Un altro episodio di violenza omicida sulle donne nel Foggiano. Un uomo, sposato da 20 anni e accecato dalla perdita del lavoro e dalla gelosia, ha sparato alla consorte, uccidendola.
Apricena – Ancora la gelosia avrebbe armato la mano di una ex guardia giurata che ha sparato tre colpi di pistola alla moglie uccidendola. Un altro femminicidio, l’ennesimo di questo fine anno drammatico per i delitti di genere, si è consumato poco dopo mezzogiorno del 16 dicembre scorso, in via Giuseppe Saragat, nel popolare quartiere Sacra Famiglia, dove abitava Giovanna Frino, 44 anni, barista e madre di tre figlie.
La donna, al culmine di un litigio con il marito Angelo Di Lella, 56 anni, è rimasta colpita in pieno petto da due colpi di pistola sparati a bruciapelo dal coniuge nella cucina di casa. Subito dopo l’uomo si sarebbe barricato nell’appartamento, ma grazie alla mediazione del comandante della locale stazione dei carabinieri l’ex vigilante si sarebbe poi consegnato ai militari. Angelo e Giovanna era sposati da vent’anni e dalla loro unione erano nate tre figlie. La secondogenita, affetta da influenza, si trovava in casa durante le fasi concitate dell’omicidio che si sarebbe consumato in una manciata di minuti fra il violento alterco e la sparatoria.
Da diversi mesi pare che le cose fra i due non andassero per il verso giusto. Nel 2017 il presunto assassino era stato licenziato dall’istituto di vigilanza dove svolgeva servizio di guardia particolare giurata e da allora era stato difficile trovare un altro lavoro. Di Lella aveva sofferto per la perdita della divisa ed aveva modificato umore e comportamenti diventando, come sembra, più irascibile anche con moglie e figlie. Ultimamente l’uomo avrebbe lavorato da bracciante agricolo e come dipendente di una ditta di trasporti, ma lo stato di “prostrazione psicologica” per la precedente occupazione sfumata nel nulla e la gelosia nei riguardi della moglie debbono aver avuto un ruolo fondamentale nella decisione di eliminare fisicamente la povera donna.
I vicini di casa avrebbero raccontato dei loro frequenti quanto violenti alterchi e pare che in molti sapessero del disagio in cui viveva da tempo la famiglia. Parenti e amici però non avrebbero segnalato ad alcuna istituzione quanto accadeva al primo piano dell’edificio di via Saragat dove poi è scoppiata la tragedia senza rimedio. Anche in questo caso rimane da capire come l’ex guardia giurata potesse detenere la semiautomatica calibro 9 con la quale avrebbe freddato la moglie, colpita mortalmente al torace da due dei tre proiettili esplosi.
I carabinieri, coordinati dal Pm Giuseppe Mongelli della Procura di Foggia, dovranno esattamente ricostruire i fatti accaduti e stabilire il movente che comunque, a quanto pare, sembra riconducibile ad una eccessiva gelosia del presunto omicida, per altro assolutamente ingiustificata. Una volta sentiti gli spari i vicini di casa hanno allertato il 112 ma Di Lella, in un primo momento, non voleva sentirne di arrendersi barricandosi in casa. Grazie all’opera di persuasione del maresciallo comandante dei carabinieri della locale stazione l’uomo si arrendeva costituendosi ai militari. La coppia aveva avuto, come abbiamo accennato, tre figlie. La più piccola, di 3 anni, si trovava all’asilo mentre la sorella di 21 all’università. In casa era rimasta la ragazza di 17 anni perché colpita da uno stato influenzale. Quando ha sentito il primo colpo di pistola la giovane è corsa sulle scale chiedendo aiuto ai vicini.
Sul luogo del delitto tra i primi ad arrivare è stato il sindaco di Apricena, Antonio Potenza:
“Conoscevo benissimo la coppia – ha detto il primo cittadino – ero amico soprattutto di Angelo e mai mi sarei aspettato una simile tragedia. Lei era sempre solare e sorridente. Lui la sera prima era passato a prendere il pacco natalizio presso il nostro centro per anziani e i miei collaboratori mi hanno riferito che sembrava sereno”.
Evidentemente l’uomo non era affatto sereno o, per lo meno, non solo sarebbe stato la mattina successiva quando ha estratto la pistola facendo fuoco sulla madre delle sue figlie. Angelo Di Lella, in stato di detenzione ma innocente sino ad eventuale condanna definitiva, si è avvalso della facoltà di non rispondere davanti al Gip che lo accusa di omicidio volontario aggravato confermando la reclusione.