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Tirare a campare meglio che tirare le cuoia, diceva il Divo Giulio

Si è vero la formazione assume un ruolo fondamentale nel mondo del lavoro ma prima di formare occorre che un lavoro ci sia o, per lo meno, una seria prospettiva di occupazione. In Italia i disoccupati sono sempre di più e non ci sono soluzione serie per il futuro, già duramente compromesso prima dalla pandemia e poi dalla guerra. Se la politica non si occuperà seriamente di programmazione economica e soluzione di lavoro per giovani e meno giovani, andremo incontro all’ennesimo fallimento.

Roma – In un mondo così complesso, com’è quello partorito dalla globalizzazione, la formazione professionale assume un ruolo fondamentale, se si desidera competere sul mercato ad alti livelli. Se n’è parlato qualche settimana fa durante il convegno organizzato dai Giovani di Confcommercio – Confederazione Generale Italiana delle Imprese, Attività Professionali e del lavoro Autonomo, la più grande rappresentanza d’impresa in Italia – per chiarire il livello raggiunto dai percorsi formativi per diventare imprenditore.

Carlo Sangalli, presidente nazionale Confcommercio

Ebbene il distacco tra percorsi formativi e lavorativi è, ancora, netto. Questa è la conclusione dello studio effettuato dall’Osservatorio sulle Nuove Generazioni, prodotto da OneDay Group – azienda di business & community builder (costruttore di affari e comunità), Confcommercio e con la collaborazione di Meta -impresa statunitense che controlla i servizi di rete sociale Facebook e Instagram, i servizi di messaggistica istantanea WhatsApp e Messenger.

Dall’interessante dibattito è emerso che i dati sulla scolarizzazione degli imprenditori italiani ci informano che il 50% è laureato, mentre il 45% è diplomato; tutti lamentano la scarsa sinergia che c’è tra mondo accademico e quello del lavoro; è urgente un percorso che riduca la forbice tra domanda dell’impresa e competenze degli studenti.

La formazione è un investimento

Il potenziamento degli ITS, le scuole di specializzazione tecnologica post-diploma che preparano figure tecniche altamente specializzate, è ritenuto dalla gran parte degli imprenditori utile per l’inserimento in azienda. Quasi la metà del campione ritiene che le conoscenze utili per il lavoro non sono solo quelle che si apprendono a scuola, anzi contano di più quelle sostenute sul campo.

Inoltre sia le competenze scaturite dai titoli di studio che quelle relative alla personalità di ciascun lavoratore, risultano di pari livello. Andrea Colzani, presidente dei Giovani Imprenditori di Confcommercio ha espresso il suo parere puntuale e preciso:

Andrea Colzani, presidente nazionale Giovani Imprenditori Confcommercio.

“…Al giorno d’oggi la formazione per essere vincente deve avere due caratteristiche salienti. Da un lato, va considerata un percorso che non finisce mai e, dall’altra parte, la formazione delle competenze è una strada che impresa e scuola devono percorrere insieme

…Formarsi infatti implica la capacità di mettersi in gioco e in discussione, un processo che dura tutta la vita, anche perché non si può smettere di imparare per stare al passo con il mercato, soprattutto quando si intraprende la sfida del fare impresa…

…L’impresa, appunto: perché il collegamento tra mondo della formazione e mondo del lavoro non è una linea progressiva, dove prima viene uno o poi l’altro, ma è un dialogo che va continuamente rinnovato e, in Italia, deve trovare nuovi linguaggi, a partire da quello degli ITS…”.

Gli altri interventi del convegno si sono incentrati su alcuni aspetti principali. Innanzitutto l’imprenditore inserito in una realtà come quella attuale, deve manifestare resilienza verso un mondo in continua evoluzione. La pandemia ha insegnato che è necessaria rapidità nell’azione e flessibilità mentale, per essere pronti a reiventarsi quando sorgono difficoltà di vario tipo.

E’ emersa poi la concezione della formazione come aspetto fondamentale nella costruzione dell’identità professionale degli imprenditori di oggi e di domani. Si tratta di un processo in divenire ed in continua evoluzione. La pandemia ha evidenziato, altresì, quanto sia difficile fare impresa, soprattutto dopo averne subìto i deleteri effetti, con una forte riduzione del business, se non cessazione vera e propria delle attività.

La ripartenza è anche trasformazione digitale.

Le varie associazioni di categoria, insieme con società che si occupano di formazione professionale, si sono mostrate pronte ad accompagnare le aziende italiane nel percorso verso la trasformazione digitale, mettendo a disposizione strumenti e risorse. Per centrare l’obiettivo è necessaria, però, una politica che abbia un piano d’intervento ed una programmazione economica legata al territorio. E, soprattutto, una burocrazia che spezzi lacci e lacciuoli che hanno frenato un vero e sano sviluppo socio-economico dell’Italia.

Ma con la guerra in corso la nostra classe politica pensa al “tirare a campare” e alle elezioni dell’anno prossimo. Il Divo Giulio, al secolo Giulio Andreotti ex Presidente del Consiglio nel suo ultimo Governo, che durò dal 13 aprile 1991 fino al 28 giugno 1992 – in risposta a chi gli faceva osservare che sarebbe stato meglio andare alle elezioni anticipate, dichiarava lapidario: “…E’ meglio tirare a campare che tirare le cuoia…”. In seguito tutto il mondo politico veniva travolto da Tangentopoli.

Nel nostro caso tirare a campare equivale a tirare le cuoia!

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