Una strage familiare provocata dall’impossibilità di superare i gravi problemi che la vita, spesso, ci mette davanti come ostacoli insormontabili. O che almeno cosi sembrano specie per chi ha messo a dura prova il proprio equilibrio. Nulla, però, che possa giustificare un gesto cosi atroce.
L’AQUILA – Una fortissima depressione avrebbe armato la mano dell’ex primario che ha sterminato la famiglia per poi suicidarsi con la stessa pistola. Il recente addio alla professione per un contratto non rinnovato, la grave disabilità del figlio ed alcuni congiunti morti a seguito del terremoto del 2009 e per incidente stradale, avrebbero minato inesorabilmente l’equilibrio psicologico di Carlo Vicentini, 70 anni, stimatissimo ex primario di urologia all’ospedale di Teramo e docente dell’Università dell’Aquila.
Il professionista aveva da poco lasciato il lavoro nel nosocomio abruzzese, forse per il mancato rinnovo della convenzione con il locale ateneo, e da allora non era più lo stesso. L’uomo pare mostrasse uno stato di palese scoramento reso ancora più marcato e pesante a causa della grave disabilità del figlio Massimo, malato dalla nascita, attaccato ad un respiratore e in condizioni gravissime. Chi lo conosceva bene sapeva della sua sofferenza ma ad un certo punto il forte disagio psicologico ha avuto la meglio su quella che un tempo era una mente lucida e dedita a lenire i dolori del prossimo.
Una volta resi noti i risultati delle 4 autopsie, disposte dal Pm Guido Cocco, la dinamica della strage si è manifestata in tutta la sua drammaticità. Il medico avrebbe premeditato omicidi e suicidio aspettando che i suoi familiari andassero a letto prima di eseguire la mattanza nella sua abitazione di Tempera, frazione de L’Aquila, per poi suicidarsi con la medesima pistola regolarmente denunciata. Cinque in tutto i colpi sparati dalla sua micidiale P38 in quella maledetta notte fra il 29 e 30 marzo scorsi.
Secondo la ricostruzione degli eventi omicidiari e sulla base dell’esame dei cadaveri da parte del medico legale e degli esperti della polizia Scientifica di Ancona, la moglie dell’urologo, Carla Pasqua, 69 anni, funzionaria presso l’Asl 1 del capoluogo abruzzese, sarebbe stata uccisa nel sonno con un colpo di pistola al collo. Gli altri due figli, Massimo di 43 anni e Alessandra, medico nutrizionista di 36, sarebbero stati centrati alla testa.
La giovane dottoressa sarebbe stata raggiunta anche da un secondo proiettile al torace mentre tentava di sottrarsi alla furia omicida del padre ormai impazzito correndo per il corridoio di casa. Massimo è stato trovato morto sul letto, accanto alla madre. Mentre Alessandra, prima di spirare, aveva raggiunto la sua stanza dove poi è stata rinvenuta ai piedi del suo letto in una pozza di sangue come gli altri congiunti. A questo punto l’ex primario rivolgeva l’arma contro di sé e si sparava in testa stramazzando sul pavimento della camera matrimoniale.
Gli agenti della Squadra Mobile aquilana hanno poi repertato, oltre l’arma regolarmente detenuta e diversi fucili per via di un porto d’armi uso caccia di cui il medico era titolare, un biglietto scritto dall’urologo, cinque cellulari, due computer e le registrazioni delle telecamere di sicurezza della villetta. Nel foglio scritto con una grafia incerta, considerata dagli esperti grafologi “delirante”, il professionista cercava di spiegare la terribile situazione in cui si trovava, accusando in modo farneticante alcune persone che pare non c’entrino nulla con le sue problematiche mentali:
”Mi aveva detto due giorni prima della tragedia che con tutta la famiglia sarebbe andato al mare a Tortoreto – racconta Giovanni Vicentini, fratello della vittima – poi ho provato a contattarlo senza ricevere risposta. Ho solo visto che le finestre erano abbassate e ho pensato fossero già partiti. Poi con delle chiavi secondarie siamo andati ad aprire e ci siamo resi conto della tragedia”.
Pare che le condizioni del figlio Massimo si fossero aggravate negli ultimi tempi e la recente perdita del lavoro non avrebbe permesso a Vicentini di tenere sotto controllo una situazione che si prospettava del tutto negativa. Almeno cosi era convinto il bravo urologo che decideva di ammazzare l’intera famiglia per sottrarla ad ulteriori sofferenze rese realtà dalla sua lucida follia. Uno stato mentale che, come dicono gli psicologi, diventa delirio di interpretazione negli psicopatici che decidono di farla finita. I funerali della famiglia Vicentini si sono svolti il 4 aprile scorso presso la Basilica di Santa Maria di Collemaggio a L’Aquila. A distanza di diversi giorni parenti, amici e conoscenti non sanno farsene una ragione di una tragedia davvero imprevedibile.