La Cassazione ha respinto il ricorso del Viminale contro la decisione della Corte di Appello di Roma che aveva ordinato la disapplicazione del decreto Salvini.
Roma – Il minore figlio di due donne ha “il diritto di ottenere una carta d’identità rappresentativa della sua peculiare situazione familiare“, quindi con la dicitura “genitori” invece di quelle “padre” e “madre” imposte nel 2019 da un decreto dell’allora ministro degli Interni Matteo Salvini. Parola della Corte di Cassazione, che ha respinto il ricorso del Viminale contro la decisione della Corte di Appello di Roma che a febbraio 2024 aveva ordinato la disapplicazione del decreto e la correzione del documento. La dicitura «padre» / «madre» sulla carta d’identità elettronica è discriminatoria perché non rappresenta tutti i nuclei familiari e i loro legittimi rapporti di filiazione. L’indicazione corretta è dunque ‘genitore’.
La Cassazione ha respinto il ricorso del ministero dell’Interno contro la decisione della Corte d’appello di disapplicare il decreto ministeriale del 31 gennaio 2019, con il quale era stato passato un colpo di spugna sulla parola ‘genitori’ per far tornare in auge la dicitura ‘padre’ e ‘madre’ archiviata nel 2015. Già il tribunale di Roma aveva disposto di indicare solo genitore nella carta d’identità elettronica di un minore, figlio di due madri (una naturale e una di adozione), che avevano fatto ricorso alla step child adoption. Per i giudici una strada obbligata perché il documento, valido per l’espatrio, desse una rappresentazione corrispondente allo stato civile del piccolo, che aveva il diritto a ottenere una carta d’identità, utile anche per i viaggi all’estero, in grado di rappresentare la sua reale situazione familiare.