Strage di Piazza della Loggia: il processo a Zorzi dopo 50 anni, ma lui non c’è

Ritenuto uno degli esecutori materiali della carneficina, gli avvocati chiedono l’annullamento del rinvio a giudizio: istanza rigettata.

Brescia – Si svolge oggi, 18 giugno, l’udienza del processo a carico di Roberto Zorzi, accusato di essere uno degli esecutori materiali della strage di Piazza della Loggia, avvenuta a Brescia il 28 maggio 1974, 50 anni fa. Ma l’imputato, che è cittadino americano e che oggi ha 70 anni, non era presente in aula. I suoi legali avevano chiesto di annullare il rinvio a giudizio, ma i giudici hanno rigettato l’eccezione. Nel corso dell’udienza le parti hanno formulato le loro richieste di prova. L’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Silvio Bonfigli e dal pm Caty Bressanelli hanno chiesto l’esame dell’imputato. Stessa richiesta depositata dalla difesa e quindi Roberto Zorzi, che da anni vive negli Stati Uniti dove alleva cani dobermann in un allevamento che ha chiamato “Il Littorio”, nei prossimi mesi entrerà in aula a Brescia.

Nel frattempo a Brescia non è ancora stata risolta la carenza di magistrati. Il giudice Roberto Spanó aveva già manifestato nei mesi scorsi le difficoltà di poter affrontare in tempi ragionevoli un processo tanto impegnativo a causa della mancanza di giudici nella sezione che presiede. Una settimana fa i vertici della giustizia bresciana avevano pubblicamente manifestato preoccupazione perché nonostante le ripetute rassicurazioni e gli annunci da parte del ministero della Giustizia a Brescia non sono ancora stati inviati nuovi giudici. Criticità si aggiungono a criticità in un processo lungo e doloroso. Gli avvocati avevano chiesto l’annullamento del rinvio a giudizio per un vizio di forma. L’istanza è stata rigettata, il processo continuerà (ma dopo l’estate).

La tragica esplosione della bomba

Quel giorno di maggio di 50 anni fa, in pieno centro, era in corso la manifestazione contro il terrorismo neofascista, indetta dai sindacati e dal Comitato Antifascista. La protesta era stata organizzata per rispondere a una serie di attentati di destra avvenuti nella città nei primi mesi di quell’anno. Numerosi cittadini, insieme a Franco Castrezzati, sindacalista della Cisl, Adelio Terraroli del Partito comunista italiano e Gianni Panella, segretario della Camera del lavoro di Brescia, scendono in piazza per prendere parte alla protesta. Alle 10.12 una bomba con 700 grammi di esplosivo da cava, nascosta in un cestino dei rifiuti, esplode in Piazza della Loggia.

Sei persone muoiono sul colpo e altre centinaia restano ferite: di queste, due decedono in ospedale dopo ore di agonia. Un’altra invece morirà molto tempo dopo, a causa delle ferite riportate a seguito dell’esplosione. Le vittime sono Giulietta Banzi Bazoli, 34 anni; Livia Bottardi, 32 anni, e il marito, Manlio Milani; Alberto Trebeschi, 37 anni, e la moglie Clementina Calzari, 31 anni; Euplo Natali, 69 anni; Luigi Pinto, 25 anni; Bartolomeo Talenti, 56 anni e Vittorio Zambarda, 60 anni. Zorzi, che all’epoca dei fatti aveva 21 anni, avrebbe “partecipato alle riunioni in cui l’attentato veniva ideato, manifestando la propria disponibilità all’esecuzione e comunque rafforzando il proposito dei correi”, come riferisce l’accusa.

I giornali dell’epoca

Il processo, che si svolge davanti alla Corte d’assise, era stato rinviato nei mesi scorsi dal presidente della Corte, Roberto Spanò. “Non siamo in grado di formare un collegio dedicato per affrontare questo processo per congestionamento delle udienze, non possiamo fare un calendario”, aveva detto Spanò prima di rinviare l’udienza. “Non vuole sottrarsi al processo”, ha dichiarato invece il legale di Zorzi, Stefano Casali. C’è stato un primo processo. Cinque anni dopo la strage, il 2 luglio 1979, i giudici della Corte d’assise condannano all’ergastolo Ermanno Buzzi e a dieci anni di reclusione Angelino Papa, entrambi esponenti dell’estrema destra bresciana. Assoluzioni e condanne per reati minori vengono disposte per altri 16 inquisiti. Buzzi, trasferito alla vigilia del processo d’appello al carcere di Novara (prima di quel momento si trovava nel carcere di Brescia), viene strangolato con i lacci delle scarpe da altri due detenuti, Pierluigi Concutelli e Mario Tuti, che lo definiscono un “pederasta”.

