Sì, viaggiare… senza smettere di lavorare!

La pandemia, come abbiamo appurato tutti sulla nostra pelle, ci ha cambiato la vita, stravolgendone le abitudini. Tra queste anche i viaggi, che sono sempre più connessi alle occupazioni.

Roma – Per chi ha avuto la fortuna di non perdere il lavoro, quello a distanza, altrimenti detto smartworking, è stata l’ancora di salvezza. Il lockdown ha trasformato le abitudini di molti settori. Ad esempio, in quello dei viaggi, la Transportation security administration (Tsa), negli USA ha riscontrato un dato curioso.

La domenica seguente a quella del Giorno del Ringraziamento, il 23 novembre scorso, sono state registrate ben 2,6 milioni di persone ai controlli, la cifra più alta dalla pandemia. Una conferma che la gente si è rimessa in viaggio. La TSA, com’è noto, è un’agenzia governativa statunitense, sorta dopo l’11 settembre 2001, è dedita al controllo degli aeroporti e alla sicurezza dei passeggeri dei vari mezzi di trasporto. Ebbene, dai loro dati è emerso che si sta viaggiando in modo diverso rispetto al passato. Ed un ruolo importante e decisivo in cambio di prospettiva lo sta recitando lo smartworking. Si è verificato che negli USA il grande esodo che puntualmente avveniva in alcuni periodi dell’anno, ora è stato sostituito da tanti flussi di viaggio.

I flussi di viaggio si sono modificati.

Col lavoro da remoto, ci si può spostare più o meno quando si vuole ed evitare di farlo nei giorni più intensi. Questo è un vantaggio anche per le compagnie aeree, poiché aumenta l’efficienza in risposta alla domanda che rimane regolare tutto l’anno. Con meno passeggeri, possono crescere le prenotazioni, a tutto vantaggio della fase operativa. Gli unici a rimetterci potrebbero essere i piloti ed i controllori di volo che con più viaggi, ma meno numerosi, si vedrebbero diminuire le pause. Il fenomeno è il frutto della combinazione di una serie di tendenze. Come già detto, la prima è stata la crescita del lavoro a distanza. Secondo uno studio di Deloitte, azienda inglese di consulenza e revisione aziendale, il 14% dei lavoratori lavora da remoto, 1/3 circa fuori dall’ufficio per alcuni giorni alla settimana.

Oltre a questo aspetto riguardante la riorganizzazione del lavoro, in molte persone si è risvegliata la voglia di viaggiare, che ha dato un notevole impulso al settore. I mutamenti nei viaggi sono il frutto anche del fatto che diverse persone hanno potuto lavorare a distanza mentre si trovavano in vacanza. È stato coniato il termine di “bleisure” per definire questi lavoratori-viaggiatori: ovvero una sintesi tra business e leisure, lavoro e piacere. Questi cambiamenti ne hanno provocato altri da parte delle aziende del settore viaggi. Ora si cerca di comprendere se ci si sposta per lavoro o per piacere, in modo da poter modificare i prezzi. È stato notato che chi si sposta per piacere tende a risparmiare, mentre chi lo fa per lavoro è disposto a spendere di più, perché quello che conta è la flessibilità.

Ora è possibile lavorare anche in posti prima impensabili.

È molto probabile che le loro entrate siano consistenti, perché se sei flessibile e guadagni poco, il ragionamento perde la sua validità. È come se i lavoratori si fossero liberati dalle catene dell’ufficio una volta avuta la possibilità di poterlo essere da remoto. In questo modo potrebbero contribuire a trasformare non solo il tempo delle vacanze, ma tutta l’economia che gira intorno ai viaggi. Nella speranza che non si vada incontro ad altri tipi di catene! Nel senso che il viaggio, sin dai primordi, ha rappresentato per l’uomo un modo di cambiare. Una trasformazione che avviene quando si hanno di fronte i tanto agognati nuovi luoghi e si stabilisce un contatto con persone e culture diverse. A volte è una fuga, una ricerca di libertà o semplice voglia di evasione. Ora, i cambiamenti in atto nel settore possono diventare un nuovo business e i mercanti, fiutando l’affare, ne possono approfittare creando nuove catene dorate.

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