Tirata d’orecchi della Consulta alla politica: “Inerzia su fine vita e figli delle coppie gay”

Il richiamo del presidente Barbera che cita “Aspettando Godot” e invita il Parlamento a legiferare e dare seguito alla sentenza Cappato.

Roma – Ci sono due temi urgenti che la politica deve affrontare: la legge sul fine vita e quella sui figli delle coppie omogenitoriali. Il richiamo arriva dalla Consulta, che prova a scuotere il Parlamento dal torpore, oltre a un appello ad eleggere l’ultimo giudice ancora mancante per completare il ‘collegio’ della Corte costituzionale. Davanti all’inerzia parlamentare, il presidente della Consulta Augusto Barbera, nell’illustrare la Relazione sull’ultimo anno di lavoro dei giudici delle leggi, indica questi due come i temi aperti più urgenti da risolvere.

Parole pronunciate davanti al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, al presidente della Camera Lorenzo Fontana, al guardasigilli Carlo Nordio, al ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano e al sottosegretario alla presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano. “Non si può non manifestare un certo rammarico – ha detto Barbera – per il fatto che nei casi più significativi il legislatore non sia intervenuto, rinunciando ad una prerogativa che ad esso compete, obbligando questa Corte a procedere con una propria e autonoma soluzione, inevitabile in forza dell’imperativo di osservare la Costituzione”.

Una vera e propria tirata d’orecchi dei giudici al Parlamento. Leggendo il suo discorso nella sala Belvedere, Barbera auspica che “sia un intervento del legislatore” a dare seguito alla sentenza Cappato “sul fine vita”, e che si tenga conto “del monito relativo alla condizione anagrafica dei figli di coppie dello stesso sesso”. “Se rimane l’inerzia del Parlamento, avverte il numero uno della Consulta, la Corte costituzionale ad un certo punto non potrà non intervenire”.

Marco Cappato

È pendente una ordinanza del Tribunale di Firenze. E quella potrebbe essere l’occasione, “in astratto”, per uscire dall’impasse e dichiarare l’incostituzionalità delle norme che puniscono chi aiuta a morire. Il caso fiorentino, riferito a un malato di Sla che non assume farmaci salvavita, si ‘candida’ dunque a essere la testa d’ariete contro l’immobilismo.”Non è che intendiamo fermarci ad aspettare il Parlamento”, ha ripetuto Barbera richiamando anche ‘Aspettando Godot’, e adesso “le Regioni vanno sempre più moltiplicando le iniziative a supplenza del Parlamento che non è intervenuto”.

Stessa cosa vale per i figli delle coppie omogenitoriali: il loro riconoscimento sta avvenendo con “disordinato e contraddittorio intervento dei sindaci preposti ai registri dell’anagrafe”. Pro-Vita si fa sentire e chiede alla Consulta di “smettere di seguire un’agenda ideologica per ottenere i risultati politici che la Sinistra parlamentare non riesce a raggiungere: chiediamo al Parlamento di eleggere alla Corte Costituzionale figure realmente al di sopra delle parti politiche che rispettino la Costituzione e l’autonomia del Parlamento”.

Le proposte sul fine vita che giacciono in Parlamento sono svariate. Fu Loris Fortuna (deputato socialista ‘papà’ della legge sul divorzio, la legge ‘Fortuna-Baslini’ appunto) a presentare la prima proposta di legge sul tema dell’eutanasia nel 1984. Da allora, però, nessun testo ha mai visto l’approvazione in Parlamento e ora è arrivato il nuovo auspicio da parte di Barbera che ha chiesto un intervento del legislatore che dia seguito alla sentenza n. 242 del 2019 (il cosiddetto caso Cappato). Gli ultimi tentativi sono tutti falliti. Il 16 gennaio scorso il consiglio regionale del Veneto ha bocciato il progetto di legge di iniziativa popolare sul suicidio medicalmente assistito.

