Il countdown è già partito. Fra meno di 48 ore sapremo di che morte dovremo morire. Il nuovo governo dovrà assolvere a compiti estremamente gravi, indifferibili, urgentissimi, per assicurare una vera ripartenza al Bel Paese che sta per cadere nel baratro. Chi di speranza campa, disperato muore?
Roma – Sulla questione di un secondo mandato a Palazzo Chigi Draghi continua ad essere molto chiaro: si dichiara non disponibile a continuare l’esperienza governativa. Ma tale chiarezza è stata recepita, volutamente, da alcuni leader che hanno continuato, sino a ieri, a proclamare l’ex presidente della Bce come futuro premier.
Uno slogan che, in ogni caso, ha davvero infastidito, soprattutto alla luce di come è stata gestita la crisi politica. Nessuno ha veramente voluto salvare l’attuale governo dalle intemperie parlamentari, dunque che la politica si appropri delle proprie prerogative e delle conseguenti responsabilità e la smetta di invocare sempre competenze esterne. Che non solo la delegittimano ma non giustificano più il ricorso alle urne se, come pare, non serve al cambiamento. Cambiare si può, anzi di deve, per il bene del Paese. Le emergenze da affrontare non mancano, pertanto che il senso del dovere prevalga. Chi verrà eletto non potrà stare in seconda o terza fila facendo finta di essere lì per caso.
Un sussulto di orgoglio è necessario, ma anche competenza e mitezza dovrebbero essere le prime linee guida da possedere. Il resto viene dall’umiltà, non certo dall’arroganza. Il prossimo anno si prevede una mezza recessione, ma la cosa importante è l’equilibrio dei conti. Per il presidente del Consiglio le risorse ci sono, quello che conta è che le riforme continuino, perché è quello l’ambiente favorevole per la crescita. La specifica questione se rivedere o meno il Pnrr è stato il tema più discusso in campagna elettorale, bisogna però cercare di comprendere se si può rivedere ciò che non è stato bandito, ma siccome è stato quasi tutto fatto, c’è poco da rivedere.
Questo è almeno il pensiero di Draghi, poi se ci sono progetti che possono essere sostituiti con altri non sarà certo un problema. Ma la situazione non può, come sta avvenendo, essere considerata da un punto di vista ideologico, piuttosto va affrontata in maniera pragmatica. Da quando c’è stata la possibilità del Pnrr è cambiato tutto e molti progetti sono andati avanti. In ogni caso la campagna elettorale non si è fermata nel tentativo di galvanizzare il proprio elettorato e convincere i più riottosi ad andare a votare per il proprio partito o coalizione.
Purtroppo, o per fortuna, dopo il 25 settembre, chiunque vinca non si occuperà un solo istante di tutti i temi propinati ai cittadini. Dovrà affrontare il grande inverno, come diceva una serie tv. La gelata sulla produzione industriale e i prezzi fuori controllo saranno un problema da trattare con grande serietà e visione. Tutto il resto segue. Da poco Confindustria ha stimato tre punti percentuali di minor Pil, nel solo biennio 2022-2023.
La situazione è più grave del previsto. Le imprese non sanno cosa succederà domani, ma sanno che oggi non riescono a produrre con questi costi dell’energia elettrica e del gas. In America e in Asia nulla di tutto ciò sta avvenendo. Tanto che i cassetti dei nostri imprenditori sono pieni di ordini a cui non possono rispondere, poiché produrre in Italia talvolta è diventato impossibile per mancanza di materia prima, o perché semplicemente troppo caro.
Ecco perché sarebbe necessario uscire dalle gabbie elettorali e parlare con franchezza alla gente, senza alzare muri, ingenerare paure o attenuare i rischi di un ulteriore impoverimento di molte classi sociali, già allo stremo delle forze. Ormai il dado é tratto. Vediamo che cosa succederà domani.