Smart-working, telefonini, utilizzo esagerato dei social network ha portato l’umanità verso l’isolamento. Tornare alla socialità diventa obbligatorio e salva la vita.
La socialità fa bene alla salute. L’irruzione brutale della tecnologia nella vita quotidiana ha trasformato, scombussolandole, le relazioni umane. Basti pensare all’eccesso di individualismo in cui si viene catapultati attraverso l’uso smodato dei social network e col lavoro a distanza, in cui i nostri rapporti con l’esterno sono mediati solo da uno schermo. Si sono dissolti gli abbracci, il toccarsi, il guardarsi negli occhi, annusarsi, anche se a volte può essere controproducente. Una sorta di vero e proprio isolamento sociale.
Parafrasando Francis Bacon, filosofo e politico inglese (1561-1626), si potrebbe affermare che la “socialità raddoppia le gioie e divide le sofferenze”. Considerazione confermata da tanti motti popolari sul valore positivo dello stare e fare le cose insieme agli altri. Infatti anche la Scienza ha ratificato questo assunto, spiegando come il benessere psicofisico se ne avvantaggerebbe nel compiere insieme a qualche amico/a le attività più banali, anche senza proferire parole, pure essendo ignari della loro efficacia.
Questa notizia è stata riportata dal prestigioso quotidiano statunitense “Washington Post”. Uno studio ha esaminato 100 mila istanti di normale prassi quotidiana su un campione rappresentativo di più di 40 mila cittadini. Ebbene, è emerso qualcosa di sconvolgente per la comunità scientifica, ossia che fare le cose in compagnia migliora l’umore rispetto a quando si fanno da sole! Anche quando le attività vengono svolte per abitudine, senza pensarci troppo. Il beneficio riguarda quasi tutto quello che si fa quotidianamente. Andare a fare la spesa, mettere a posto la casa, guidare, insomma tutte quelle azioni che fatte da sole risultano spiacevoli e scontate, compiute insieme è come alimentare le endorfine.
Quest’ultime, com’è noto, sono sostanze chimiche prodotte dal cervello che hanno effetti antidolorifici e di benessere, agendo come neurotrasmettitori simili agli oppioidi. Lo studio ha evidenziato una correlazione statistica molto forte su questi fattori. Questo accade per il fatto che in due ci si incoraggia, ci si sente più sicuri, riducendo lo stress. In compagnia si elaborano in maniera più efficace le emozioni e a non sentire il peso di quello che si sta facendo.

Insieme gli stimoli cognitivi e psicologici sono più elevati. Il meccanismo si mette in moto anche quando si agisce in silenzio insieme ad altri, si stabilisce, comunque, una dimensione relazionale. La socialità, secondo lo studio, produce effetti positivi sulla longevità. Stabilire relazioni sociali e amicali produce effetti benefici sulla salute fisica e psicologica: diminuzione della depressione e aumento dell’attività fisica. Addirittura i rapporti amicali sembrano essere più efficaci di quelli famigliari nella trasmissione del benessere psicofisico.
Un duro colpo per i fautori della “famiglia uguale benessere” e un invito per relazioni affettive orizzontali del gruppo amicale. Lo studio ha ribadito come la solitudine non fa parte della natura umana e l’uomo, in quanto tale, si conferma un animale sociale. Ma, purtroppo si sta andando in tutt’altra direzione.
Tra selfie a go-go, videochiamate a destra e a manca, riunioni a distanza, social pervasivi, più che la socialità si sta incentivando un meccanismo perverso che non potrà che produrre amara solitudine. E’ lo spirito dei tempi!