I Dem in Sicilia accolgono in lista tre rinviati a giudizio nella giunta Bianco. Dopo la battaglia della Chinnici i tre si dimettono e cambiano lista. Credibilità del Pd in discesa libera.
Roma – La questione morale è sempre stata una vicenda seria ma dai risvolti patetici. Almeno quando viene utilizzata solo per indicare la debolezza altrui ed esaltare, invece, la propria superiorità. In questo caso della sinistra, ma in modo strabico. Una vera stupidaggine tant’è che anche Claudio Fava, per le elezioni in Sicilia, si scontra con l’intransigenza di Caterina Chinnici ed assolve per la “tenuità dei fatti contestati” chi dovrà essere ancora giudicato. Proprio Fava, già presidente della Commissione regionale antimafia, che sino a poco tempo manifestava il suo solito, focoso giustizialismo da leader dei “cento passi”.
Certo è che tutto sarebbe filato liscio se nessuno avesse sollevato il caso dei tre politici siciliani del Pd. “Rischiamo facilmente di farci del male…”, ha affermato qualche dirigente del Pd catanese, ma il vero nodo è che non si possono giudicare perennemente male gli altri e non accettare le incongruenze insite dentro il proprio partito proclamandosi dispiaciuti sic et simpliciter. Due pesi e due misure che fanno rumore tra i democratici. Come le candidature di Bosco e Villari alle regionali e dall’altro lato quella di Scialfa come capolista nel plurinominale. Tutti e tre rinviati a giudizio per falso ideologico come ex assessori della Giunta Bianco. I primi due censurati e la terza promossa. Chissà perchè…
Da censori regionali, dunque, a revisionisti nazionali il passo è stato breve e veloce tra i dem. Proprio questo atteggiamento il partito di Letta ha allontanato e continuerà ad allontanare tanta gente delusa da simili divergenze “di parte”. I giudizi sono sempre pericolosi e molte volte ricadono addosso e fanno perdere di credibilità e lucidità.
Il nemico è stato visto sempre fuori casa, almeno da coloro che per esaltare il ruolo di alcune amministrazioni sentono ancora il dovere di denigrare ed offendere gli altri, utilizzando la delegittimazione come arma politica. Purtroppo non si guarda mai all’interno della propria bottega, ma se lo si facesse sai quanta immondizia da spazzare?
Nessuna giustificazione può bastare per i fustigatori seriali, specialmente sui social, soprattutto quando latita la coerenza, il rispetto, la carità, l’uguaglianza, la competenza e lo stile. Quanta ipocrisia, dunque, ma non basta nascondere la polvere sotto il tappeto per potere dire che casa è pulita.
Ormai la faccia del puritanesimo si è scontrata con tante maschere che “predicano bene ma razzolano male”. Questa è una verità assoluta e non serve certamente per rendersene conto guardare fuori dal proprio orizzonte politico. Enfatizzare le disgrazie altrui, minimizzando quelle vicine a noi, non è mai un buon biglietto da visita. La rispettabilità vale sempre e per tutti. Garantisti si è indipendentemente dal colore politico e non solo a corrente alternata.
Pur avendo il massimo rispetto per il dolore di ogni imputato sui social si continua ad inveire e giudicare l’avversario politico senza alcuna “pietas” ed a difendere la propria “bottega” colpita dalla mannaia della radicalità. Ciò non è mai stato prudente ma, purtroppo, da troppi assistitiamo al gioco squallido della denigrazione “tout court”. L’intransigenza, infatti, colpisce ancora e questa volta dalla parte dei cosiddetti moralisti che hanno sempre distinto i buoni dai cattivi con un “manicheismo” che adesso si abbatte inesorabilmente su coloro che vengono definiti impresentabili.
Nessuna condanna, solo un procedimento penale in corso, ma già la mannaia del discredito è calata inesorabilmente sui candidati, marchiandoli anzitempo. Il risultato è stato che Bosco e Villari hanno ritirato le proprie candidature nel Pd per le elezioni in Sicilia. Si sono dimessi da ogni carica di partito e si sono candidati nella lista “Sicilia Vera”, condividendo il progetto civico di Cateno De Luca. Caterina Chinnici ha vinto la sua battaglia, ma è solo l’anticamera della sconfitta di un partito in cerca di identità. E che non riesce a volare alto nemmeno per fare valere il proprio statuto.