Ha fatto scalpore la recente scesa in campo di Vittoria di Savoia sul confine ucraino. Cone l’evento si sono riaccesi i riflettori sull’annosa questione dell’impegno sociale dei Vip e personaggi pubblici: disinteressata beneficenza o passerella per il proprio tornaconto?
Roma – Vittoria Cristina Adelaide Chiara Maria di Savoia, figlia di Emanuele Filiberto e dell’attrice francese Clotilde Courau, ha 18 anni ed è la primogenita della coppia. Su Instagram ha più di 68mila follower. La giovane, erede di un regno non più esistente, a 16 anni è stata insignita dal nonno Vittorio Emanuele del titolo di Altezza Reale, Principessa Reale, Principessa di Carignano e Marchesa d’Ivrea, e della possibilità che la linea monarchica possa tramandarsi anche per via femminile. Che cosa mancava alla nobile per completare il suo curriculum e accomodarsi stabilmente nel mondo delle celebrità? E per di più elevata nel suo ruolo di influencer della moda, dall’appartenenza a una monarchia italiana ormai defunta da decenni? È presto detto: il coinvolgimento con la guerra.
Non c’è privilegio che possa reggere agli occhi attenti di chi scruta in modo critico se questi rampolli di un’antiquata nobiltà non dimostrano di potersi fregiare dell’etichetta di “umanitari”. Così Vittoria ha deciso di mostrare al mondo la sua coscienza civile. La ragazza di è recata al confine con l’Ucraina, per dare soccorso ai profughi della guerra scatenata dalla Russia.
Per raccontare la sua spedizione ha usato il profilo ufficiale Istagram del padre. Affiliata all’associazione Odissea della Pace, Sua Altezza reale ha contribuito a portare alla popolazione stremata dalla guerra alimentari, medicinali e giochi per bambini. Tutto legittimo, commovente e meritorio, se non fosse per quella indissolubile ambiguità che caratterizza le azioni di coloro che si muovono sul palcoscenico mondiale. Da una parte la loro presenza è indispensabile per accendere i riflettori sulle cause che abbracciano. Dall’altra quegli stessi proiettori sono posizionati su di loro e sulle loro carriere. E sempre meno spesso sugli obiettivi.
Sono anni che assistiamo a lotte intestine tra i nobili nelle varie monarchie soprattutto europee, per mantenere e ottenere titoli e privilegi. In primis, tra coloro che difendono con le unghie e con i denti i loro presunti diritti e quelli della loro discendenza, i coniugi Meghan Markle e il principe Harry.
Perché i titoli, soprattutto quelli nobiliari, ottenuti senza alcun merito personale, paradossalmente nel nostro mondo moderno, continuano a contare. Lo sfarzo, l’esibizione della ricchezza, la presunta classe, il voyeurismo di chi guarda, abbagliano ancora milioni di persone, che ne reclamano e perpetuano, a volte inconsapevolmente, l’esistenza. Con buona pace dei movimenti antimonarchici e delle rivendicazioni repubblicane delle vecchie colonie britanniche.
Niente di personale contro la giovane Vittoria ma come per lei vale anche per le altre monarchie e affiliati la domanda: c’è ancora spazio per i privilegi monarchici in un mondo dove sgomitano i miliardari istantanei che ci ricordano che la maggior parte di noi sarà sempre più povera?