I risultati delle amministrative non hanno incendiato la polveriera del governo, i partiti più riottosi hanno viste ridimensionate le loro aspettative. Adesso godiamoci qualche discutibile interrogazione parlamentare in attesa del ballottaggio.
Roma – Gli effetti delle elezioni amministrative non si sono ancora non del tutto esauriti a causa del prossimo ballottaggio in alcuni comuni. Difficilmente si arriverà a una crisi istituzionale, richiesta a gran voce da Giorgia Meloni agli alleati del centrodestra. Il maggiore pericolo potrebbe derivare da Lega e M5s, che cercheranno di alzare l’asticella del governo per fare sentire la propria presenza con una serie di interventi populisti.
Lascia perplessi l’interrogazione di alcuni europarlamentari del Pd sul presunto viaggio a Mosca dell’ex ministro dell’Interno, che appare del tutto pretestuoso e strumentale. E che non si farà. Per quanto riguarda la sventolata uscita dal governo da parte di Conte e di Capitan Matteo si ritiene non avverrà, almeno a breve.
Una crisi non si apre mai sull’onda di una sconfitta. Almeno per logica, anche se il leader leghista continua ad affermare che la colpa del calo dei consensi sia da attribuire proprio al sostegno a Draghi.
D’altronde anche il tentativo fallito di Salvini nell’estate del Papeete, alcuni anni addietro, cavalcava la schiacciante vittoria alle europee con il 34%. Pertanto è più probabile che i due leader sconfitti alle urne, pur non avendo la forza politica di spezzare la corda, accentueranno nelle prossime settimane un clima di apparente rivolta verso l’esecutivo. Insomma, turbolenze in arrivo. Non una vera crisi, ma si prevedono piogge di critiche al governo Draghi.
Altro dato importante è la confermata legittimità dell’elezione di Giuseppe Conte a presidente del M5s. La notizia è arrivata dal Tribunale di Napoli e fa tirare un bel respiro di sollievo all’ex premier. Il giudice Loredana Ferrara ha respinto il ricorso presentato da un gruppo di attivisti contro le modifiche allo statuto grillino e la riconferma della guida di Conte tramite voto degli iscritti sulla piattaforma Skyvote. Votazione ripetuta a marzo scorso dopo che lo stesso Tribunale di Napoli aveva annullato quella avvenuta ad agosto 2021.
Motivazioni giuridiche a parte, il dato politico è chiaro. La nuova decisione blinda Conte a capo del movimento e rende più difficili le manovre interne per indebolirlo o sostituirlo con una leadership più atlantista e vicina al governo Draghi.
Certo a pesare è anche la cocente sconfitta alle comunali, che hanno dimostrato l’evaporazione del M5s sui territori, anche nella roccaforte siciliana di Palermo, dove il movimento si ferma sotto il 7%. Per questo la prima reazione di Conte è stata la nomina di 20 responsabili regionali per il rilancio del “nuovo corso”.
Ad ogni modo nei prossimi giorni il presidente riconfermato avrà più serenità nell’affrontare il difficile passaggio del voto degli iscritti sulla importante problematica del limite di due mandati. Se la regola venisse riconfermata escluderebbe dalle prossime liste elettorali buona parte della classe dirigente, a partire dal presidente della Camera Roberto Fico e dal ministro degli Esteri Luigi Di Maio, principale competitor interno di Conte.
Anche in vista della composizione delle liste, tra il taglio dei parlamentari e il crollo del M5s nei consensi, della truppa di oltre 300 eletti potrebbero rientrarne nel 2023 solo una cinquantina. E se tutti i posti andranno ai “contiani” e alle new entry, tanto vale tentare la fortuna di un nuovo movimento politico. Potrebbe essere proprio questo il ragionamento degli eventuali esodati grillini dal Parlamento.