Il potere evocativo della musica è indubbiamente grande ed è stato oggetto di uno studio psicologico i cui risultati sono molto interessanti. Musica e parole richiamano la stessa quantità di ricordi.
Roma – Ognuno di noi, sicuramente, si sarà trovato in quella magica atmosfera di sentirsi “preso” all’improvviso dai ricordi che scorrono come fotogrammi di un film. Questa sensazione è stata descritta alla perfezione da Marcel Proust, nel suo testo più noto, Alla ricerca del tempo perduto, pubblicato nel 1913. La scienza l’ha definita “memoria autobiografica evocata dalla musica” e si va ad associare agli altri tipi di memoria.
La docente di Psicologia musicale alla Durham University, Regno Unito, Kelly Jakubowski ha dichiarato su The Conversation che si tratta di un fenomeno comunissimo. The Conversation è una rete di organi di stampa senza scopo di lucro che pubblica notizia e rapporti di ricerca online, accompagnatati da opinioni e analisi di esperti. Oltre ad essere comune, sovente, è involontaria, senza che chi ne è “vittima” faccia qualcosa affinché ciò avvenga. Ed è proprio questo aspetto che ha suscitato l’interesse della psicologia e delle neuroscienze che, soprattutto, negli ultimi anni hanno effettuato studi per comprendere il potere evocativo della musica. In effetti, quest’ultima è presente in ogni fase importante della nostra vita.
Ad esempio nelle cerimonie, festeggiamenti, matrimoni, funerali e quant’altro. Ovvero quei momenti che lasciano un segno sulla vita di ognuno di noi. Non si è lontani dal vero nell’affermare che sia una correlazione tra questi momenti e la musica. Inoltre, è nota l’influenza che la musica esercita sul corpo. È facile subire l’impulso del movimento o battere con mani e piedi su una superficie in modo fitto e continuo. A dimostrazione che è notevole il suo potere di stimolare l’attenzione ed entrare nella mente. Inoltre, nelle ricerche effettuate, la musica è stata comparata con altri tipi di segnali di memoria emotiva, scelti in modo da riprodurre le stesse emozioni della musica. Sono stati, cioè, equiparati i suoni emotivi della musica con rumori della natura o parole emotive, ad esempio “tornado” e “denaro“.
È stato constatato che la musica e le parole richiamano la stessa quantità di ricordi delle parole. Ma, quelli richiamati dalla musica sono più positivi rispetto alle parole. Come ha ribadito Jakubowski: “Sembra che la musica ci sappia far riconnettere con momenti positivi del nostro passato, il che corrobora il razionale scientifico della musicoterapia”. Un altro aspetto emerso dagli studi è il peso della familiarità della musica. Più una canzone diventa consuetudinaria, più cresce la probabilità che si ricolleghi a un ricordo. Inoltre, è più incisiva nel mettere in moto il flusso dei ricordi, rispetto ad altre forme espressive come libri o film. Questo succede perché, banalmente, è più semplice ascoltare una canzone che leggere un libro o guardare un film. Infine, bisogna tener conto del contesto. Si ascolta musica mentre si è in viaggio, o si fa jogging, o, ancora, si sta riposando.
Tutte occasioni in cui la mente divaga liberamente ed è pronta a ricollegarsi col passato. Queste attività sono state allineate coi risultati di un altro studio, in cui è stato chiesto, a chi ha partecipato all’esperimento, di annotare su un diario in quale momento la musica ha sollecitato un certo ricordo. Ebbene, pare che siano le banali faccende quotidiane a mettere in moto il flusso dei ricordi involontari. Mentre quando si guarda un film o si legge un libro, la mente deve essere più concentrata e, quindi meno libera di lasciarsi andare. Sarebbe interessante scoprire i ricordi involontari della nostra classe politica. Non dovrebbero essere granché, visti i risultati.