Via dalla carta stampata: sul web il nuovo giornalista è anche un influencer

I social hanno cambiato il modo di fare informazione, premiando il rapporto personale della “firma” con la sua comunità virtuale.

Roma – I social network (reti sociali), gruppi di persone connesse tra loro da un qualsiasi tipo di legame (amicizia, interessi, lavoro, ecc.) che si relazionano costituendo una comunità virtuale, da quando hanno fatto irruzione nel mondo della comunicazione hanno rivoluzionato il ruolo dei giornalisti.

Per svolgere questo mestiere bisogna essere digitali, altrimenti non si è. In questo modo sono nate figure eterogenee, un miscuglio tra informazione e influencer. Si pensava che l’uso dei social avrebbe potuto fornire nuove possibilità, facendo crescere il marchio della testata o trasmissione televisiva. Il settore dell’informazione si è personalizzato al punto da distaccarsi, in parte, dalla propria testata, per cui i social aiutano a creare nuove occasioni professionali.

Si è creato un paradosso: mentre l’editoria tradizionale mostrava le sue crepe, perdendo autorevolezza, i giornalisti più capaci sui social alimentavano la propria comunità virtuale, attraverso uno stretto rapporto di fiducia. Mentre una volta erano i giornali ad ingaggiare le firme più importanti, ora avviene il percorso inverso: sono quest’ultime a liberarsi dei lacci e lacciuoli della stampa.

Gli strumenti con cui si è realizzato questo processo sono i social, le newsletter e i podcast. I primi sono una comunità virtuale, le seconde un bollettino informativo spedito via email a un determinato target e i terzi sono trasmissioni radio diffusi via internet. In tutti i casi il rapporto è comunque personalizzato. Ed è così che sulla scena sono apparse figure nuove, comunicatori e divulgatori, molti dei quali non hanno avuto mai nulla a che fare con la carta stampata, ma che sono dei veri influenzatori dell’informazione.

Il prestigioso quotidiano statunitense ha coniato la locuzione “info-encer”, una figura a metà tra il giornalista e l’influencer, che più che trovare le notizie le spiega, contestualizzandole, grazie all’autorevolezza accumulata nel tempo. Per i più ottimisti non ci si deve meravigliare della china che sta prendendo il fenomeno, in quanto è la logica evoluzione della tecnologia e potrebbe essere considerato come una sorta di scuola di formazione per i giornalisti del futuro.

E a confermare la sua ineluttabilità è uno studio condotto da Pew Research, un centro studi statunitense che compie analisi su problemi sociali, opinione pubblica, andamenti demografici sugli Stati Uniti e il mondo in generale. Il 50% degli americani si informa grazie ai social network, mentre in Europa la percentuale è del 28%. I giovani tra 18-24 anni d’età sono coloro che più preferiscono i social rispetto a un sito o a un’app di informazione.

Il problema è che sui social i contenuti sono molto brevi, col rischio di semplificare argomenti che meriterebbero, invece, un minimo di riflessione. Inoltre, il “deus ex machina” dell’era contemporanea, l’algoritmo, può condurre a sensazionalismo e polarizzazione delle opinioni. Ma il rischio più grave è il troppo potere che le piattaforme possono assumere cambiando, senza preavviso, le loro logiche. È già successo con Instagram che ha ridotto i temi politici, non si sa per quale ragione.

In questa fase di passaggio, da un’era all’altra, i pericoli sono tanti, ma bisogna conoscerli e saperli arginare. Anche perché la valanga dei cambiamenti è in corso e non bisogna farsi sommergere. Bisogna adattarsi all’epoca in cui si vive, non ci sono alternative. Qui siamo e qui dobbiamo stare, nel bene e nel male. Però, un piccolo velo di malinconia avvolge, soprattutto chi ha passato gli ‘anta da un bel po’, al pensiero di quando si stava in poltrona a sfogliare il giornale!

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