Uccise compagna e suocera, condannato all’ergastolo. Il figlio: “Giustizia è fatta”

Jawad Hicham, 38 anni, marocchino da vent’anni in Italia, non accettava la fine della relazione. Il duplice omicidio commesso di fronte ai figli minorenni.

AREZZO – E’ stato condannato all’ergastolo Jawad Hicham, 38 anni, ritenuto responsabile di duplice femminicidio. Nella notte tra il 12 e il 13 aprile scorsi l’uomo aveva ammazzato la compagna Sara Ruschi, 35 anni, con 23 coltellate e la suocera Brunetta Ridolfi, di 76, con 3 fendenti letali all’interno della loro abitazione di via Benedetto Varchi. La sentenza è stata emessa lo scorso 2 dicembre dalla Corte d’Assise aretina, presieduta da Anna Maria Loprete, dopo poco più di un’ora di Camera di consiglio. Il consesso giudiziario ha anche stabilito una provvisionale di 200mila euro per il figlio di Sara Ruschi, di 17 anni, e 250mila euro per la sorellina di 2 anni.

Jawad e Sara quando la coppia andava d’accordo

L’imputato, presente in aula, è stato poi riaccompagnato nel carcere di Prato dove era già detenuto. Il figlio minorenne della coppia, dopo il verdetto, ha manifestato il proprio stato d’animo con due parole: “Giustizia è fatta per quelle due donne che hanno sofferto e hanno perso la vita. Provo sollievo per una sentenza giusta”. Hicham, marocchino ma da oltre un ventennio residente in Italia, avrebbe ucciso le due donne perché non accettava la fine della relazione sentimentale con Sara Ruschi che lo aveva lasciato per via del suo carattere irascibile, oltre che per una gelosia ossessiva. Da diversi mesi infatti i due vivevano separati in casa. Lui dormiva sul divano in salotto e lei nella camera da letto, in attesa che l’uomo facesse le valigie per andarsene definitivamente. I litigi erano all’ordine del giorno e la coppia aveva contatti quasi esclusivamente via chat come quella tragica notte quando Jawad e Sara, dopo essersi scambiati numerosi messaggi su Whatsapp, avrebbero incominciato a litigare furiosamente con la suocera e i due figli minorenni in casa.

La palazzina di via Varchi teatro della duplice tragedia

Jawad ad un certo punto corre in cucina dove afferra un coltello e si precipita in camera da letto urlando. La compagna tenta di difendersi, di fuggire, ma è tutto inutile. I primi fendenti la riducono all’impotenza mentre gli altri la ammazzano all’istante facendola stramazzare sul pavimento in un lago di sangue. In camera accorre Brunetta Ridolfi per difendere la figlia ma anche lei riceverà tre coltellate, di cui una letale, che nel giro di qualche istante e nonostante l’impegno dei soccorritori la porteranno al decesso. Straordinario il comportamento del figlio diciassettenne della coppia che, svegliato nel sonno dalla nonna ormai in fin di vita, prova a soccorrere la mamma con un massaggio cardiaco mentre tampona il sangue delle ferite con un asciugamano. Subito dopo il coraggioso ragazzino, che incrocia con lo sguardo il padre in fuga ancora armato di coltello sporco di sangue, chiamava il 118 mentre vedeva spirare la madre e la nonna.

Da sotto casa, utilizzando una cabina telefonica, Hicham chiamava la polizia e all’operatore del 112 faceva le sue prime, terribili ammissioni: ”Correte, ho commesso un reato enorme – profferiva al telefono il maghrebino – Le ho uccise, le ho uccise”. All’arrivo della prima volante l’uomo correggerà in tiro, dunque perfettamente consapevole di quanto aveva combinato, dicendo agli agenti di avere avuto intenzione di ammazzare soltanto la suocera, a suo dire “colpevole” di spingere la figlia alla separazione. L’inchiesta, coordinata dal Pm Marco Dioni, chiarirà ogni particolare del duplice femminicidio per il quale l’assassino ha mostrato solo un tenue pentimento che, in assenza di attenuanti, si è trasformato in fine pena mai.

Jawad Hicham tradotto in carcere

Fra l’altro, prima della sentenza di condanna, la Corte d’Assise aveva negato al marocchino l’accesso alla giustizia riparativa, istituto che intende favorire la riconciliazione fra autore del reato e vittime, atteso che la famiglia delle vittime non era assolutamente d’accordo. La giuria di primo grado ha dunque accolte in pieno le istanze del pubblico ministero Dioni che aveva chiesto il massimo della pena per l’imputato. La parte civile, rappresentata dall’avvocato Alessandra Panduri, si era associata alle conclusioni della Procura. Il consesso giudicante ha anche riconosciuto l’aggravante per l’omicidio fra conviventi. Il legale di Hicham, l’avvocato Maria Fiorella Bennati, aveva sostenuto invece che l’aggravante non potesse essere contestata in quanto la compagna lo aveva lasciato. Eccezione respinta.  

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