Nel giudizio di secondo grado, il 2 marzo 1982, le condanne emesse in primo grado vengono commutate in assoluzioni. Tutti gli imputati, compreso Papa, sono scagionati. Il 30 novembre 1983 la Cassazione annulla la sentenza d’appello per alcuni imputati e dispone un nuovo processo per Nando Ferrari, Angelino e Raffaele Papa e Marco De Amici. Vengono tutti assolti per insufficienza di prove. Il 21 marzo 1984 si apre un nuovo capitolo delle indagini. Le testimonianze di alcuni detenuti sulla strage mettono sotto accusa altri esponenti della destra eversiva: vengono indagati il neofascista Cesare Ferri, il fotomodello Alessandro Stepanoff e il suo amico Sergio Latini. Ferri e Latini rispondono anche dell’accusa di essere stati i mandanti dell’omicidio di Buzzi. Ancora una volta, l’insufficienza di prove porta nel 1987 all’assoluzione, in primo grado, di tutti gli imputati. Due anni dopo, nel 1989, vengono prosciolti in appello con formula piena.

Le immagini della strage

Durante i vari procedimenti affiora l’ipotesi del coinvolgimento nella strage di alcuni rami dei servizi segreti. Nel 1993 emerge il nome di Maurizio Tramonte, militante di Ordine Nuovo e informatore del Sid (i servizi segreti dell’epoca) dal 1973 al 1975: la cosiddetta “Fonte Tritone” che aveva ispirato una relazione del Sid datata 6 luglio 1974. Si aprono nuove piste investigative. I pubblici ministeri di Brescia, Roberto Di Martino e Francesco Piantoni, chiedono l’arresto di Carlo Maria Maggi, figura centrale della relazione del Sid ispirata dalla ‘fonte Tritone’ (che non viene arrestato per l’età e le precarie condizioni di salute), Delfo Zorzi, considerato il suo braccio destro (indagato anche per Piazza Fontana) e, infine, Maurizio Tramonte, la ‘fonte Tritone’.

Dei tre, l’unico a essere portato in carcere è Tramonte. Coinvolti anche Pino Rauti, “padre” di Ordine Nuovo, e Francesco Delfino, comandante dei carabinieri. I giudici della Corte d’assise di Brescia assolvono, il 16 novembre 2010, tutti e cinque gli imputati della terza inchiesta: Delfo Zorzi, Carlo Maria Maggi, Maurizio Tramonte, Francesco Delfino e Pino Rauti. Il motivo è sempre lo stesso: insufficienza di prove (o meglio, la formula dubitativa dell’articolo 530 del Codice di procedura penale comma 2). Nel 2012, la sentenza viene confermata in secondo grado dalla Corte d’appello di Brescia.

Il luogo in cui esplose la bomba di Piazza della Loggia

È il 21 marzo 2014, 40 anni dopo la strage. La Cassazione annulla le assoluzioni di Maggi e Tramonte, confermando invece quelle di Zorzi e Delfino. Un anno dopo, il 22 luglio 2015, la Corte d’assise d’appello di Milano stabilisce la pena dell’ergastolo ai due rei, giudicati come mandanti della strage. È la prima volta, dall’esplosione dell’ordigno in Piazza della Loggia, che la giustizia riconosce i (primi) colpevoli. Il 20 giugno 2017, la Corte di Cassazione dichiara i due colpevoli in via definitiva. Mentre a Maggi vengono concessi i domiciliari per l’età avanzata e le condizioni di salute (morirà il 26 dicembre 2018 a 84 anni), Tramonte viene invece trasportato nel carcere di Rebibbia.

Nel 2022 Maurizio Tramonte richiede un quarto grado di giudizio dichiarando che, il giorno della strage, non si trovava in Piazza della Loggia. La Corte d’appello di Brescia però rigetta l’istanza di revisione del processo. Nel frattempo, la Procura dei minori e quella ordinaria chiedono il rinvio a giudizio per Marco Toffaloni, 17enne all’epoca dei fatti (e dunque giudicati dal Tribunale per i Minori), e Roberto Zorzi. Secondo l’accusa, sono loro gli esecutori materiali dell’attentato.

In particolare, secondo gli inquirenti, Toffaloni “in concorso con Carlo Maria Maggi (deceduto), Maurizio Tramonte e Roberto Zorzi, allo scopo di attentare alla sicurezza interna dello Stato, appartenendo all’organizzazione eversiva Ordine Nuovo, ha collocato l’ordigno in Piazza della Loggia a Brescia in un cestino portarifiuti provocandone l’esplosione”. Zorzi invece avrebbe partecipato alle riunioni per la pianificazione della strage.

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