I giorni passano e ci avviciniamo inesorabilmente alle elezioni politiche del 25 settembre. La destra passa in pole-position nei sondaggi nazionali mentre arriva l’endorsement della signora Clinton. Il futuro del Paese rimane un’incognita.
Roma – Le politiche del 25 settembre si avvicinano. Tutti coloro che strategicamente sentendo odore di vittoria del centrodestra ed in particolare della Meloni attenuano i propri giudizi negativi sulla leader di FdI. La Meloni sembra in pool position per occupare, se i dati lo confermeranno, la poltrona di presidente del consiglio. Deciderà Mattarella. Anche Draghi, però, come la signora Clinton, fa l’endorsement nei confronti dell’eventuale prima donna italiana Premier. Una sola frase spiazza tutti partiti di centro e di sinistra, riacquisendo la centralità della politica italiana.
È bastata una semplice battuta. Una sola frase ha legittimato l’eventuale vittoria e premierato di Giorgia Meloni, per annichilire tutti i sostenitori della famosa “Agenda Draghi”, mai posseduta e peraltro smentita dallo stesso interessato. “…Chiunque vincerà porterà certamente a termine i progetti del Pnrr…”, ha dichiarato qualche giorno fa il Primo ministro. In soldoni piena legittimità ed agibilità politica ad un futuro Governo Meloni. D’altronde che ci sia un filo rosso che lega l’ex presidente della Bce e la leader della destra italiana è cosa di cui si parla da tempo. Magari per favorire favole su intrighi ed aumentare il gossip politico. Nel frattempo l’opposizione ha portato avanti rapporti istituzionali, di cui adesso forse si raccolgono i risultati, anche se sembrano frutto avvelenato.
Giorgia Meloni, in sostanza, ha cercato e trovato sponda in Draghi, interessato affinché il suo Piano arrivi a termine. Così è arrivata la frase che ha spiazzato i concorrenti, a cui si è aggiunta anche Hillary Clinton, non certo una pericolosa sovranista d’oltre Oceano. L’ex First Lady della Casa Bianca, ancora punto di riferimento dello schieramento democratico americano, nel corso della sua recente visita in Italia ha accettato di dare un giudizio sulla presunta vincitrice delle elezioni. Infatti, tra la sorpresa generale di tutti i leader, niente paragone Meloni-Trump accumunandoli nel giudizio negativo. Al contrario la Clinton le ha offerto un’apertura di credito non da poco. “…Meloni premier…? Non va giudicata prima, ma su quello che sarà capace di fare al Governo…”.
Il messaggio è chiaro: la finanza internazionale e i democratici americani non temono che l’Italia abbia un governo di destra con una Premier donna. Gli unici così a temerlo sono il Pd ed i diversi altri partiti e movimenti che tentano di rallentare la corsa per Palazzo Chigi della leader di FdI. I dem, in crisi d’identità, temono per le loro sorti, anche se mascherate dall’interesse italico. Il vero problema intanto è con molta probabilità la perdita del potere acquisito negli anni, a causa della prolungata permanenza al governo. La resa dei conti, dal 26 settembre, in casa del Partito democratico nazionale ed anche della Regione siciliana, appare inevitabile. Ormai è un evento ciclico che si va sempre più restringendo ed atteso senza alcuna emozione.
In ogni caso la strategia di Letta si è spuntata immediatamente in occasione delle elezioni nazionali e nella costruzione delle alleanze. Il centrosinistra poteva essere veramente competitivo se avesse saputo, o voluto, mantenere l’alleanza con il M5s ed il terzo polo di Calenda e Renzi. Ha preferito la sinistra e Di Maio con l’inossidabile Tabacci, utile per tutte le strategie anche se ne ha portato a termine ben poche di operazioni di palazzo ed elettorali con successo. Ma poiché l’attuale sottosegretario alla presidenza è personaggio che sa muoversi tra le pieghe del potere, anche se questa volta sembra più difficile superare l’ardua impresa della percentuale di accesso alla distribuzione dei seggi, spera in altre promozioni.