranno pubblicare il numero dei loro utenti attivi nell’Unione europea. L’idea di base potrebbe essere pure condivisibile. Ovvero di controllare quanto di illegale circoli per il web. Ma di “buone intenzioni è lastricata la via dell’inferno” soleva dire Karl Marx. Per impedire reati, se ne commettono altri: rimozione di notizie giudicate false e fuorvianti, come nelle peggiori dittature o nelle peggiori distopie, in cui veniva immaginato un unico censore che decideva quello che andava bene oppure no. I peggiori totalitarismi della storia sono sorti così.
Nati con l’idea di liberare gli oppressi dallo sfruttamento, si sono trasformati in oppressori della peggior specie. E’ accaduto, purtroppo, in tutti gli Stati comunisti. Ad esempio, tanto per evidenziare qualche analogia tra il DSA e quello che succede in Stati dove la democrazia non sanno nemmeno cosa sia e i diritti umani violato quotidianamente, in Cina un sito web per accedere alla pubblicazione va registrato presso un ufficio governativo competente. La stessa cosa sta accadendo in Italia. Per pubblicare informazioni su un sito bisogna rispettare certe disposizioni e se l’attività si ripete nel tempo, c’è bisogna di avere registrazioni ufficiali. Chi trasgredisce queste regole commette il reato di stampa clandestina.
Con una sanzione che varia tra il mezzo milione di multa e i due anni di carcere. Una terminologia, quella di stampa clandestina, che “puzza” di puro fascismo, non c’è che dire. Secondo la normativa vigente italiana un sito Internet d’informazione è un prodotto editoriale soggetto, dunque, alla legislazione sulla stampa. A subirne i peggiori effetti sono quei siti che pubblicano con periodicità. Quindi anche noi. Gli intendimenti censori del regolamento europeo sono evidenti. La mannaia della censura colpisce anche quei siti sorti dalla passione dei partecipanti, spesso mal pagati o, addirittura, che lavorano gratuitamente. Il DSA e la nuova legge sull’editoria manifestano la loro tendenza alla Censura, quella con la c maiuscola.
Ovvero quella che si erge a giudice unico e supremo, senza se e senza ma. Una legge che impedisce di esprimersi liberamente sul web. E che inoltre impone ai provider, fornitori di servizi Internet, il controllo sulle attività dei siti ospitati. In caso contrario corrono il rischio di essere considerati responsabili di pubblicazioni clandestine. Questo è lo scenario per l’Italia. Alla faccia dell’articolo 21 della Costituzione, sulla quale giurano i membri del governo e a cui dovrebbero attenersi tutti i parlamentari! Lo ricordiamo giusto per renderci conto che abbiamo toccato il fondo:
“Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure”. Si resta attoniti, senza più parole, di fronte allo scempio perpetrato su uno degli articoli fondamentali della nostra Carta Costituzionale.