Il Parlamento, invece, è andato vicino all’approvazione di una legge nella scorsa legislatura: era il 10 marzo 2022 (con Mario Draghi presidente del Consiglio) quando la Camera ha approvato con 253 voti a favore, 117 contrari e un astenuto il testo unificato sulla ‘morte volontaria medicalmente assistita’. Il provvedimento, però, complice anche la fine anticipata della legislatura, non è mai stato esaminato dal Senato. Attualmente, nella XIX legislatura, sono state depositate in Parlamento otto proposte di legge, cinque alla Camera e tre al Senato.

I due testi presentati dal Pd, da Debora Serracchiani a Montecitorio e Alfredo Bazoli a palazzo Madama, e quello sottoscritto da Enrico Costa (Azione) riprendono integralmente il testo unificato approvato in prima lettura alla Camera nella passata legislatura. La proposta di legge Bazoli è stata calendarizzata per il prossimo 26 marzo presso le commissioni Giustizia e Affari sociali del Senato. Il testo, frutto di un compromesso tra i partiti dell’allora maggioranza (eccezion fatta per Lega e FI, sempre state contrarie), ricalca le indicazioni contenute dalla sentenza della Corte costituzionale 242 del 2019 e comprende la condizione delle cure palliative e quella che vuole che il paziente che fa richiesta di suicidio assistito sia tenuto in vita da un macchinario sanitario.

“Può fare richiesta di morte volontaria medicalmente assistita la persona che, al momento della richiesta, abbia raggiunto la maggiore età, sia capace di intendere e di volere e di prendere decisioni libere, attuali e consapevoli, adeguatamente informata, e che sia stata previamente coinvolta in un percorso di cure palliative al fine di alleviare il suo stato di sofferenza e le abbia esplicitamente rifiutate o le abbia volontariamente interrotte”, si legge. Prevede un perimetro decisamente più ampio, invece, la legge depositata nel 2018 dal deputato Pd Alessandro Zan. L’attuale responsabile diritti dem sarebbe orientato a presentare lo stesso testo anche in questa legislatura e già il titolo parla chiaro: “Disposizioni in materia di rifiuto di trattamenti sanitari e di eutanasia”, recita. La proposta prevede che “ogni cittadino può rifiutare l’inizio o la prosecuzione di trattamenti sanitari, nonché ogni tipo di trattamento di sostegno vitale e di terapia nutrizionale”.

Alfredo Bazoli

Anche il M5S, con il testo a firma Gilda Sportiello e Giuseppe Conte alla Camera e Elisa Pirro al Senato, prova ad andare oltre il ‘tracciato’ disegnato dalla Consulta. Oltre alla disciplina sul suicidio medicalmente assistito, infatti, la legge regola anche l’eutanasia. Nessun riferimento, poi, alla necessità di cure palliative e alle macchine sanitarie. “Il soggetto maggiore di età, capace di intendere e di volere, tenuto in vita da trattamenti di sostegno vitale o affetto da una condizione clinica irreversibile, ovvero da una patologia a prognosi infausta che non sia di natura psichiatrica o psicologica, tale da procurargli sofferenze evidenti, insostenibili e irreversibili, può chiedere, in modo inequivocabile e come espressione piena della propria libera autodeterminazione, di sottoporsi al suicidio medicalmente assistito o al trattamento eutanasico”, si legge.

Insomma in molti ci hanno provato ma l’impasse sul fine vita, tema spinoso, è evidente. La politica italiana, con il richiamo per le istituzioni ad avere cura delle fasce più fragili (giovani e anziani), entra anche nel dibattito della riunione dei vescovi italiani. In particolare il cardinale presidente della Cei Matteo Zuppi esprime la preoccupazione sul tema delle autonomie.

“Suscita preoccupazione – ha detto il cardinale – la tenuta del sistema Paese, in particolare di quelle aree che ormai da tempo fanno i conti con la crisi economica e sociale, con lo spopolamento e con la carenza di servizi. Non venga meno un quadro istituzionale che possa favorire uno sviluppo unitario, secondo i principi di solidarietà, sussidiarietà e coesione sociale. Su questo versante, la nostra attenzione è stata costante e resterà vigile”, ha avvertito Zuppi sottolineando che altro tema caldo è quello sul fine vita rispetto al quale i vescovi chiedono di applicare la legge sulle cure palliative ed evitare soluzioni regionali.

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