L’intento era ridurre del 50% i pesticidi entro il 2030, ma le lobby di settore hanno dato i loro frutti salvaguardando i propri interessi.
Roma – La decarbonizzazione europea procede ad “andamento lento”! L’Unione Europea (UE) ha deciso di… non decidere. Sono state fatte dichiarazioni roboanti in passato sulla cosiddetta “transizione green”, ma alla prova dei fatti si è tentato di salvare capre e cavoli. Si desidera cioè finire il processo di decarbonizzazione, ma al contempo, conservare la competitività economica. Come dire due aspetti inconciliabili, uno esclude l’altro. Con “decarbonizzazione” si intende quel processo di riduzione del rapporto carbonio-idrogeno nelle fonti di energia. Ovvero la conversione ad un sistema economico che riduca in modo sostenibile l’anidrite carbonica (CO₂) fino alla sua privazione in futuro. Quindi meno inquinamento e ambiente più salubre. Tutto è iniziato quando il Parlamento europeo ha fatto scomparire la normativa sui pesticidi.
L’intento era la riduzione del 50% dei pesticidi entro il 2030, ma le attività di lobby dei gruppi del settore hanno dato i loro frutti, salvaguardando i loro interessi. Infatti, il titolo della Bayer, una delle multinazionali farmaceutiche al mondo, produttrice di fertilizzanti, nelle scorse settimane ha chiuso le contrattazioni in rialzo. Per non parlare della Monsanto, multinazionale di biotecnologie agrarie, nota anche per la produzione di sementi transgeniche e convenzionali, che ha il monopolio del mercato a livello mondiale, imponendo le monocolture. Una strategia che ha portato all’impoverimento agricolo e alla desertificazione di alcune zone del pianeta, come in Asia e in Africa. Inoltre, le proteste degli agricoltori delle scorse settimane hanno fatto… calare le brache alla Commissione Europea (CE), rimangiandosi quanto stabilito in precedenza.
E’ stata cancellata, con un colpo di spugna, affinché si raggiungesse la riduzione del 90% delle emissioni entro il 2040, l’avvertenza che il settore agricolo, per decarbonizzarsi, avrebbe potuto ridurre del 30% le emissioni. Adesso possono fare come vogliono! Ma non è finita qui, perché queste agevolazioni con molta probabilità innescheranno una reazione a catena. Altri settori, infatti, come l’industria automobilistica e l’acciaio hanno palesato la preferenza a normative meno rigide per la neutralità climatica. Praticamente oltre ad avere, finora inquinato, chiedono (poverini) di essere supportati, perché la transizione (secondo loro) potrebbe produrre deindustrializzazione! Anche perché il loro leitmotiv è che paesi come la Cina e gli USA stanno sostenendo con vigore le loro industrie.
In pratica, battono cassa. Oltre al danno la beffa! Si tratta di settori che coinvolgono milioni di lavoratori. In Europa ci sono 10 milioni di aziende agricole e 17 milioni di lavoratori. Nell’industria automobilistica i lavoratori, compresi quelli dell’indotto sono 13 milioni, nell’acciaio 300 mila. Ed è chiaro e palese che la decarbonizzazione deve salvaguardare i posti di lavoro. Ma è altrettanto chiaro che il cambiamento climatico va combattuto, soprattutto dagli agricoltori, visto che sono le prime vittime di alluvioni, frane e disastri ambientali. Le istituzioni politiche europee dovrebbero mettere in atto un progetto a lunga scadenza che non lasci indietro nessuno. Ma la strategia della “botte piena e la moglie ubriaca” non porta da nessuna parte e, soprattutto, porta direttamente al baratro, accettare, immediatamente, i primi tentativi di… seduzione da parte delle multinazionali.