I nostri dati sensibili sono a rischio? I pagamenti elettronici si sono dimostrati un comodo strumento, resta da capire quanto siamo disposti a cedere in materia di riservatezza dei dati sensibili. Ormai il grande occhio sa perfettamente tutto ciò che facciamo, ma è giusto cosi? In certe situazioni diremmo proprio di no.
Roma – Non sempre la trasparenza si coniuga con la privacy. Il Grande Fratello controlla tutti e ci sorveglia. Le innumerevoli battaglie e le molteplici richieste di tutela al diritto alla riservatezza delle informazioni personali e della propria vita privata sembrano un ricordo lontano, quasi nostalgico. Anche lo struscio delle banconote sembra appartenere ad un periodo quasi preistorico. Di secoli fa.
È un duro colpo per la privacy. Il diritto costituzionale alla riservatezza è crollato. La Pubblica amministrazione può sapere ogni cosa del singolo cittadino, e sarebbe buona cosa se ci fosse accortezza. Con gli ultimi provvedimenti approvati dal governo entrano in vigore anche nuove norme che, con la scusa della lotta all’evasione fiscale, aprono al monitoraggio di ogni nostra abitudine. Anche la più banale.
La scelta del governo su pagamenti e carte di credito diventa sempre più una tenaglia che rischia di soffocare diritti e libertà. Sembra una vera e propria caccia all’uomo sempre più serrata. Specialmente dopo l’introduzione della doppia sanzione di 30 euro più il 4% del valore della transazione rifiutata, a decorrere dal 30 giugno, per i commercianti che non vogliono utilizzare il Pos elettronico.
L’obiettivo del governo sarebbe quello di scovare l’evasione fiscale più frequente, ossia quella realizzata senza l’emissione di scontrini, fatture e ricevute. A tal fine, il Fisco esigerà l’invio obbligatorio di tutte le transazioni avvenute con moneta digitale. Ma non solo.
L’interesse è concentrato anche sul semplice prelievo effettuato presso gli sportelli bancomat. Si potranno monitorare in modo più assiduo e dettagliato gli spostamenti sui conti correnti e i movimenti delle carte di credito. È come se il governo avesse istituito una sorta di “anagrafe dei conti correnti”.
I nuovi controlli potranno essere svolti con fin troppa disinvoltura da parte degli organi di vigilanza competenti. Saranno verificate le abitudini degli italiani relative soprattutto all’utilizzo del bancomat. Con il decreto Pnrr il governo ha introdotto una nuova stretta, eliminando ogni vincolo sull’invio giornaliero dei dati sui pagamenti con Pos.
È stato anche chiarito che il rispetto della privacy dei consumatori sarà garantita, dato che non saranno indicati gli estremi degli utenti, in modo da non rendere visibili preferenze e tipologie di spese. L’Erario non intende vagliare i dati sensibili di chi effettua acquisti, ma solo i dati di chi vende beni o servizi non pagati con denaro contante. Il dubbio rimane. In ogni caso quando scatterebbe l’allarme?
Gli esperti spiegano che il parametro sarà quello di valutare la media dei prelievi effettuati da un utente nel corso degli anni. Con l’analisi delle attività con bancomat le autorità potrebbero intervenire con preavviso nel momento in cui si verificano due casi estremi. Il primo caso, com’è facilmente intuibile, si verifica quando vengono effettuati troppi prelievi ravvicinati. Ma l’avviso scatterebbe anche quando ne vengono registrati troppo pochi rispetto alla media standard ricavabile dalle abitudini familiari e di lavoro.
Questa nuova carrellata di controlli e verifiche comporterà una serie di accertamenti da parte dell’Agenzia delle Entrate. In pratica una intromissione che appare abnorme e troppo discrezionale da parte della P.A. Specie se si pensa alla mole di abusi impuniti, spesso sotto gli occhi di tutti.