Sarà l’anno del definitivo rilancio per il turismo? Con l’approssimarsi della stagione estiva gli esperti scommettono di sì, anche se permangono molte zone d’ombra all’interno del settore.
Roma – Secondo gli esperti quest’anno sarà l’anno del turismo. Veniamo da un lungo periodo in cui siamo stati costretti a stare rintanati in casa per evitare contatti pericolosi per la trasmissione dell’infido virus. Inoltre, a soffrire particolarmente è stata l’economia, il turismo in particolare. Quest’anno, finalmente, la gente ha ripreso a viaggiare e i dati previsionali trasmettono ottimismo al riguardo.
Molte persone preferiscono organizzare per tempo il loro viaggio. Spesso si rivolgono ad agenzie per avere tutto preparato e privo di sorprese, anche se a volte non mancano. Oppure, altri preferiscono rivolgersi a compagnie aeree, strutture alberghiere e ristoranti di grandi catene, che in teoria dovrebbero offrire affidabilità e sicurezza. Ma c’è un aspetto che i turisti stessi e l’opinione pubblica in generale ignorano. Ovvero, un lato poco trasparente del settore, il “tourism leakage”. Si tratta del fenomeno per cui il flusso di denaro che gira intorno al turismo, non resta sui territori in cui si approda, ma da dove parte. Una sorta di colonizzazione di ritorno.
L’Organizzazione Mondiale del Turismo (OMT), agenzia specializzata dell’ONU, infatti, ha diffuso dei dati secondo cui l’80% dei soldi spesi per organizzarsi la vacanza resta all’estero. Solo il restante 20% va a rimpinguare, si fa per dire, le magre casse di zone, quasi sempre esotiche. Questo aspetto riprovevole si aggiunge all’overtourism o “sovraffollamento turistico”, definito dall’OMT come “l’impatto del turismo su una destinazione, o parti di essa, che influenza in maniera eccessiva e negativa la qualità della vita percepita dai cittadini e/o la qualità delle esperienze dei visitatori”. Pur di incassare soldi, agenzie e organizzazioni turistiche offrono viaggi anche a prezzi molto convenienti. Poco importa la qualità del servizio offerto e se l’economia locale ne trarrà beneficio. Il fenomeno si è talmente diffuso, che grazie al Web, sono sorti una serie di siti che offrono consigli per un turismo più a misura d’uomo.
Innanzitutto, si consigliano mete meno frequentate e pernottamenti in piccoli borghi non distanti dalla meta di viaggio. Il viaggio sarà, sicuramente, più “slow” e soffermarsi su paesaggi e panorami che, forse, non avremmo mai considerato. Se non si riesce a stare lontano dalle destinazioni più famose, si potrebbe scegliere la “bassa stagione”. Si avrà più tempo per godersi eventuali musei e monumenti, senza litigare per l’affollamento. Un problema sarebbe se tutti scegliessero la “bassa stagione” nello stesso periodo. Diventerebbe, d’emblée, “alta stagione”. A vantaggio dell’economia territoriale, invece di soggiornare e pranzare in strutture raccomandate dalle agenzie di viaggio e da dépliant allettanti, è consigliabile prediligere piccole strutture, alberghi e trattorie, gestite da gente del luogo. Forse, di sicuro, a svantaggio del “lusso”, ma a favore di un’esperienza più sana e rilassata.
Se si può scegliere, per spostarsi, meglio, se è possibile, evitare l’aereo. È vero che è molto comodo e rapido, ma anche molto più inquinante. Sarebbe preferibile il treno, per immergersi in una vera impresa sui binari. Ma consigli a parte, deve cambiare la mentalità di chi va in vacanza. È chiaro che queste ultime dipendono dai periodi di ferie, che nella maggior parte dei casi capitano nello stesso periodo estivo. Quindi non si è tanto liberi di scegliere alta o bassa stagione. Si prende quello che c’è. Però questa corsa ad andare in zone che fanno “tendenza”, per essere immersi nello stesso subdolo meccanismo che si vive tutti i giorni, stride con una vera concezione di “viaggio”. Ovvero sete di conoscenza, confronto, riflessione e contemplazione. E non la canea umana che sgomita per un posto in spiaggia.