Belice – Una ricostruzione lunga 55 anni

La valle del Belice è stata ricostruita male e in tempi abnormi. E il salasso, per i cittadini italiani continua ancora con un prelievo di circa mezzo centesimo di euro per ogni litro di carburante, tanto per parlare di accise. Mafia, imprenditoria criminale e una certa politica collusa ringraziano.

Trapani – Alle 3 del mattino del 15 gennaio 1968 la prima terribile scossa di magnitudo 6.1, di seguito tutte le altre, e fu la catastrofe. Rasa al suolo la Valle del Belice, in Sicilia. Ingoiate nella viscere della terra Gibellina, Salaparuta e Poggioreale. Quasi del tutto distrutte Santa Margherita Belice, Santa Ninfa, Montevago e Partanna, paesi considerati non sismici.

Interi paesi rasi al suolo

Il 90% del patrimonio edilizio rurale subiva danni irreparabili con gravi ripercussioni sull’economia esclusivamente agropastorale della vasta area collinare isolana. Sulla gravità del danno pesarono le peculiarità costruttive e la vetustà degli edifici, realizzati in pietra squadrata con poca malta cementizia e di pessima qualità, l’assenza di collegamenti tra le parti strutturali e fondazioni inadeguate.

Dopo la prima scossa, anticipata da lievi movimenti tellurici giorni prima, e le decine di repliche si contarono circa 400 vittime, più di 1.000 feriti e circa 90.000 sfollati dall’area più vicina all’epicentro. I morti potevano essere di più se la popolazione non fosse uscita di casa durante le prime lievi scosse decidendo di dormire all’addiaccio o in auto dunque lontano dai centri abitati che si sgretolavano come pasta frolla.

Le tendopoli di mezzo secolo fa priva di riscaldamento e climatizzazione

Il 25 gennaio successivo, alle ore 10.52, una replica repentina e inattesa, dell’8° grado Mercalli, travolse una squadra di soccorritori provocando la morte di un vigile del fuoco. L’ennesimo tremore provocò danni a Sciacca, Palermo ed Agrigento dove si svuotarono scuole, uffici e case e si tornò a dormire ancora una volta all’aperto. Subito dopo le prime tendopoli, qualche infermeria da campo della Croce Rossa e le mense militari gestiti dai generosi vigili del Fuoco ma anche da soldati, carabinieri, poliziotti, finanzieri e guardie di città.

Dopo la corsa alla solidarietà, alla raccolta di fondi e generi di conforto si passava ai primi villaggi d’amianto dei quotidiani “Il Tempo” ed “Il Messaggero” sino alla prima ricostruzione dei centri distrutti. Una ricostruzione dove tutti hanno lucrato: politica e mafia. Prima di cedere il passo al mega-smaltimento dell’asbesto che ha causato più vittime di quante non ne abbiano provocate terremoto e stragi di Cosa nostra.

Santa Margherita Belice, la ricostruzione con ampi spazi ma nulla che servisse all’economia locale

Quando si pensa al Belice non si può non pensare a L’Aquila, Amatrice e ai rovinosi terremoti del Centro Italia. Paesi spazzati via dalla calamità naturale che non perdona. Una tragedia immane che avrebbe potuto provocare meno cadaveri se il Belice fosse servito da insegnamento e invece no. Gli stessi scandali, le medesime speculazioni seguite da inchieste e lungaggini burocratiche di ogni tipo.

Le stesse che hanno fiaccato la volontà di cinque generazioni di Siciliani che si sono succedute nelle baracche per non parlare di altre baracche, quelle di Messina, che solo recentemente sono state dismesse dopo oltre un secolo dal catastrofico sisma del 1908. La valle del Belice è stata ricostruita male e in tempi abnormi. E la ricostruzione continua ancora con un prelievo di circa mezzo centesimo di euro per ogni litro di carburante, tanto per parlare di accise.

Il Cretto di Burri a Gibellina: opere d’arte al posto di servizi per la collettività e architetture rurali

Un fiume in piena di soldi e ancora soldi per ri-costruire paesi di cemento armato eretti con strane architetture che hanno disegnato ampie piazze e slarghi inutili. Villette al posto delle stalle, piazze ampie come stadi al posto di capannoni per il grano, opere d’arte al posto dell’edilizia popolare, cattedrali nel deserto al posto di servizi efficienti e beni collettivi.

Sprechi e affari illeciti di cui è difficile quantizzare gli importi ormai sfuggiti al controllo di chiunque. La tragedia, quella del Belice, che più di tutte si è trasformata in appalti pubblici, in larga parte truccati. E il drammatico copione che si ripete, magari sino al prossimo terremoto, facendo corna:

I costi della Valle del Belice a cui si debbono aggiungere accise e i fondi di Enti locali e privati

”È nostro dovere etico e morale – ha detto Gaetano Galvagno, presidente dell’Assemblea regionale siciliana –  onorare la memoria di chi ha perso la vita nel tragico terremoto che ha inghiottito la Valle del Belice cinquantacinque anni fa. Questa tragedia è stata da monito, nel corso del tempo, a una maggiore attenzione normativa per l’edilizia. Purtroppo, non basta. La memoria dissociata dall’azione per cambiare le cose rischia di diventare un mero esercizio retorico…”. Nulla è cambiato.  

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