Videogiochi: quando il divertimento diventa solitudine (e crea dipendenza)

Usati senza controllo, i videogame possono danneggiare l’educazione dei più giovani, isolandoli dal contatto umano e provocando vere dipendenze patologiche.

I videogame, quei giochi elettronici interattivi, generalmente fruibili tramite uno schermo, in cui l’utente interagisce con un’interfaccia per influenzare l’andamento del gioco, sono diventati parte attiva della società “digitale” per bambini e ragazzi, che trascorrono molto tempo della giornata con essi. Alcuni hanno raggiunto una difficoltà tale attraverso cui la stimolazione occhio-mano assume contorni positivi, ma l’utilizzo prolungato produce dei rischi.

Secondo gli esperti del “Centro PsicoPedagogico per l’educazione la gestione dei conflitti”, che promuove il metodo maieutico, fondato sulla partecipazione attiva del soggetto, nei contesti educativi e aziendali, si passa troppo tempo in solitudine, senza il contatto con gli altri, fondamentale per la crescita. I bambini hanno bisogno di corpi in carne ed ossa per il loro sviluppo cognitivo. La realtà non può essere sostituita dal digitale, anche se gli uffici marketing del settore tentano di convincerci del contrario.

I videogiochi sono diventati un affare che nel 2026 potrebbe valere oltre i 300 miliardi di euro.

Oggi i videogiochi sono diventati un affare che nel 2026 potrebbe valere oltre i 300 miliardi di euro. Questo ci aiuta a comprendere l’accanimento degli uffici marketing. Alcune ricerche hanno evidenziato effetti benefici sulle capacità visuo-spaziali dei ragazzi, senza, peraltro, incidere sull’apprendimento scolastico. Anzi, al contrario, l’attenzione cala, come hanno dimostrato recenti studi delle neuroscienze. Anche se esistono videogame basati sulla cooperazione e il ragionamento, resta sempre lo stesso problema. Ossia, i rapporti interpersonali sono sempre secondari rispetto al mezzo. I corpi e i visi non si sfiorano, sono delle realtà altre, invisibili.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha riconosciuto la “dipendenza da videogiochi” come una patologia, inserita nella classificazione mondiale delle malattie. Infatti, manifesta sintomi paragonabili ai disturbi ossessivo-compulsivi o l’uso di sostanze. I genitori dovrebbero stabilire delle regole e coinvolgere i bambini in attività pratiche da svolgere col corpo e con le mani. I videogiochi di oggi sono molto seducenti ma subdoli. Si basano, infatti, sulle neuroscienze, come il principio della gratificazione interrotta e quello per stimolare l’attenzione e la dipendenza.

La dipendenza da videogiochi manifesta sintomi paragonabili ai disturbi ossessivo-compulsivi o l’uso di sostanze stupefacenti.

In una società in cui il digitale è presente anche al cesso, pensare di escludere i videogame è utopia. Il problema fondamentale è conviverci, perché tanto esistono e in un modo o in un altro entrano nella vita delle famiglie. E’ necessaria una visione che segua questo percorso, fondata sulla coscienza del fenomeno e sugli effetti nefasti sull’educazione dei bambini. Ma fino a quando questi ultimi vengono sminuiti per ridurne l’importanza o la gravità a causa della montagna di soldi che producono, il problema sarà difficilissimo da affrontare. Per la cronaca è da registrare che i videogiochi, se usati con moderazione, possono anche avere effetti positivi, come il miglioramento delle capacità di problem solving e della velocità di elaborazione delle informazioni.

Tuttavia, è fondamentale trovare un equilibrio e monitorare il tempo trascorso davanti allo schermo per evitare gli effetti negativi. Solo che l’equilibrio e il monitoraggio del tempo non sembrano siano facilmente raggiungibili in un contesto sociale molto frenetico e ansioso in cui non si ha tempo nemmeno per…respirare. Inoltre, in questo humus ha facile diffusione il meccanismo di persuasione degli uffici marketing e comunicazione delle grandi multinazionali del settore. Solo un miracolo potrà salvarci dalla dipendenza dai videogame!

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