Il terzetto di presunti assasini, rei confessi, hanno agito con fredda determinazione credendo di farla franca. Il crimine, ovviamente, non paga e adesso avranno un gran da fare i loro avvocati per tentare una difesa praticamente impossibile. Di Laura Ziliani rimane il ricordo di una donna, già duramente provata dal destino, che voleva dare un futuro a tutta la famiglia. Ma c’èra chi voleva tutto e subito.
Temù – Dopo la confessione dell’omicidio da parte di Mirto Milani anche le due figlie della vittima ammettono il matricidio. Sembra un film dell’orrore il racconto, preciso e dettagliato, riferito agli inquirenti bresciani dal giovane musicista, fidanzato con una delle figlie di Laura Ziliani, 55 anni, l’ex vigilessa sparita e uccisa l’8 maggio dell’anno scorso. Le sue parole fanno accapponare la pelle:
”…Le abbiano dato i farmaci, poi le abbiano messo un sacchetto in testa e lo abbiamo chiuso – ha rivelato Milani – Laura non moriva e io e Silvia le abbiano stretto le mani al collo…”.
Il terzetto criminale avrebbe agito secondo un piano prestabilito e studiato nei minimi particolari anche se dopo più di qualcosa non è andata per il verso giusto. Lo stesso medico legale, dopo l’autopsia, era giunto alla conclusione che la donna, una volta stordita, fosse stata soffocata con un cuscino.
Un’ipotesi, seppur plausibile e comunque dall’esito letale per soffocamento, risultata difforme dalla tremenda realtà dei fatti. Sarebbe stata la più grande delle figlie della vittima, Silvia, a strangolare la madre con le proprie mani. La giustificazione che hanno dato entrambe le sorelle indagate per quell’atto scellerato è stata davvero assurda: le due germane sarebbero state considerate dalla madre come due giovani inette, inferiori, sbagliate e inadeguate.
Laura, invece, era una donna in gamba, attenta al fisico e all’attività sportiva, che non avrebbe perso occasione per insultarle rimproverandole per la loro sciattaggine e per l’evidente sovrappeso che le abbrutiva. Silvia e Paola hanno aggiunto davanti ai magistrati che il rapporto fra madre e figlie era compromesso già da tempo.
Insomma un’immagine da madre-padrona che certo Laura Ziliani non meritava e che, comunque, non può in alcun modo giustificare una morte cosi brutale con tanto di prove prima dello spettacolo finale. Quasi un mese prima del delitto i tre presunti assassini, ormai rei confessi, avevano narcotizzato la povera Laura con una benzodiazepina simile al Valium, facendole bere una tisana. La donna aveva dormito per 36 ore di fila e ne aveva parlato oltre che con il compagno anche con una sua amica, descrivendo nei particolari lo strano episodio mai accaduto prima.
Come avevano ipotizzato gli inquirenti quella non era altro che una prova generale del successivo atto criminale che si sarebbe verificato esattamente per come era stato previsto dai tre balordi:
”… Quando ci incontrammo di persona il lunedì successivo arrivai persino a dirle che l’avevano avvelenata – racconta Riccardo Lorenzi, compagno della vittima, sentito a verbale il 12 giugno 2021 – lei si arrabbiò per la mia affermazione…Laura mi disse che dopo una cena con Silvia, Paola e con Mirto, si era adagiata sul divano e si era addormentata. Solo dopo essersi svegliata alle ore 12.30 circa, le figlie le avevano raccontato che si era assopita sul divano e, al momento di andare a letto, non erano state in grado di svegliarla. L’avevano quindi accompagnata di peso sino al letto dov’era stata anche spogliata e le avevano messo il pigiama. Laura non ricordava nulla. Mi disse di non sapere che cosa fosse accaduto e di non sentirsi bene…”.
Ma c’è di più. La fossa scavata nel bosco di Temù, poco distante dal greto del torrente dove era stato ritrovato il cadavere, era destinata a Laura per nasconderne il corpo senza vita. La buca, però, era risultata troppo stretta dunque i tre presunti criminali avevano deciso, in corso d’opera, di trasferire la salma poco distante dove poi veniva rinvenuta. Il movente, prove alla mano, è stato quello economico.
Laura Ziliani non avrebbe lasciato la casa vacanze in mano alle figlie, men che meno all’improbabile futuro genero. Dunque per Mirto e le due sorelle acquisire il patrimonio della donna diventava un’impresa impossibile. L’unico modo per entrarne in possesso era la morte di Laura. Una morte che, però, non destasse sospetti. Da qui tutta una serie di depistaggi confermati dalle intercettazioni telefoniche e ambientali. Dopo il carcere preventivo le confessioni. Adesso il processo.