Viva per miracolo, lui suicida

Sconvolgente vicenda di violenza domestica finisce in tragedia, mentre le istituzioni faticano a reagire tempestivamente. Il mistero della Beretta.

INVERIGO (Como) – L’avrebbero dovuto arrestare per maltrattamenti in famiglia ma la notifica è arrivata due ore dopo la tragedia. Lo scorso 5 maggio, intorno alle 16.30, Maurizio Beghè, 62 anni, originario di Carrara, con qualche precedente specifico alle spalle, si sarebbe recato in casa della sua ex moglie Chiara Musetti, 32 anni, anche lei di Carrara, che vive in un edificio di via Roma 67/A a Cremnago, frazione di Inverigo, nel Comasco. L’uomo avrebbe raggiunto un lucernaio e da questo passaggio sarebbe entrato in casa della donna che si trovava in compagnia delle due figliolette di 6 e 8 anni.

Beghè e la casa teatro della drammatica vicenda

Nella mano di Beghé sarebbe comparsa una Beretta 6.35 con la quale l’uomo avrebbe fatto fuoco in direzione della donna che, fuggita verso le scale alla vista dell’uomo armato, avrebbe perduto l’equilibrio rimanendo colpita di striscio allo zigomo sinistro. Beghé, a questo punto, si sarebbe barricato nell’appartamento assieme alle due figlie terrorizzate che, piangendo e urlando, chiamavano la mamma. Le bimbe hanno poi visto il padre chiudersi in camera da letto e subito dopo udivano un botto. Per Maurizio Beghé non c’era più nulla da fare, l’uomo si era sparato un unico colpo alla tempia.

Sul posto si recavano i carabinieri di Como e quelli di Cantù, questi ultimi per eseguire un ordine di custodia cautelare emesso dal tribunale comasco nei riguardi di Beghè perché indagato per lesioni e maltrattamenti in famiglia. L’uomo infatti era stato allontanato da casa e non poteva avvicinarsi alla famiglia dopo diversi episodi di violenza denunciati dalla ex moglie. I conflitti fra i due coniugi si erano acuiti dal gennaio scorso tanto che la donna aveva deciso di chiudere quella relazione ormai malata che non le permetteva di vivere un’esistenza tranquilla.

Le frasi di addio dell’uomo pubblicate su Facebook

Poi la situazione era precipitata tanto che la donna, il 14 aprile scorso, si era presentata in caserma e aveva raccontato ai carabinieri di aver subito 3 distinti episodi di violenza. I militari relazionavano al magistrato di turno il quale aveva chiesto per Beghé la misura restrittiva in carcere. L’uomo, incurante della gravissima situazione, il 30 aprile successivo, aveva seguito la moglie al supermercato, l’aveva malmenata e derubata delle chiavi dell’auto e del cellulare. Per evitare che il reato venisse ulteriormente reiterato il magistrato disponeva il carcere per Maurizio Beghè che, però, aveva deciso di scrivere la parola fine alla sua drammatica esistenza in maniera irreversibile. Stessa cosa avrebbe voluto per la moglie che, grazie alla perdita dell’equilibrio, non sarebbe stata centrata in pieno volto con conseguenze letali.

Il suicida aveva annunciato la tragedia su Facebook dove aveva scritto una frase che non lasciava spazio a dubbi:”Non mi vedrete più, né su Facebook né da altre parti, spero che alcuni ogni tanto mi ricorderanno, vi voglio bene…Non è facile la mia vita senza le mie bimbe, è finita. Il cervello è stanco e vuole spegnersi”.

Beghé si sarebbe introdotto in casa della donna passando da un lucernaio

Amici e conoscenti avevano risposto di non trarre conclusioni affrettate e, soprattutto, di non fare fesserie. Beghé, di contro, avrebbe pianificato a tavolino l’uccisione della ex moglie e il suo suicidio ma fortuna ha voluto che la mattanza venisse completata soltanto a metà. A riprova della sua volontà di uccidere la donna e sé stesso un biglietto scritto di suo pugno, indirizzato alle due figlie, e poi ritrovato nell’armadio della camera da letto:

” Mamma e papà da lassù vi proteggeranno”. Maurizio Beghé si era trasferito a Como per amore, ricordano i figli più grandi Sabrina e Mirco, nati da una precedente relazione:

”Le cose andarono bene per 22 anni – raccontano i due giovani – lui passava il tempo a disegnare, fare puzzle e a costruire cornici e oggetti a mano…”. Poi l’uomo aveva conosciuto Chiara e metteva su famiglia con lei, nonostante il padre della donna non approvasse la relazione per diversi motivi. Rimane da chiarire il mistero della Beretta che recherebbe un numero di matricola non abraso. Beghè non era in possesso di porto d’armi né di denuncia di detenzione che, comunque, non avrebbe potuto avere per via della sua fedina penale.

La sede della Beretta a Gardone Val Trompia

In corso indagini presso la sede del noto marchio di pistole e fucili di Gardone Val Trompia per verificare se la semiautomatica, probabilmente di fabbricazione antecedente all’entrata in funzione del data-base armi nazionale, sia stata venduta in Italia o all’estero e a chi era intestata.

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