‘U Siccu è morto, con i suoi segreti

Non sarebbe mai stato un pentito dunque i suoi segreti, e tanti, sono morti con lui. Ha sfidato lo Stato per trent’anni e si è detto vinto solo davanti alla malattia che ha contribuito non poco alla sua cattura. Non lascia eredi. Chi occuperà il suo posto? Solo ipotesi.

L’AQUILA – “Diabolik” è morto su un letto d’ospedale. Cosi com’è stato per altri boss della mafia. ‘U Siccu, altro soprannome di Matteo Messina Denaro, 61 anni conclusi con un tumore al colon senza scampo, se n’è andato con i suoi segreti che mai e poi mai avrebbe rivelato. L’uomo era stato arrestato il 16 gennaio scorso in una clinica di Palermo dopo trent’anni di latitanza. Era in coma irreversibile dal 22 settembre ed i medici gli avevano dato poche ore di vita.

I “mille” volti di Diabolik

Al capezzale di Messina Denaro, nel nosocomio aquilano di San Salvatore, c’erano la figlia Lorenza, la nipote avvocato Lorenza Guttadauro, e l’anziana madre del boss, Lorenza Santangelo, moglie di don Ciccio Messina Denaro, capomafia della provincia di Trapani alla fine degli anni 80. Il mammasantissima di Castelvetrano era stato ricoverato in ospedale l’8 agosto scorso, dopo le cure chemioterapiche somministrate nel carcere delle Costarelle, dove era detenuto in regime di 41 bis.

La cattura dell’ultimo superlatitante di Cosa nostra era giunta a trent’anni e un giorno dopo l’arresto di Totò Riina, sempre ad opera dei Ros. Bernardo Provenzano, infatti, era rimasto uccel di bosco per 43 anni, Messina Denaro per 30, mentre in terza posizione, con 24 anni di latitanza, figurava Totò ‘U Curtu. Un ottimo secondo posto, non c’è che dire.

Il padre di Matteo, in latitanza col figlio, era deceduto il 30 novembre 1998, nelle campagne di Castelvetrano, nel Trapanese, paese di cui entrambi erano originari. Diabolik fece ritrovare la salma del padre già pronta per le esequie ovvero già vestita all’interno della bara con tanto di vestito nero e cravatta. Successivamente, da buon figliolo, Matteo faceva pubblicare, ad ogni ricorrenza della scomparsa paterna, il necrologio sul Giornale di Sicilia. Morto Ciccio Messina Denaro, il testimone dei corleonesi della provincia di Trapani era stato raccolto da Matteo.

Bernardo Provenzano, 43 anni di latitanza

Da allora Diabolik diventava un fantasma preannunciando la sua vita da fuggiasco con una lettera alla sua fidanzata, redatta a mano dopo le stragi mafiose di Roma, Milano e Firenze. In molti giuravano che ‘U Siccu era morto ammazzato e anche alcuni pentiti ne erano certi. Tutti tranne gli investigatori che non hanno mai diminuito la pressione sul personaggio, braccato da tutte le forze dell’ordine e dai corpi speciali. Invece Diabolik era più vivo che mai tanto da mettere al mondo una figlia che oggi ha vent’anni e che ha riconosciuto solo qualche settimana addietro, con un ultimo barlume di lucidità.

Il boss stragista, condannato per l’eccidio di Capaci, quello di via D’Amelio e per le mattanze del 1993 a Roma, Firenze e Milano, oltre che per l’omicidio del piccolo Giuseppe Di Matteo, si era costruita intorno una vera e propria rete di protezione che per anni gli ha consentito di non essere intercettato, spiato, controllato e individuato. Decine sono gli omicidi per i quali è stato condannato, fra questi spicca quello di Vincenzo Milazzo e Antonella Bonomo, quest’ultima in gravidanza. Per anni lo Stato ha impegnato centinaia di uomini per inseguirlo ma le notizie che riguardavo Diabolik erano sempre lacunose e frammentarie.

Giuseppe Di Matteo, barbaramente assassinato dai fedelissimi di Messina Denaro

Messina Denaro si era circondato, come ha evidenziato il procuratore Maurizio De Lucia, di numerosi esponenti di spicco di quella “borghesia mafiosa” che gli hanno assicurato coperture e complicità. Fra i tanti “insospettabili” il geometra Andrea Bonafede, del quale aveva adottato la nuova identità, il medico Alfonso Tumbarello e altri personaggi che alternavano alla professione le frequentazioni delle logge massoniche. Diabolik dunque, circondato da simili barriere protettive, si dava alla bella vita. Meglio se sfarzosa e allietata dalla presenza di belle donne, come la vivandiera Diletta, alias Lorena Ninfa Lanceri, che gli portava il cibo nel suo covo di Campobello di Mazara, oppure come la maestra Laura Bonafede, poi arrestata, con la quale si incontrava tra i banconi di un supermercato facendosi riprendere dalle telecamere di sorveglianza.

Rosalia Messina Denaro

E che dire della sorella Rosalia, detta Rosetta, l’unica donna della quale si fidava veramente? Il padrino di Cosa nostra non ha lasciato eredi. Dopo di lui? Staremo a vedere.

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