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Italiani, popolo di spreconi

Gli sprechi alimentari sono la contraddizione più palese delle nostre società. Da una parte, l’Occidente industrializzato e ipertecnologico che spreca cibo e, dall’altro, il cosiddetto “terzo mondo” che muore di fame e di miseria.

Roma – In Italia si sprecano in media 20 kg all’anno di cibo e a concorrervi maggiormente sono i single. L’Osservatorio Sprechi alimentari e il CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), costituiti nel 2017 da quello che oggi è denominato MASAF (Ministero dell’agricoltura, sovranità alimentare e forestale) hanno diffuso dei dati sul fenomeno. Nel 2021 gli italiani hanno sprecato 420 grammi di alimenti a settimana per famiglia, mentre nel 2018 ci siamo fermati solo a… 370. È un risultato inferiore ad altri Paesi europei quali Spagna e Germania (534), Ungheria (464) che, però, non ci deve far esultare più di tanto.

È stato riscontrato che c’è una forte correlazione tra composizione della famiglia e quantità dello spreco. A buttare più alimenti nella spazzatura sono le famiglie formate da una sola persona. Ma neppure i giovani sono da meno. Infatti, sprecano di più, a… pari merito con le famiglie più benestanti, che disponendo di più denaro, ovviamente, spendono e sprecano di più. L’analisi del fenomeno si è concentrata, anche, sulla tipologia dello spreco in Italia rispetto agli altri Paesi europei. Qui il quadro cambia: gli italiani raggiungono il primato nello sbarazzarsi di alimenti ancora intatti, raggiungendo la percentuale del 43,2%, mentre la media europea è del 31%. Ma manifestano una certa attitudine ad essere più sobri nei confronti degli “avanzi da cucina” e degli alimenti scaduti non del tutto consumati.

Al di là dei numeri, pare che la maggior parte delle famiglia si sia resa conto che gli sprechi possano sortire effetti dannosi sull’economia. Infatti più del 50% è consapevole della rilevanza sociale del fenomeno, della scarsità di cibo in alcune parti del Pianeta e degli effetti sull’ambiente. La SINU (Società italiana di Nutrizione umana, organizzazione senza fini di lucro che riunisce gli studiosi e gli esperti di tutti gli ambienti legati al settore della nutrizione) ha diffuso una serie di linee guida sulla diminuzione degli sprechi alimentari. Ne ricordiamo alcuni: pianificare il menu della settimana in anticipo, in modo da potersi regolare meglio. Importante è anche fare la spesa a stomaco pieno, non vuoto.

Fondamentale è imparare a leggere le etichette, riuscire a capire se un cibo è ancora buono può essere un ulteriore asso nella manica. Riutilizzare gli avanzi in modo creativo. Infine, continua la SINU, attenersi alla dieta mediterranea, mangiare a piccole dosi ed educare le nuove generazioni a rapportarsi con l’alimentazione in modo sano. Perché salute e alimentazione sono strettamente legate e una loro efficace relazione porterebbe dei benefici anche sulla nostra sanità che vedrebbe diminuirne i costi per le casse dello Stato.

Gli sprechi alimentari dipendono non solo dalla struttura socio-economica delle società a capitalismo avanzato, in cui produrre di tutto e di più a ritmi vertiginosi in omaggio al concetto “usa e getta” è stato il leitmotiv fondante. Ma anche per la coltre di silenzio, fino ad annullarle del tutto, che è precipitata su molte consuetudini appartenenti alla nostra tradizione popolare e contadina. I nostri nonni avevano un rapporto col cibo, soprattutto col pane, di rispetto quasi sacrale e sprecarlo equivaleva a commettere un peccato mortale. Non solo per aver vissuto periodi di carestia alimentare per la guerra, ma proprio perché era un valore introiettato nel loro modo di pensare. Perché sprecare cibo è come… sprecare le nostre vite.

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