La decisione del Gup ha riguardato l’ex primo cittadino di Tremestieri Etneo, Santi Rando. Nell’ambito del processo Pandora, inflitti 7 anni a Pietro Alfio Cosentino, 6 a Vito Romeo e Francesco Santapaola.
Catania – Si è concluso con una raffica di condanne il processo con rito abbreviato nato dall’inchiesta “Pandora”, che ha scoperchiato un intreccio di corruzione e infiltrazioni mafiose al Comune di Tremestieri Etneo. Davanti al Gup Ottavio Grasso, la Procura di Catania ha visto accolta gran parte delle sue richieste, avanzate a gennaio 2025, dopo anni di indagini dei carabinieri su presunti legami tra politica locale e criminalità organizzata.
L’ex sindaco Santi Rando, figura centrale dello scandalo, è stato condannato a otto anni di reclusione per voto di scambio politico-mafioso legato alle elezioni amministrative del 2015 e per episodi di corruzione, anche se assolto da uno dei capi d’imputazione. I suoi legali, gli avvocati Tommaso Tamburino e Fabio Lattanzi, hanno definito la sentenza “ingiusta”, accusando il giudice di essersi “appiattito sulle richieste della Procura” senza valutare adeguatamente la condotta del loro assistito. Hanno annunciato ricorso in appello, fiduciosi in un ribaltamento del verdetto.
Sette anni e due mesi sono stati inflitti a Pietro Alfio Cosentino, accusato di concorso esterno in associazione mafiosa e voto di scambio politico-mafioso. Per l’accusa, Cosentino era il trait d’union tra la politica e Cosa Nostra, anche per la parentela con il boss Vito Romeo, suo cognato, condannato a sei anni. Stessa pena per Francesco Santapaola, figlio di Salvatore “Colluccio” e cugino di secondo grado del capomafia storico Benedetto Santapaola, ritenuto un altro tassello del sistema criminale.
Il Gup ha poi condannato i carabinieri Antonio Battiato e Antonio Cunsolo, rispettivamente a quattro anni e quattro mesi ciascuno, per corruzione. I due militari erano accusati di aver collaborato con il deputato regionale della Lega Luca Sammartino, rinviato a giudizio separatamente per lo stesso reato, bonificando la sua segreteria politica da possibili microspie. Su questo punto, la Corte Costituzionale è chiamata a pronunciarsi sull’utilizzabilità delle intercettazioni effettuate negli uffici, allora intestati alla senatrice Valeria Sudano, compagna di Sammartino e oggi deputata leghista. Altre condanne riguardano Salvatore Bonanno (otto mesi), Domenico Cucinotta (quattro anni e due mesi), Giuseppe Ferlito (quattro anni) e Giovanni Naccarato (cinque anni e due mesi), tutti coinvolti a vario titolo nel sistema corruttivo.
L’inchiesta “Pandora”, partita nel 2018 e condotta dal Nucleo Investigativo dei Carabinieri di Catania, ha messo in luce un patto scellerato tra amministratori di Tremestieri Etneo e la cosca Santapaola-Ercolano, culminato nell’elezione di Rando e in una gestione “affaristica” dell’ente, con appalti e permessi concessi a imprenditori compiacenti. La sentenza di oggi segna un punto fermo, ma non chiude la vicenda: l’appello promesso dai difensori di Rando e l’attesa decisione della Corte Costituzionale promettono nuovi capitoli in uno dei processi più controversi della Sicilia recente.