Elezioni regionali, i risultati offrono chiavi di lettura rivelatrici

Il day after delle elezioni regionali di Lazio e Lombardia, con la netta vittoria del centrodestra, conduce a diversi scenari politici. Ci si interroga anche sull’enorme astensionismo e sul mutamento dell’elettorato.

Roma – Da un attento esame dei risultati elettorali nel Lazio e in Lombardia si notano particolari che denotano come la vittoria dei nuovi governatori e lo smottamento delle opposizioni, riconducibili al centrosinistra, offrano una chiave di lettura interessante. A Roma sono solo quattro i municipi che possono attribuirsi al centrosinistra, mentre tutti gli altri vanno al centrodestra. È questo il dato che emerge, andando a vedere i risultati dell’ultima tornata elettorale nei quindici municipi della Capitale. In pratica il voto romano mostra percentuali in alcuni casi inattese e comunque spesso distanti dai risultati che hanno decretato, come una sorta di plebiscito, la vittoria di Francesco Rocca.

Il centrosinistra ha mostrato di tenere nelle sue storiche roccaforti, come nel municipio della ZTL, nel II e poi nell’VIII. Però, anche in questi territori, per il centrosinistra vi è la sorpresa che il Pd non è il maggiore azionista della coalizione, almeno nei “fortini” più centrali. In sostanza non è più il primo partito, soprattutto in questa fase congressuale, del dopo Letta. La fotografia è nitida, i dem non sono riusciti a vincere neppure nei territori che hanno sempre governato, per il semplice motivo che, almeno in quei luoghi, sono più forti i suoi alleati e soprattutto il Terzo Polo che viaggia tra il 9,5% nel primo municipio ed arriva in doppia cifra nel secondo, cioè al 10,88%. Infatti, sempre nei territori amministrati dal centrosinistra, un alleato che va in doppia cifra è quello della lista Verdi e Sinistra, nel municipio VIII, dove raggiunge il 10,72%.

I tre candidati del Lazio: D’Amato, Rocca e Bianchi.

Il Movimento 5 Stelle nel comune di Roma è andato meglio che nelle altre circoscrizioni in cui si è andati al voto. Il centrodestra, con Fratelli d’Italia primo partito in tutti e 15 i municipi, fa registrare la migliore performance nel municipio VI, attualmente già amministrato dalla coalizione. A Milano, invece, alle elezioni regionali, dominate dal governatore uscente Attilio Fontana, il vero vincitore, analizzando i dati della città, è Pierfrancesco Majorino. Sotto la Madonnina, infatti, il candidato del centrosinistra, sostenuto apertamente dal sindaco Sala, ha vinto la sfida con il riconfermato governatore. Una città che si può definire in controtendenza, in quanto il risultato non mostra crepe ed è chiaro, Majorino supera il 46%, mentre Fontana si ferma al 38%.

Ottima nel capoluogo lombardo anche la prova della Moratti, che conquista poco meno del 14% delle preferenze. Una buona performance. Insomma, in città il centrosinistra resiste e anzi supera il centrodestra. Il primo partito, infatti, è il Pd con il 27,61%, mentre Fratelli d’Italia a Milano si ferma intorno al 20%, con la Lega che è poco sopra il 7% e Forza Italia al 6%. Buono anche il risultato della lista Moratti presidente con oltre il 7% e di Azione Italia Viva, che supera il 6%. Per Letizia Moratti, però, la fotografia più immediata è quella di una sconfitta, restando fuori anche dal consiglio regionale, perché arrivando terza non ha il posto garantito nell’emiciclo.

Pierfrancesco Majorino e Attilio Fontana, candidati per le regionali Lombarde.

Qualche sorpresa si evidenzia anche nell’hinterland milanese. La più grossa a Sesto San Giovanni, la cosiddetta ex Stalingrado d’Italia, guidata dal leghista Roberto Di Stefano, che è al suo secondo mandato. Anche qui Majorino, con il 48,06%, batte Fontana, che rimane al 41%. Certo è che l’ottimo risultato di Majorino, nella città di Milano, rappresenta forse un motivo in più per avviare un’opposizione propositiva e combattiva nei confronti della giunta Fontana. In ogni caso, verificando i dati delle elezioni regionali viene fuori una insolita istantanea milanese e cioè che la sinistra è votata dalla borghesia e meno dalle fasce deboli e sofferenti, che hanno perso da molto tempo l’interlocutore di riferimento.

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