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Trovato a Spello un tempio dedicato al culto imperiale: fu voluto da Costantino nel IV secolo

L’importante scoperta è stata effettuata dagli archeologi americani della Saint Louis University: testimonia il delicato momento di passaggio, in atto nell’impero, dagli antichi culti pagani alla nuova religione cristiana.

Spello (Perugia) – Le rovine di un tempio romano del IV secolo d.C. sono state scoperte a Spello, lo splendido borgo umbro in provincia di Perugia, anticamente chiamato Hispellum. L’edificio è riemerso durante gli scavi condotti in estate dagli archeologi americani della Saint Louis University. La scoperta è stata annunciata ora dal professor Douglas Boin in occasione del meeting annuale dell’Archaeological Institute of America: l’edificio testimonia la transizione dal paganesimo al cristianesimo: fu costruito per volontà dell’imperatore Costantino e dedicato al culto imperiale della Gens Flavia.

La scoperta, ha spiegato Boin, è stata effettuata partendo dall’analisi del “Rescritto di Spello”, il cui testo è contenuto in un’iscrizione marmorea rinvenuta il 12 marzo del 1733 vicino alle rovine del teatro di Spello e oggi conservata nel Palazzo comunale della città umbra.

Nel documento l’imperatore Costantino – o forse i suoi figli Costantino II, Costanzo II e Costante – aveva concesso agli Umbri, in risposta a una petizione presentata con la mediazione della colonia di Hispellum, di poter celebrare nel proprio territorio e attraverso un proprio sacerdote le annuali cerimonie religiose e ludiche previste dalle consuetudini, senza più doversi recare nell’antico centro etrusco di Volsinii (da identificare con Volsinii Novi, ossia Bolsena) al quale erano legati da tempo immemore.

Il Rescritto di Costantino agli Umbri, conservato a Spello

In cambio della concessione, gli abitanti di Spello – città che otteneva contestualmente l’appellativo di Flavia Constans – anche avrebbero dovuto costruire un tempio “opere magnifico” (“costruito magnificamente”) dedicato al culto della Gens Flavia, ossia ai “secondi” Flavi “costantiniani”. Tempio che però non avrebbe dovuto essere contaminato “da inganni di alcun superstizioso contagio” (“cuiusquam contagiosae superstitionis fraudibus polluatur”).

Quanto alla datazione del documento, essa oscilla tra il 333 e il 337 d.C. per il formulario e per la menzione dei tre figli di Costantino. Tuttavia non manca chi ha proposto una datazione al 326 d.C. o dopo il 337 d.C., quando l’Italia ricadeva sotto l’autorità di Costante: il che spiegherebbe il soprannome di “Flavia Constans” attribuito alla città, altrimenti difficilmente comprensibile.

Nel 2001 Filippo Coarelli aveva proposto di identificare il luogo dove sorgeva il tempio con quello del ritrovamento del rescritto, un’aula allungata provvista di abside, inserita all’interno del santuario ‘etnico’ degli Umbri, che comprendeva anche un teatro e un anfiteatro. La struttura monumentale individuata da Boin, di cui sono state riportate alla luce tre delle mura, si celava sotto un parcheggio. Secondo i ricercatori, si tratterebbe di uno dei più vasti templi dedicati al culto imperiale finora ritrovati e rappresenta un’importante testimonianza del cambiamento religioso, sociale e culturale in atto nel IV secolo, quando l’impero passò dal culto degli antichi dei pagani all’adozione del cristianesimo. Il rinvenimento del tempio documenta la persistenza del culto imperiale nel periodo del passaggio tra i culti. Significativo appare inoltre il richiamo, nel Rescritto, alla volontà di eliminare ogni forma di “superstitio”, ossia di cerimonie pagane ritenute “disdicevoli” (forse rituali nei quali fossero previsti sacrifici di animali?) nel delicato momento storico in cui Costantino stava cercando di creare – non senza ambiguità – una nuova “religione di Stato” accessibile a tutti.

“Altri luoghi del mondo romano conservano testimonianza di culti imperiali praticati sotto il governo di imperatori cristiani”, ha detto Boin. “Sappiamo che nel IV secolo i pagani frequentavano ancora i templi, ma i ritrovamenti finora effettuati in tal senso sono stati tutti di piccola entità e irrilevanti”.

Il tempo di Spello, prosegue Boin, “è diverso da qualsiasi tempio che io conosca nel contesto mediterraneo imperiale del IV secolo. Qualsiasi studio sul culto imperiale in questo periodo dovrà d’ora in poi tener conto di questa nuova scoperta”.

“Questo edificio”, conclude lo studioso, “ci mostra la capacità di resistenza delle tradizioni pagane che erano rimaste in vigore per secoli prima dell’ascesa del cristianesimo”, così come la capacità degli imperatori di farsi interpreti del cambiamento, “senza abbattere o seppellire il passato.”

Boin e i suoi collaboratori torneranno a Spello la prossima estate per completare lo scavo ed esaminare l’intero tempio, nel quale sperano di effettuare ritrovamenti ancora più significativi.

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