Vuoi fare il capo? No, grazie! La Generazione Z non ama i lavori dirigenziali

I giovani preferiscono benessere e crescita personale alla carriera manageriale: meno stress, più qualità di vita.

La Generazione Z, i nati nella seconda metà degli anni ’90 e il primo decennio degli anni 2000, è la prima ad essersi sviluppata potendo godere dell’accesso ad Internet sin dall’infanzia, perciò avvezza all’uso della tecnologia e dei social media, che incidono per una parte significativa sul suo processo di socializzazione, è stata definita anche “nativi digitali”. E’ stato evidenziato il mutamento del loro paradigma culturale rispetto alle generazioni passate. Ad esempio, si è manifestato un certo rifiuto dei ruoli dirigenziali nelle aziende.

Questo fenomeno, definito “Conscious Unbossing” (senza controllo cosciente), ossia il desiderio di sfuggire ad una rigida gerarchia e a funzioni gestionali spesso oberate di carichi lavorativi opprimenti e allo squilibrio tra vita professionale e privata. E pensare che un tempo ricoprire ruoli apicali in un’azienda era visto come il coronamento di una carriera di successo, perché voleva dire maggiori oneri, ma anche riconoscimento e stipendi più corposi.

I lavoratori della Generazione Z manifestano un certo rifiuto dei ruoli dirigenziali nelle aziende.

I 30enni di oggi, al contrario, prediligono la gratificazione personale, la possibilità di evitare lo stress rispetto al logorio per arrivare alle postazioni di potere ed a raggiungere uno status prestigioso. Hanno compreso che la salute, soprattutto quella mentale, conta più della corsa al successo. Si è verificato un ribaltamento delle ambizioni. Non è vero che ne sono sprovviste, ma è in corsa un ripensamento delle stesse, frutto di aspirazioni più intime e stimolanti, legate a progetti che vanno oltre il lavoro. L’idea è che i ruoli all’apice di un’azienda o di un’organizzazione sono obsoleti rispetto alle loro esigenze e devono essere modificati per stare al passo delle nuove esigenze da parte dei professionisti.

Quando si raggiunge il vertice, ci si aspetta una crescente disponibilità e si è continuamente sotto pressione per raggiungere gli scopi prefissati.

La società di ricerca e selezione del personale “Robert Walters”, presente in 31 Paesi, compresa l’Italia, ha effettuato uno studio sui ruoli manageriali. Ebbene, nel Regno Unito il 52% ha dichiarato che non vale la pena affannarsi, in Francia il 77%, il 42% in Belgio e il 30% in Svizzera. Gli appartenenti alla Generazione Z hanno elencato una serie di motivi: per il 69% i ruoli dirigenziali sono molto stressanti e poco gratificanti, orari di lavoro lunghi e crescenti responsabilità con aumento dello stress. Quando si raggiunge il vertice, ci si aspetta una crescente disponibilità e si è continuamente sotto pressione per raggiungere gli scopi prefissati. I giovani, pur in possesso di titoli di studi avanzati, con dottorati e master vari, sono meno attratti dalla carriera aziendale. Secondo gli esperti questa ritrosia ai ruoli di management, potrebbe causare serie problematiche per i datori di lavoro.

I lavoratori più giovani preferiscono immagazzinare competenze e crescere professionalmente, ma non ambire alla dirigenza. Alla mancanza di ambizione per i vertici da parte dei giovani, si sono aggiunti i dati sui licenziamenti dei manager dei colossi del web Google, Meta e Amazon negli ultimi due anni. C’è da dire che i ruoli manageriali di medio-alto livello sono cruciali in qualsiasi azienda. Bisogna trovare nuove strategie affinché siano più allettanti per le nuove generazioni, di cui va apprezzato questo cambiamento nel modo di concepire il lavoro per non farsi fagocitare da esso. Finora è stato venerato come un totem a cui si continuano a sacrificare vite umane!

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