Il presidente dopo l’audizione dell’ad Carlos Tavares attende la convocazione ufficiale a Palazzo Chigi. La situazione resta tesa.
Roma – La situazione sul caso Stellantis resta tesa. Il presidente John Elkann ha scritto una lettera al presidente della Commissione attività produttive della Camera, il leghista Alberto Gusmeroli, per informarlo che non andrà in Parlamento, così come previsto, dopo l’intervento dell’11 ottobre scorso dell’ad Carlos Tavares, per essere ascoltato dai parlamentari della decima commissione sulla situazione dell’automotive in Italia. Nella missiva – di cui l’Ansa è venuta a conoscenza e riportata oggi anche dal Corriere – Elkan ribadisce “la disponibilità a un dialogo franco e rispettoso”. “Stellantis – spiega – prosegue le interlocuzioni con il Ministero delle Imprese e del Made in Italy nell’ambito del tavolo di confronto istituito presso il dicastero, in attesa della convocazione ufficiale presso la Presidenza del Consiglio”.
Una lettera che il presidente della Camera, Lorenzo Fontana, non prende affatto bene: “Scavalcare il Parlamento – ha detto – sarebbe un atto grave. Apprendo con sconcerto da fonti di stampa – si legge in una nota – che il Presidente di Stellantis non vorrebbe riferire in Parlamento sulla situazione aziendale. Mi auguro che questa posizione possa essere presto chiarita. Ma la posizione di Elkann nella missiva appare chiara: la motivazione della scelta è nelle mozioni approvate dalla maggioranza dell’assemblea della Camera dei deputati il 16 ottobre, che impegnano il Governo a convocare entro la fine dell’anno un tavolo con tutte le parti interessate a Palazzo Chigi”.
“Non essendoci aggiornamenti dall’audizione dello scorso venerdì 11 ottobre da Lei stesso presieduta non abbiamo nulla da aggiungere rispetto a quanto già illustrato dall’amministratore delegato”, spiega ringraziando il presidente della X Commissione e i parlamentari “per l’attenzione che stanno dedicando al
settore dell’automotive e alle sue evoluzioni in Italia, in Europa e nel mondo”. La situazione però è tesa da due settimane: a metà ottobre Carlos Tavares, amministratore di Stellantis, era finito al centro di nuove critiche da parte della politica e dell’economia italiana, dopo il suo intervento in Parlamento in cui ha difeso la propria gestione, e presentato un piano di produzione fino al 2030. Le sue obiezioni sui costi di produzione più elevati in Italia rispetto ad altri Paesi, e la sua richiesta d’incentivi, hanno suscitato reazioni dure, tra cui quelle di Carlo Calenda, Matteo Salvini e Adolfo Urso, che ora sottolineano la necessità di responsabilità e investimenti nel settore.
Lo scontro tra Stellantis e le forze politiche e sindacali si è riacceso proprio dopo la convocazione di Tavares in Commissione Attività Produttive della Camera. L’ultimo atto di questa bagarre riguarda la decisione della Lega di lanciare, su Stellantis, quella che definisce “l’operazione-verità”. Il partito di Matteo Salvini è pronto a ogni iniziativa parlamentare – a partire da una serie di interrogazioni – per chiedere quanto denaro pubblico ha incassato il gruppo negli anni, quanti lavoratori italiani sono stati licenziati o messi in cassa integrazione e quanti stabilimenti sono stati aperti all’estero. Il Carroccio, che esprime “solidarietà” ai lavoratori del settore dell’automotive e in particolare a quelli del gruppo Stellantis, è pronto alla battaglia: “Faremo sentire la loro voce in tutte le sedi”. I lavoratori sono scesi in piazza il 18 ottobre, con uno sciopero generale.
Al centro della protesta, l’ipotesi di una pioggia di licenziamenti. Tanto che i leader dell’opposizione hanno avanzato la richiesta che il presidente di Stellantis John Elkann riferisca in Parlamento dopo le “risposte insoddisfacenti” di Carlos Tavares, Ceo della casa automobilistica. Nei giorni scorsi, l’amministratore delegato di Stellantis aveva avanzato l’ipotesi di licenziamenti all’interno degli stabilimenti della holding, dichiarando che “non scarto nulla”. Ma Elkann attende la convocazione ufficiale a Palazzo Chigi. La politica, i sindacati, i lavoratori sono tutti in agitazione: qualche giorno fa l’attacco frontale di Confindustria che ha invocato lo stop agli incentivi per Stellantis: il presidente Emanuele Orsini chiede che venga chiuso il rubinetto degli incentivi. “Non investe in Italia”, ma privilegia l’estero, e scrive “letterine” per invitare le aziende della filiera a delocalizzare.
“Non possiamo più permetterlo”, ha accusato il capo di Confindustria, sollevando la reazione di Carlos Tavares. Per Orsini “deve essere finanziato chi fa gli stabilimenti e fa produzione”. Stellantis invece ha aperto la strada a circa 3.500 uscite anticipate nel corso del 2024 e alla cassa integrazione. La tesi di Tavares è che per vendere auto occorra che ci sia domanda, ma in un mercato senza incentivi la richiesta di nuove vetture è in bonaccia. “Per produrre auto o veicoli commerciali servono gli ordini. Come in tutti i settori, è la domanda a creare il mercato e non il contrario”, ha sostenuto il ceo di Stellantis, che per stimolare il mercato ha più volte invocato nuovi ecobonus. La replica di Stellantis, e la tesi è quella che l’azienda ha “elaborato il suo piano strategico a lungo termine, che prevede un investimento complessivo di circa 50 miliardi di euro nel corso del decennio. Negli ultimi anni l’azienda ha investito in Italia più di 2 miliardi di euro all’anno.
Intanto le segreterie nazionali di Fim, Fiom e Uilm esprimono ”profonda preoccupazione e ferma contrarietà per la recente decisione del governo nella Legge di Stabilità di tagliare al fondo automotive, istituito dal precedente Esecutivo, 4,6 miliardi di euro, pari all’80% delle risorse previste. In un momento in cui l’intero comparto automotive si trova in una fase di profonda trasformazione e crisi, risulta fondamentale un forte sostegno per garantire la competitività del settore, la difesa dell’occupazione e l’innovazione tecnologica, indispensabile per affrontare le sfide del futuro”.
Lo scrivono le tre sigle in una nota, sottolineando che così ”si ignora un intero settore e le richieste di oltre 20.000 lavoratori, che lo scorso 18 ottobre hanno partecipato allo sciopero nazionale e alla manifestazione di Roma per chiedere un supporto concreto. Questa mobilitazione, anziché trovare ascolto e una risposta positiva, è stata seguita da un provvedimento che va nella direzione opposta a quella auspicata, mettendo a rischio il futuro di migliaia di famiglie e la sopravvivenza di una filiera strategica per il Paese”. I sindacati chiedono che i 5,8 miliardi del fondo dell’auto vengano non solo ripristinati, ma anche ”incrementati”, in linea con ”le necessità attuali e con quanto si dovrà ottenere anche a livello europeo, per sostenere una giusta transizione ecologica e occupazionale” e per questo ribadiscono ”l’urgenza di una convocazione ufficiale da parte della Presidenza del Consiglio, con la partecipazione delle segreterie di Fim, Fiom, Uilm, dei vertici di Stellantis e delle aziende della componentistica, affinché si possa discutere insieme delle misure necessarie per salvaguardare l’industria automobilistica italiana e i suoi lavoratori”.